martedì 22 febbraio 2011

LA VOCE DI TRIPOLI... tweet dall'inferno con speranza e amore


Si fa la storia, a pochi passi da qui, dopo anni di dittatura che ormai avevamo dato quasi per scontata finalmente il sud del Mediterraneo si scuote dal torpore e si scaglia contro il potere.
Ci sarà tempo per le valutazioni politiche e storiche, soprattutto per quanto sta accadendo in Libia. Ci sarà tempo.
Ora ci sono i ragazzi, migliaia, decine di miglia di giovani che decidono di giocarsi il destino e la vita in una scommessa che, se va bene significa libertà e vita se va male significa morte.
Gheddafi non molla non cede al termine di un oceanico discorso, definito dai commentatori arabi di AlJazeera come “Uno sproloquio stralunato e delirante durato un'ora e mezza!" dice chiaro e tondo che ammazzerà tutti, e dopo aver “svelato” una macchinazione americana per drogare i giovani e spingerli alla rivolta chiude incoronandosi non a capo della rivoluzione ma proprio la Rivoluzione stessa.
Al di la del contenuto quasi delirante in perfetto stile Gheddafi la minaccia appare chiara. Non mollo e sono disposto a trucidare tutti coloro che mi si parano davanti.

Fin qui la cronaca, ma la cronaca si fa con molti mezzi.
Dopo l’ubriacatura della guerra filmata minuto per minuto, bugia per bugia, come un film d’azione alla Quentin Tarantino, la rivolta del Mediterraneo ha portato alla luce una verità che dovrebbe farci riflettere.
Questa guerra non è stata seguita passo passo, semplicemente i giornalisti sono stati espulsi dal paese o messi nelle condizioni di non nuocere.
La guerra si può filmare finché il padrone di turno te lo lascia fare altrimenti sei out, off line.
La stampa è paralizzata nell’attesa di qualche briciolo di informazioni da parte di AlJazeera o di Al Arabia.

Quanto è diventata vecchia la stampa, che pena certi giornalisti televisivi che si attaccano a qualunque “esperto” per avere qualche minuto in onda, che aspettano la dichiarazione del politico di turno, spesso e volentieri inascoltabile.
Che noia questi imbecilli in giacca e cravatta che quando non sanno che dire tirano sempre fuori Al Quaeda e Bin Laden o, in mancanza pure di quello, l’Iran (ignorando che l’Iran è Sciita e la Libla Sunnita)
Proprio ieri sentivo l’ennesimo parruccone di RAI News 24 dire che non si potevano avere notizie certe, che sapere cosa accadeva era difficile, il regime aveva tagliato le linee telefoniche e i collegamenti in rete.
Nello stesso momento in cui parlava noi avevamo le notizie che lui disperatamente cercava.
Ci arrivavano da twitter, perché le comunicazioni non sono mai davvero saltate, perché i ragazzi continuavano a usare le reti satellitari per triangolare con l’Egitto e fare arrivare le notizie.
L’ansa ha dato la notizia dei bombardamenti con ore di ritardo (di colpevole ritardo) e con lo stesso ritardo colpevole le diplomazie hanno fatto la loro pantomima di indignazione.

Ieri ho passato l’intera giornata su twitter e sui blog dei ragazzi della rete che hanno raccontato secondo per secondo quello che accadeva nel macello di Tripoli e credo che sia giusto ricordarli tutti.
Oggi ai miei sforzi si sono aggiunti quelli di Gaia, che non conosco, ma che segue una delle mie pagine e che ha messo la sua conoscenza dell’arabo al servizio della nostra storia.
Soprattutto ringrazio Gaia per avermi regalato la frase più solare e piena di speranza degli ultimi giorni.
La riporto così come mi è arrivata prima di parlarvi dei Twitters che ci parlano della protesta e che ci aiutano a capire.
Attraverso la voce dei loro tweet e dei loro blog.

Gaia per mail
La cosa che mi ha fatto tenerezza è che anche loro usano le faccine come noi, tipo col sorriso, o la faccina stranita, e ho pensato: Cavoli, questi stanno a tre ore di aereo da noi, cioè un tiro di schioppo, sono ragazzi come noi, e stanno sopportando con una dignità incredibile la guerra portata avanti da quel folle, e reagiscono, e ancora trovano il tempo di fare ironie...
Noi invece, ormai, non sappiamo più ribellarci a nulla.....
Io li stimo tantissimo


Sopportano con dignità, sopportano le stupidaggini che arrivano dalla nostra informazione, sopportano ma ridono.
Il twitter più attivo si firma con l’acronimo ChangeInLibya che pochi giorni fa ha perso un parente ammazzato a Tripoli e che twitta da pochi chilometri da lì.
Scrive "Gheddafi sta giocando la sua ultima carta, la violenza, poi la violenza, ancora la violenza".
Oppure: “mi stacco vado a pregare, se credete in un Dio pregate per il popolo libico
Ma anche, con grande coraggio e humor: “Gheddafi cambia gli occhiali davanti a te non riesce a stare serio nemmeno il cameraman

Di altro tono ma sempre molto divertente è Marwame che twitta in inglese e ci dice durante la diretta del discorso:
Mio Dio, non ho mai visto mia madre ridere così tanto
e pochi minuti fa:
Mio padre mi chiede dov’è la droga e dov’è nascosto l’Americano che me l’ha data

In arabo sono i tweet di ShababLibya movimento giovanile libico, dal tono molto più acceso e arrabbiato, molti hanno visto amici perdere la vita o essere feriti.
Racconta di morti per strada, di bombardamenti, ma durante il discorso si ferma a riflettere:
يا شباب ليبيا لا تسمعوا لهذا المجنون ارجوكم الله ينصركم انه مخبول رسميا
Ragazzi, la Libia non deve ascoltare questo pazzo, che dio ti aiuti impazzito...”
 e
ancora “Siamo preoccupati, non perché ci sentiamo sconfitti ma perché sappiamo che Gheddafi ucciderà ancora”.

Molti altri tweet passano davanti agli occhi della nostra traduttrice araba alcuni allucinanti
لقذافي اعطى الضوء الاخضر لبدء المذبحة ضد شعبه ووطنه واهله وناسه
“Gheddafi ha dato la luce verde per avviare il massacro contro il popolo e la sua patria e la sua gente”.
Altri tweet se la prendono con l’orrenda performance del dittatore
Lawer_saleh dice:
القذافي يساهم بدور فعال لتثقيف العالم حيث اشتمل خطابة على التاريخ والأدب والصحة والأنظمة .
Cioé: Gheddafi contribuisce in modo attivo ad educare il mondo con un discorso sulla storia, la letteratura, la salute e i [massimi] sistemi.

I post si moltiplicano davanti allo schermo e non è facile seguire tutti.
Noi andiamo avanti con una certezza, il popolo si autodetermina e si libera, viva il popolo che ha il coraggio di mettere in gioco se stesso.

Sempre sperando che le notizie che ci dicono che mercenari italiani appoggiano i militari di Gheddafi non siano vere.

Io non credo in un Dio ma se ci credessi anche io pregherei per loro...

Chiudo con l'ultimo tweet di ChangeInLibya, che risponde al mio messaggio diretto: "italian people are on the side of Libyan people"e dedico la risposta a ciascuno degli amici che su twitter su facebook o dovunque altro seguono con speranza le nostre cronache : "Best thing I heard so far now 'the italian people are on the side of Libyan people' thank you"

lunedì 21 febbraio 2011

IL BAUSCIA E IL COLONNELLO... il lungo rapporto d'Amore tra Silvio e Gheddafi



La nonna mi diceva sempre, con la tipica ossessione perbenista delle vecchie signore: “Guarda che se dici le bugie prima o dopo le scoprono tutti e poi non ti crede più nessuno”
Da bambino le mie innocenti bugie, una volta scoperte, provocavano al massimo le reprimende della mamma e qualche sculaccione.
Silvio Berlusconi, purtroppo per la nostra nazione non ha più la mamma e, vista l’età, nemmeno la nonna.
Certo le sue bugie non sono roba da poco, ormai sono anni che ce le propina a destra e a manca e nemmeno si può pensare che basti una sculacciata ben assestata per farlo desistere.

Nel pieno delle rivolte libiche, mentre ancora non si capisce chi sia a capo di questa rivolta fulminea e devastante, che sembra, agli occhi esperti di alcuni osservatori arabi tutt’altro che spontanea e che ha sullo sfondo i contrasti tra le due borghesie dell’est, legate ai rapporti con l’Egitto e dell’ovest (quelle del clan di Gheddafi), una cosa è certa: l’ennesima bufala berlusconiana è scoppiata come una bolla di sapone.
Roma 30 agosto 2010
Si è concluso l'incontro tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il leader libico Mohammar Gheddafi. Il colloquio, che si è svolto nella tenda beduina del Colonnello, allestita nei giardini della residenza dell'ambasciatore libico in Italia, è durato circa mezz'ora.
Prima dell'incontro con il presidente del Consiglio per Muammar Gheddafi c'è stato il tempo di impartire una seconda lezione di Corano ad altre duecento ragazze. Giunte con quattro pullman all'Accademia, le aspiranti musulmane non hanno rilasciato dichiarazioni, probabilmente a causa delle controversie causate ieri dalle loro "colleghe". Presenti, con tanto di velo, anche le tre ragazze convertitesi all'Islam ieri. In serata, il premier offrirà poi l'Iftar, un pranzo che tradizionalmente conclude il Ramadan, a circa ottocento invitati. Prima di cena, però, andranno in scena a Tor di Quinto i 27 cavalli berberi che hanno accompagnato a Roma il colonnello, in un'esibizione alla Caserma dei carabinieri Salvo D'Acquisto
(il Tempo – quotidiano della destra romana)

Molti sorrisero, molti altri, tra cui il sottoscritto, rilevarono come questa messa in scena kitsch fosse il punto più basso della storia delle relazioni estere del nostro paese.
Gheddafi era un dittatore a tutti gli effetti, imponeva da anni il suo regno in stile antico beduino alla popolazione, controllava radio, giornali, televisioni e tutte le attività finanziare tramite tutta una rete di relazioni familiari che si diramavano dai figli a tutto l’intricato sistema di parentele tipico dei rais arabi.
Nessun capo di stato europeo avrebbe mai incontrato il presidente Gheddafi a cuor leggero, le ripercussioni sull’opinione pubblica sarebbero state troppe e troppo eclatanti.
Berlusconi nel suo delirio di onnipotenza e nella sua ignoranza di qualunque concetto di politica internazionale, non solo gli ha fatto mettere la sua tenda a Roma ma addirittura ha permesso al vecchio Leader di tenere lezioni di Corano per fare convertire 400 fanciulle gia appositamente selezionate (non per le loro doti di modestia e devozione religiosa), con promesse di favolose opportunità in Libia.
Il tutto condito da caroselli di cavalli arabi, Amazzoni e passeggiate in centro a Roma con un codazzo pauroso di guardie armate e leccaculi vari.
Alla fine del penoso spettacolino il colonnello se ne tornò il Libia e il Cavaliere a farsi gli affari suoi, consuetudine ormai ventennale del premier.
Le danze vennero chiuse dal sempre lucido e opportuno Franco Frattini (che sarà ricordato come il ministro degli esteri che non c’è mai e quando c’è dice solo idiozie): Per il ministro degli Esteri Franco Frattini, «i colloqui sono andati bene e si è parlato anche di come uscire dalla crisi» (il sole24ore 30 agosto 2010).
L’Italia si appoggia alla Libia per uscire dalla crisi? Consolante.
Poi come al solito i fatti in Italia fanno notizia solo per il breve volgere di qualche giorno, i giornali sono dell’idea che l’approfondimento non piaccia ai lettori e così fanno in modo di lanciarsi su altro, che tanto qui le notizie “zozze” mica ci mancano.

Non so se i problemi psichiatrici del nostro Premier gli abbiano fatto capire che la caduta di Tunisi e del Cairo poteva essere il prodromo di guai per lui. Probabilmente però, sempre ammesso che gli sia rimasto un briciolo di coscienza, e sempre ammesso che abbia letto i giornali nelle ultime 6 settimane (Non ci riferiamo Orgasmo, le Ore e Playboy certi come siamo che quelli ad Arcore non manchino mai) , dovrebbe essere parecchio preoccupato di una possibile guerra civile in Libia e peggio ancora di un ormai provabilissimo rovesciamento del potere.
Ieri sera, Saif al Islam, figlio del Colonnello, nel disperato tentativo di fare credere al mondo che la rivolta fosse un moto di popolo in appoggio al padre, che già veniva dato in fuga da tutte le testate arabe, si rivolgeva così alle folle in televisione: ‎"Continueremo a combattere fino all'ultimo uomo, persino all'ultima donna... Non lasceremo la Libia agli italiani o ai turchi
Salti sulla sedia alla Farnesina? Sarebe opportuno.
Sempre ammesso che in queste ore di tregenda Frattini sia al suo posto e non sia a sciare, come quando cadeva il governo Ben Alì e 5000 profughi arrivavano a Lampedusa, il nostro ministro dovrebbe spiegare agli italiani come mai siamo paragonati a degli invasori visto che fino a ieri ci è stata detta la balla galattica che i Libici erano nostri amici e che tutte le palate di soldi che gli abbiamo dato per non fare partire i barconi con i migranti erano un “risarcimento per sancire il nuovo stato di relazioni tra i due paesi”
È ovvio che Saif al Islam voglia cavalcare la tigre dell’odio che tutti i libici imparano fin da bambini a scuola nei confronti degli italiani ma Berlusconi dovrebbe spiegarci con chi è andato a fare affari e come ha gestito questa partita.
Visto che lui è il ghe pensi mi… l’uomo giusto al posto giusto, il genio o, come si diceva anni fa da queste parti, il Bauscia (cioè quello che si sbava addosso), ci dovrebbe spiegare a che diavolo sono servite tutte queste ridicolaggini che ci hanno fatto fare nel mondo due pessime figure: la prima sul piano dei rapporti internazionali, Der Spiegel scriveva in un commento a margine della visita agostana del Colonnello a Roma “Una volta le relazioni dell’Italia si giocavano sull’asse Roma – Parigi – Berlino oggi si basano su Roma – Tripoli – Minsk (capitale della Bielorussia con a capo Aleksandr Lukašenko definito l’ultimo dittatore europeo e che alla sua rielezione ha ricevuto in tutto il mondo la sola telefonata di congratulazioni di Berlusconi che si è pure vantato di essere stato il primo)”
La seconda sul piano dei rapporti con i paesi del mediterraneo, visto che abbiamo fatto passare l’idea che si potesse usare la minaccia dei profughi per ottenere soldi e investimenti nei paesi del Maghreb.
Questi qui in politica internazionale vengono chiamati nodi critici di lungo periodo, tradotto per il popolo significa, avere fatto delle mosse che hanno creato dei casini che non si riusciranno a sanare tanto facilmente e che pregiudicheranno la stabilità di un intera area geografica.

Ovviamente il Bauscia non rilascerà dichiarazioni, almeno si spera, perché se lo facesse e fossero le sue solite cretinate sarebbe addirittura peggio.
Ma continuiamo a chiederci per quanto tempo dovremmo vergognarci di questa barzelletta ambulante che è il nostro governo.

sabato 19 febbraio 2011

NIENTE DI PENALMENTE RILEVANTE... riflessione.



“Non ho fatto nulla di male, non è reato abitare in una casa che costa poco e poi 4000 euro al mese sono comunque tanti”
Più o meno queste sono le parole di Carla Fracci, ai giornalisti che le chiedevano il perché in via della Spiga abitasse in una casa da 180 metri quadri a 45 mila euro annui.
Chi non conosce Milano, e credo che siano molti i lettori di questa pagina nel mondo che non hanno avuto il dispiacere, potrebbe pensare che in fondo la grandissima e mai abbastanza applaudita étoile della scala abbia le sue ragioni.
Suvvia, 3700 euro al mese non sono bruscoli, e nemmeno le 700 euro al mese che paga il fratello stilista di Luca di Montezemolo sembrano pochi e così via.
E poi, diciamo la verità, che cos’è questo revaival forcaiolo, questo continuo “tintinnare di manette”?
Tutti colpevoli, anche se non c’è nulla di penale da rilevare, perché, e su questo è bene essere chiari, non c’è nulla di penalmente rilevante nell’abitare in una casa di proprietà di un ente pubblico e, soprattutto, ogni proprietario è libero di fare pagare una casa quello che vuole, fosse pure un euro al mese.
Niente di penale per l’amor di Dio, ma in un po’ di considerazioni mi vengono comunque.
Non è penale ma è odioso che chi lavora a Milano per 800 euro al mese, come per esempio le “donne dei nidi” che in questi giorni protestano per le strade, paghino affitti, in zone periferiche e malfamate che si aggirano intorno agli 800/1000 euro al mese e che un magistrato o un grande stilista ne paghi 700 per vivere in pieno centro, dove per noi comuni mortali gli affitti si aggirano intorno ai 5000/10000 euro (quando va bene).
Trovo odioso che a Milano si continuino a costruire case nei posti più disparati per fare contenti i costruttori di turno e che ci siano case di proprietà di enti e fondazioni pubbliche, acquisite dal comune per “sopperire al fabbisogno abitativo dei ceti meno abbienti” date in affitto a giornalisti, attori e professionisti che certo non appartengono al ceto medio lavoratore (e sempre più dissanguato).
Trovo odioso che certi moralizzatori si attacchino alla stessa solfa che tanto fa schifo in bocca a Berlusconi e soci, quella del non c’è nulla di male.
C’è qualcosa di male, eccome.
Mi piacerebbe che tutti questi signori facessero due passi dalle parti del quartiere Santa Giulia, quello che venne costruito tra mille sorrisi e centomila mega – manifesti per tutta la città.
Uno me lo ricordo benissimo c’era un airone cinerino in primo piano, nel verde e la scritta diceva: “Santa Giulia, il vostro nido potrebbe essere vicino al suo”.
Sarebbe stato carino spiegare agli acquirenti che il loro nido avrebbe si potuto essere costruito vicino a quello del simpatico uccellone ma sicuramente era costruito sui terreni mai bonificati della polo petrolchimico Montedison e delle acciaierie Radaelli.
Risultato: il quartiere è ancora oggi un cantiere a cielo aperto con il valore degli immobili colato a picco (chi ha comprato a 100 oggi rivenderebbe a 10) e con i proprietari che sono costretti a vivere una vita di inferno perché tutti i servizi non sono mai nemmeno stati costruiti, addirittura l’asilo e la scuola materna sono pronti ma essendo costruiti su terreni con carica radioattiva troppo elevata non possono essere utilizzati per la salvaguardia della salute degli operatori che dovrebbero lavorarci.
I cittadini sono costretti a prendere l’automobile per ogni piccolo spostamento di servizio, e fare ore in tangenziale. Perché Milano è fatta così, una persona normale per poter trovare una casa normale in un posto normale dovrebbe sborsare centinaia di migliaia di euro e se non può permetterselo allora deve vivere a 30 chilometri dal posto di lavoro che con una media di 18 chilometri all’ora nell’ora di punta in tangenziale significa circa 1 ora e mezzo ad andare e un’ora e mezzo a tornare.
Non c’è nulla di penalmente rilevante, ma non è bello vedere che ci sono di mezzo tutti, tutta quella cricca di ex sessantottini che a Milano negli anni si è spartita il potere chi a destra chi a sinistra tanto per non sbagliare (i Moratti stanno a destra con il sindaco e a sinistra con la signora Milly, ecologista all’opposizione).
Non è bello per me, che incontro sempre un sacco di ragazzi, laureati e non, che sono venuti nella città del lavoro per provare ad avere una possibilità e che vivono in 5 in 70 metri quadri a nero in periferia perché o così o te ne vai.
“Ah lei è di sinistra?”
“Si”
“Ma vive in una casa sua o nella casa di un ente pubblico a 200 euro al mese?” Mi ha detto scherzando ieri una ragazza.
C’è poco da ridere perché io non so più assolvere me e la classe dirigente della mia città.
Mi sono stufato di cercare pretesti.
Mi sono rotto le scatole della famosa frasetta: “Bisogna imparare a contestualizzare”.
Ci sono in Italia centinaia di giovani e ragazzi, Italiani e migranti che non si possono permettere il lusso di contestualizzare, sono troppo occupati a sopravvivere.
Forse c’è una generazione che ha fatto il suo tempo e che dovrebbe capire che è arrivato il momento di levarsi di torno. Governare dovrebbe essere sinonimo di amministrare.
Io credo che sia anche sinonimo di insegnare, insegnare una morale laica del vivere civile, un'etica della responsabilità.
Io sono stanco e stufo, come sono stanchi e stufi coloro che vivono lavorando 10 ore al giorno per raschiare giusto un minimo di tranquillità.
E sinceramente non sono più disposto ad assolvere il malcostume di una classe dirigente che continua a comportarsi con arroganza e supponenza e che, non fa neppure più lo sforzo di confrontarsi con il mondo in cui vive.
Il vento sta già soffiando… speriamo solo che se li porti via tutti.

mercoledì 16 febbraio 2011

QUELLO CHE LA SINISTRA HA PERSO... i cocci della nostra patria.


La notizia di oggi, che Vendola cioè, avrebbe aperto alla possibilità di una sorta di non meglio definita “coalizione allargata al terzo polo per battere Berlusconi”, dovrebbe fare rizzare i peli in testa a tutti e cominciare a fare pensare, a quelli che per mestiere fanno i commentatori politici, che sia arrivato il moneto di cantare il de profundis al nostro sistema democratico.
Andiamo ai fatti.
Nichi Vendola propone di creare un’alleanza, la più grande possibile nei numeri, per battere Berlusconi, creare un governo di transizione che vari quelle due o tre leggi essenziali, e poi andare a votare con nuove garanzie. Cosa fa pensare al segretario del SeL che una cosa del genere si possa fare?
Risposta: l’affluenza, trasversale e civile, della società alle manifestazioni degli ultimi gironi, soprattutto a quella di domenica scorsa, che ha visto migliaia di donne protestare contro l’uso strumentale e barbarico che si fa della donna in Italia (e qui sarebbe bene ricordare che mr. B. è solo una faccia di questa ripugnante medaglia).
Ci sono però tutta una serie di aspetti da tenere presenti, primo fra tutti che, Berlusconi non è caduto e non si può sperare di farlo cadere per via parlamentare, almeno per ora.
Il parlamento è bloccato, non si producono più leggi da dicembre, i parlamentari scaldano letteralmente gli scranni, ma il governo vive su quei tre o quattro voti di scarto che gli garantiscono la pace perpetua.
La manifestazione di domenica è stata sicuramente una boccata di ossigeno, un terremoto necessario per tornare a sperare di vivere in un paese civile e non in una repubblica delle banane dove comanda una specie di Re Sole demente e incartapecorito, ma da sola non serve a cambiare lo stato delle cose.
La verità, che lo si voglia accettare o meno, è che la politica la fanno i partiti e che da vent’anni a questa parte questi soggetti non sono più rappresentativi di nulla e di nessuno al di fuori di se stessi.
Il fatto stesso che un esponente politico di grande spicco e valore quale è Vendola, possa entrare nel dibattito parlamentare e proporre una coalizione di intesa all’interno di un parlamento nel quale non siede e possa proporre, non solo di unire un partito di sinistra e un partito fatto in larga parte di ex aderenti al Movimento Sociale; possa designare il leader transitorio di questo nuovo gruppo (Rosy Bindi) e in tutto questo, la maggior parte dei commentatori valuti la possibilità politica di questo fatto, è la cartina di tornasole di una democrazia ormai allo sbando.
La politica oggi esiste solo in funzione della sua nemesi ma non è in grado di nemmeno di costruire un pensiero coerente intorno a questa lotta.
Nessuno si nasconda dietro ad amarcord partigiane! I politici che, davanti a questo sfacelo ideologico e politico, invocassero le lotte partigiane come paradigma di un modo di unirsi contro un Nemico Comune verso un nuovo ideale, farebbero un torto alla storia e ai giovani italiani che morirono sulle montagne per la nostra libertà.
La lotta partigiana non si è fatta in parlamento ma con i fucili casa per casa, se ci fossero state possibilità parlamentari non ci sarebbe stata nemmeno una lotta, per il semplice motivo che non ci sarebbe stato il Fascismo e allora di che staremmo parlando?
In parlamento i comunisti e i democristiani, liberali e socialisti, non si unirono mai se non nella fase costituente che ci diede la carta costituzionale, ma oggi non siamo a questa fase storica.
Oggi siamo alla considerazione che non si hanno più ideali da difendere, oggi gli ex fascisti possono tranquillamente fare una coalizione con gli ex democristiani e gli ex comunisti solo perché nessuno ha più ideali, sogni e valori da propugnare, se non un volgare asservimento ai due veri poteri forti d’Italia: Confindustria e Chiesa.
Berlusconi lo sa e su questo doppio asservimento, da un lato, e sulla debolezza ideale dei competitor dall’altra ha costruito la sua fortuna elettorale e politica.
La sinistra che dice di voler fare di tutto per salvare l’Italia da Berlusconi dovrebbe fare lo sforzo di domandarsi quanto non sia berlusconizzata essa stessa, la “nuova destra di popolo” di Fini non faccia nemmeno lo sforzo di chiederselo, visto che non si è fatta mai una domanda del genere in vent’anni di servilismo totale ai voleri del Re di Arcore.
Oggi siamo tutti alla ricerca disperata di un leader che ci salvi da Berlusconi e a me, sembra che la nostra sia la ricerca di un Berlusconi di Sinistra (appena un po’ più accettabile), ma ne frattempo, visto che le cose di sinistra non bisogna più dirle, facciamo l’occhiolino a gente come Pier Casini che ha passato la carriera nel tentativo di demolire le libertà civili che abbiamo guadagnato al prezzo di lotte, quelle si epiche, negli anni sessanta e settanta.
Oppure cerchiamo l’appoggio di Gianfranco Fini, uno che si è deciso a dire che forse ad Auschwitz non c’era un parco giochi solo nel 2003 con quei 48 anni di distanza.
Mi viene detto: “ma la società civile è già trasversale!”.
Certo che lo è, come lo siamo tutti, uniti nell’anti berlusconismo, ma poi?
Da troppo la politica di tutti è sintonizzata su Berlusconi e sulle sue assurdità, possibile che non si riesca a fare a meno di lui nemmeno quando si ragiona di grandi ideali?
Ci spieghino i signori della sinistra (sempre che esista ancora) cosa ne è dei grandi ideali di internazionalismo e di solidarismo che hanno mosso interi popoli.
C’è rimasto solo quell’elenchino da Giovane Marmotta che Bersani ha timidamente letto alla presenza di Fazio e Saviano qualche mese fa?
“Sono di sinistra perché credo che se sta bene il mio vicino sto bene anche io” questo non è uno slogan di un partito di Sinistra, è lo slogan di aspirapolvere che non fa rumore.
Quando entrai nella FGC negli anni ‘90 non si parlava così.
Si parlava di lotte contro il capitalismo, lo slogan era piuttosto “Sono comunista perché se un padrone vuole la mia libertà io devo poterlo buttare giù con le buone o con le cattive!”
Si parlava di ideali di un mondo diverso, quel mondo che siamo andati a difendere a Genova nel 2001, la sinistra non è la carità che un ricco di buon cuore fa all' ONG di turno, la sinistra era quella che diceva che bisognava appoggiare le rivoluzioni perché con le rivoluzioni un popolo si autodetermina con la carità si annichilisce… approposito, che cosa ne pensiamo del nord Africa?
Oggi vedo solo i cocci della mia sinistra, di quella in cui ho creduto.
Magari sono cocci che verranno buoni per le elezioni, ma per favore non mi si racconti più la balla della nuova politica e delle nuove idee.

lunedì 14 febbraio 2011

FANTASMI EUROPEI... noi e il conto aperto di piazza Tahrir



All’indomani della Rivoluzione Tunisina, un autorevolissima firma del Sole24ore scrisse: “non c’è alcuna possibilità che la rivolta tunisina faccia scuola e attecchisca in Egitto”.
Doppia mancanza di lungimiranza.
Colpevole di superficialità il nostro giornalista faceva ieri l’altro, all’indomani della fuga di Mubarak, il proprio mea culpa dai microfoni di Radio Popolare.
Ci sono almeno due aspetti che ci devono fare riflettere e che soffiano ineludibili da piazza Tahrir e ritorno.
Il primo si inquadra in una crisi definiva degli assetti geopolitici usciti dalla fase storica del crollo dell’impero sovietico 1989 – 1992, il secondo sulla nuova mappa di rapporti che la UE e soprattutto la triade mediterranea (Italia, Spagna e Francia) deve mettere sullo scacchiere per regolare la nuova situazione.

Per ciò che riguarda il primo aspetto, come sembra ormai evidente a tutti, gli stati uniti, spolpati da una crisi morale ed economica come nemmeno il ’29, non sono più in grado di fare pesare sui paesi terzi la forza del loro potere economico e militare, Obama con le sue parole ai giovani di piazza Tahrir non ha dato il via a una nuova fase di rapporti con il mondo arabo, come molti giornalisti faciloni hanno scritto, tutt’al più ha sancito uno stato di cose di cui ormai l’America (e l’eterno alleato Israele) non possono che prendere atto:
1. I dittatori messi a governare i paesi dell’Africa araba hanno irrimediabilmente, chi più chi meno, fatto il loro tempo e il tentativo di alcuni di fare passare il potere ai familiari è fallito per l’indisponibilità di popoli ormai stremati, di veder trasformare il proprio stato in una monarchia.
2. La crisi, motore primo delle rivolte, ha colpito l’America nei suoi rapporti economici con tutti i paesi subalterni. Tutta la forza economica americana in questo momento è concentrata a “salvare il salvabile in patria” dopo anni in cui la politica aggressiva di Bush e dei suoi nel medio oriente ha fatto perdere agli USA il controllo sul sud del continente che era per definizione “il giardino di casa” del colosso del nord. Ad oggi nessuno appoggerebbe avventate soluzioni del governo (di nessun colore con buona pace dei repubblicani oltranzisti) in difesa di questo o quel dittatore e questo costringe la cancelleria americana ad assumere un nuovo, e per certi versi inedito, ruolo storico.
3. Sullo sfondo c’è il grande interesse cinese sull’area. Pechino negli ultimi anni sta facendo affari d’oro nei paesi del centro e del sud del continente africano e non vede l’ora di accaparrarsi fette della succosa torta nord africana. Durante tutta la rivolta dal governo cinese non è giunta nemmeno una parola, d’altra parte un vecchio proverbio attribuito a Confucio così recita “Le prole prive di fatti sono come le farfalle prive di ali”.
4. Un altro convitato di pietra è la Russia il cui ruolo nello scacchiere non è per nulla cambiato dai tempi dell’Unione Sovietica, anzi si è rafforzato visto l’inabissamento della retorica del conflitto tra comunismo e democrazie, oggi che la rivolta sta lentamente passando in Algeria (con i suoi gasdotti che servono mezza Europa) la Russia non ha che da guadagnarci. Medvevev lo sa, così pure Putin. Un altro gigantesco attore si muove per la costa sud del piccolo Mediterraneo.

Stringendo il focus sul solo bacino del Mere Nostrum, inoltre la situazione si fa incandescente, soprattutto per noi e soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Italia da qualche mese a questa parte.
Facciamo un passo indietro. Che lo si voglia o no, il problema migratorio è una bomba innescata pronta a destabilizzare intere aree del pianeta soprattutto in momenti di crisi come quelli presenti.
Fino ad oggi, di fatto, i flussi migratori sono stati regolati dalle cancellerie dei paesi europei con accordi più o meno mascherati con i governi dittatoriali dell’area del Maghreb.
Grazie a questi accordi i porti di partenza delle navi dei clandestini erano tutti sulle coste libiche in particolare Bendasi e Aghadir (ricordo indelebile nelle menti di molti migranti).
Gli accordi scellerati e folkloristici tra Berusconi e Gheddafi avevano fatto sì che anche da quei porti ormai partissero pochissimi barconi creando una relativa calma sulle coste di Italia e Spagna.
Oggi la caduta di Ben Alì apre porti ben più interessanti per i trafficanti di uomini anche per l’estrema vicinanza con le coste italiane (Sfax dista appena poche miglia da Lampedusa). La Tunisia sta diventando meta di un flusso inarrestabile di profughi da tutta l’area subsahariana.
I miliardi e le prebende dati fino a oggi a Gheddafi non serviranno più a nulla. Inoltre se la rivolta della piccola Tunisia tracimasse nella mastodontica Algeria (come le voci di ieri e oggi paiono confermare) per i paesi sud europei non sarebbe assolutamente possibile mantenere all’impatto e, ad oggi, non ritengo plausibile un intervento di supporto di Francia e Germania, la prima per il suo passato coloniale e il suo presente imbarazzante (l’ennesima figuraccia del governo francese ha dato probabilmente un colpo mortale a Sarkozy) e la seconda per suo nuovo atteggiamento neo protezionismo eurobilanciato.
L’Europa, e soprattutto l’area mediterranea, non sa e non può reggere il peso di un’ondata biblica di profughi e questo rischia di aumentare le tensioni sociali già presenti e di rinfocolare la già alta visibilità di certi partiti di estrema destra xenofoba come la Lega.
D’altra parte Maroni e la Lega sanno che il rovescio della medaglia esiste e potrebbe essere potenzialmente distruttivo per loro: quando il nostro ministro degli interni scorazzava per l’Europa dicendo che bisognava essere “cattivi con gli immigrati” sapeva di farlo da una parte forte delle tangenti fornite alla Libia (vero regolatore del traffico) e dall’altra che il problema così come era posto fino a qualche settimana fa era assolutamente circoscritto.
Eventi di portata storica come quelli odierni rimescolano inevitabilmente le carte, lasciando questa retorica pseudo – nazista (ma in realtà profondamente inciuciara) al palo.
L’altro ieri un inedito Bobo – merenda – Maroni parlava di “catastrofe umanitaria”, sembrava incredibile che fosse lo stesso che aveva lasciato qualche tempo fa una nave carica di profughi a galleggiare tra un paese e l’altro al grido di “non accoglieremo mai altri clandestini”.
La realtà è che, per quanto sia geneticamente svantaggiato e irrimediabilmente miope, Maroni non può non capire che questa volta non può cavarsela con la sua solita retorica da superman e che nessun paese europeo sarà disposto a venire al nostro capezzale.
Inoltre l’Italia è ormai bloccata da un cortocircuito istituzionale che oltre a rendere i nostri politici incapaci di leggere i tempi lunghi della storia (preoccupati come sono di difendersi dalle loro porcherie), ha fermato qualunque iter legislativo, il parlamento ha varato solo una legge in un anno e questo stallo non da segni di cedimento.
Così facendo rischiamo di affogare nello stesso Mediterraneo di cui una volta eravamo egemoni

giovedì 10 febbraio 2011

EGITTO... qualche minuto dopo


Momenti concitati… tutti noi che facciamo giornalismo vorremmo nella vita trovarci in una situazione del genere e avere il privilegio storico di poterla raccontare.
Piazza Tahrir è appena esplosa… la piazza chiede all’esercito di unirsi alla rivolta… mi viene detto che oggi alcuni alti ufficiali hanno simbolicamente consegnato le armi ai manifestanti…

Perché la parola dimissioni non si è mai affacciata nel discorso di Mubarak… le uniche parole sono di ricatto: “Andatevene a casa, io non mi dimetto, rimango fino alle elezioni”.

In Egitto elezioni significa: il presidente e il suo partito attraverso un parlamento in cui ha la maggioranza assoluta accetta o meno la candidatura dei partiti in lista e tutti, eccezion fatta per alcune liste civetta filogovernative, vengono fatti fuori.

Per l’ONU non si tratta di elezioni truccate, di fatto l’opposizione è stata fatta fuori prima del loro inizio.

Piazza Tahrir è l’esempio di come un popolo non si ferma, non si arrende… i blogger e i tweet che mi arrivano dicono che la piazza urla: “Subito al parlamento, diamo l’assalto al parlamento”.

Tra poco parlerà Suleihman ma non è detto che sia un discorso decisivo.
Oggi si gioca la storia… non solo la storia dell’Egitto ma anche quella dell’intero pianeta: la storia dell’America che ha dimostrato di non essere più in grado di mantenere la sua forza in uno scacchiere delicatissimo che porta con se la sicurezza di uno stato chiave come Israele.
Qui si gioca il potere di un continente come l’Europa: che non ha saputo essere di supporto alla democrazia e nemmeno ha saputo organizzare un’idea di rivolta.
Qui si gioca il potere del mondo musulmano: che deve dire ora e subito se si sente ancora subalterno al modo di produzione capitalista americano o se ha davvero voglia di emanciparsi attraverso le sue leggi e i suoi legittimi governanti.

Ma qui soprattutto si giocheranno le parole di uno dei miei ragazzi, che mi spiegava come in Egitto si può dover lavorare un mese per un chilo di carne fresca mentre pochi chilometri più in là, gente che vive di turismo, delinquenti patentati che hanno convertito il loro servigi ai tour operator, campano nell’oro.
Qui si gioca il destino di Ahmed che mi racconta sempre di come si è fatto quella cicatrice, quando ha provato ad entrare in un percorso organizzato per turisti italiani per vendere profumi… a lui è andata bene aveva solo sette anni, gli anno rotto solo il naso e gli hanno spaccato la testa, suo fratello meno fortunato nella testa ci ha preso una pallottola, perché nell’Egitto del turismo se sei un ragazzo di dodici anni sei un uomo, e gli uomini muoiono, come nei film western di Sergio Leone, solo che magari cinque minuti prima ci stava passando uno di voi per quella stradina dove Mubarak ha deciso che due bambini devono morire per il bene del PIL egiziano. .

Da domani si spenderanno chili di inchiostro e io farò la mia parte… ma oggi è giusto fermarsi qui.
Piazza Tahrir urla la sua rabbia e la sua angoscia…

E noi, cosa sappiamo urlare, vicini e lontani da quei giovani, da quelle istanze da quegli slanci?

martedì 8 febbraio 2011

IL FALLITO DI ROMA... le colpe storiche e la vergogna di Gianni Alemanno


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo


Mi torna in mente spesso questo verso di Primo Levi, credo di averlo mandato a memoria durante i primi anni del liceo o forse addirittura in terza media. Che anni strani erano, mi ricordo che era un periodo in cui se dicevi che eri razzista tutti ti dicevano che non capivi niente, che il razzismo è sbagliato, anni in cui ti si raccontava la famosa frase di Einstein che davanti all’impiegato dell’ufficio d’immigrazione di New York che gli chiedeva a che razza appartenesse rispose: “Appartengo alla razza umana”.
Considerate se questo è un uomo.
Oggi non è rimasto praticamente più nulla, siamo tutti entrati nel tunnel dell’orrore solo che il trenino si è rotto e non ci siamo più usciti.
Parlavo con una professoressa qualche tempo fa, mi chiedeva di andare a parlare della Soha nella sua classe (una 5° liceo scientifico nella periferia di Milano) con le frasi: “Bhe sa, ormai di sopravvissuti ai campi di concentramento ce ne sono così pochi, però visto che è una bella iniziativa, se viene a parlarne lei…” Che sfortuna, l’estrema vecchiaia o peggio la morte dei sopravvissuti avevano privato la simpatica prof di italiano della sua “bella iniziativa”, in tutto simile, ai suoi occhi, alla giornata nazionale della protezione animali o alla sagra dello gnocco fritto.
“Vengo a parlare solo se mi fa dire qualcosa sul Porrajmos” dico alla simpatica signora
“E che è?” mi domanda.
Le spiego che si tratta dello sterminio sistematico che i nazisti organizzarono a danno delle popolazioni Rom e Sinti in tutto l’est Europa.
La prof cambia espressione…
“Bhe no, sa a noi interessano gli ebrei?”
“Perché, domando, ci sono morti di serie A e di serie B”
ci cascano sempre tutti… la prof è parecchio imbarazzata e si vede: “No, che dice? Però insomma a noi interessa Aushwitz che è anche poi, come dire, argomento di esame per le quinte” che carini i professori italiani, se non rientra nel programma non gliene frega niente!
“Ma anche i Rom sono stati concentrati nei campi di sterminio di Aushwitz, Belzen e sterminati in modo simile agli ebrei, almeno per completezza storica…”
“Si ma sa, alla fine ne hanno ammazzati pochi” ora sta a me essere esterrefatto della pochezza della signora… “Pochi?”
“Poi senta, diciamo la verità, se lei va dicendo in giro che Hitler ha ammazzato anche gli zingari rischia di farne un mito agli occhi dei ragazzi”
Che drammatica verità, dire che sei milioni di ebrei furono uccisi può pure impressionare, ma a dire che un gruppo di assassini è riuscito a uccidere un milione di zingari si rischia di fare diventare degli assassini eroi agli occhi dei giovani così assuefatti al razzismo dei nostri giorni.
Oggi le pagine dei giornali sono così vigliaccamente piene di cordoglio.
Napolitano si stringe intorno alle vittime del rogo di VIa Appia Nuova: Quattro bimbi (il più piccolo di 4 anni) "Non possono morire così anche se sono zingari"... questo commento l'ho sentito stamane dal giornalaio e lo faceva il prete del mio paese.
I politici di destra che hanno soffiato su ogni genere di razzismo pur di farsi eleggere tacciono oppure invocano nuovi poteri speciali, nella logica perfettamente italiana che tutto diventa emergenza, ma solo a posteriori, dopo che per anni si è imperterritamente pianificato il disastro.
Gianni Alemanno ha fallito, no peggio, Gianni Alemanno è un fallito, sul piano istituzionale e su quello politico.
È riuscito a sbagliare in ogni campo in cui ha cercato di mettere le mani.
E il suo fallimento è dato da una sola e impietosa verità storica: questa politica non ha alcun interesse per la società ma solo vaghi e non ben precisati interessi poltronistici da esaudire.
Così si sale al Campidoglio o a Palazzo Marino, o in qualunque altro palazzo, cavalcando le peggiori paure e miserie della gente… focalizzando l’attenzione su problemi che a ben vedere non sono problemi ma riflessi di una mentalità da Bar dello Sport, quelle cose che davanti a un bianchino siamo buoni tutti a metterle apposto con 4 fucilate. E questo solo perché la politica della società non si sa nulla e nemmeno se ne vuol sapere.
In una città che viene sempre più strangolata dal cemento e che non ha più un metro quadro che non sia colonizzato da questo o quel palazzinaro, dove il pgt, se esiste, viene probabilmente usato per foderare il fondo della gabbia dei canarini dei vari Caltagirone & C., i grandi problemi che Alemanno riuscì ad individuare per farsi eleggere furono, Rom e prostitute.
I primi, si promise, via dai campi, in un revaival delle vecchie deportazioni naziste con la sola differenza che almeno i nazisti sapevano dove li mandavano a morire, Alemanno manco quello; le seconde via dalle strade.
Dopo un anno le strade si sono nuovamente riempite di prostitute, ma probabilmente ormai non è più un problema sociale visti i vizi del Piccolo Papi di Arcore.
I Rom invece restano un dannato problema, per quella tendenza che hanno, soprattutto i bambini, a morire a causa del freddo o dei rimedi che utilizzano per allontanarlo.
Prima che alemanno mettesse le mani ai campi rom, erano censiti 7 campi autorizzati, e 80 campi abusivi.
Oggi a Roma ci sono ancora 7 campi autorizzati ma gli abusivi sono diventati 209 e questo numero è ovviamente computato per difetto perché sono quelli censiti dalla polizia.
Missione compiuta! Disse il Lupomanno dopo il (peraltro mezzo fallito) censimento dei Rom della capitale e la chiusura mediatici di un tot di grossi insediamenti…
E ora? Che farà il sindaco della capitale? Chiederà poteri special per risolvere i problemi che ha creato lui stesso esasperando una situazione già difficile? Oppure consegnare la delega al problema a uno degli amichetti suoi che la soluzione ce l’hanno sicuramente?
Consiglierei al sindaco i non sottovalutare il fascistone ex Nar Francesco Bianco. Ve lo ricordate? Quello che voleva usare il Napalm sui manifestanti nel dicembre scorso, quello che era stato assunto come impiegato all’Atac perché Gianni “Er Celica” è tanto buono, quello che urlava ai giovani “Annate a lavorà e sennò fateve raccomandà”.
Ecco questo qui potrebbe essere un lavoro per uno così, oppure per uno dei tanti militanti di estrema destra mezzi falliti che il sindaco si è caricato negli ultimi mesi, più attento a dare una mano ai vecchi camerata che a capire una città talmente complessa che uno scrittore inglese del 1800 la descrisse così: “Roma è una città tale che può governarla solo un santo o un pazzo”.
Giannino non è un santo di certo, e nemmeno glielo si chiede, nemmeno un pazzo.
Giannino è un fallimento, e i fallimenti in politica, di norma, spariscono in fretta e tanto più in fretta si dimenticano… in Italia, di fallimenti ne abbiamo così tanti che temo che non lo dimenticheremo in fretta, ma in fondo sono fiducioso.
E forse la fiducia che le cose cambino ormai è un atto di fede dovuto: la dobbiamo ai giovani che mitizzano Hitler perché ammazzava i Rom e ai loro insegnanti che hanno perso la voglia di capirli, la dobbiamo a quattro bambini che l’indifferenza ha ucciso in una maledetta notte, in via Appia Nuova.

domenica 6 febbraio 2011

BALLANDO SUL TITANIC... Le bombe di Marchionne e il domani


All’inizio della mia vita da sindacalista, dieci anni fa, dissi durante un’assemblea che i lavoratori non dovevano smettere di fare lotta di classe perché di contro i padroni non avrebbero mai smesso.
Ricordo che raccolsi una salva di fischi, un tizio, lavoratore pubblico mi volle assolutamente spiegare che con questi ragionamenti da vecchi comunisti non si andava da nessuna parte e che oramai dovevamo capire che lavoratori e padroni dovevano andare nella stessa direzione per creare un nuovo modo di produzione legato da solidarietà interclassi.
Dieci anni dopo, con buona pace dell’amico che cercò di catechizzarmi al credo liberalista, continuo a dire le stesse cose, l’unica differenza è che ora non raccolgo più fischi, e nessuno ha più voglia di difendere i padroni.

È di ieri la notizia che ha fatto tremare (o almeno dovrebbe, se non fosse in altre faccende affaccendata) tutta l’Italia, Marchionne ventila la possibilità di spostare FIAT negli stati uniti, e di fare del Lingotto una sorta di “rivenditore italiano di auto made in USA”
Accidenti!
Pare che Cisl e Uil non se lo aspettassero proprio.
Poco dopo Marchionne chiama direttamente Sacconi per rassicurarlo sul fatto che per ora non ha interesse a fare una mossa del genere.
Non c’ero ma posso immaginarmi, con un po’ di fantasia, come dev’essere andato il dialogo tra i due:
Marchionne: “Pronto Maurizio, ti ho messo paura eh?…”
Sacconi: “Li mortacci se m’hai messo paura, ma che te sei ammattito”
Marchionne: “… eh ammattito… e questo è solo l’inizio, preparati alle bombe dei prossimi mesi”
S.: “Ma non s’era d’accordo che avresti portato tutta la produzione in America passo per passo, che i lavoratori non se ne dovevano accorgere, io ci ho messo la faccia con Bonanni e Angeletti, per assicurare… come dire… che nessuno di noi sarebbe passato per quello stronzo, quello che poi… sai qui se cammino per Torino mi linciano”
M.: “Ma sai sono le regole dell’economia mondiale, mica posso stare qui a spiegarlo a te, che poi alla fine eravamo d’accordo, solo sulla sostanza le cose adesso sono cambiate”
S.: “a Se… e io che faccio con la gente, io ce devo da mette la faccia”
M.: “Maurizio, sono comunque cazzi tuoi, io faccio l’impresa mica me ne frega niente della politica, siete voi della politica che fate di tutto per fare impresa e non siete nemmeno capaci”

Al di la della fiction, Sacconi ieri deve avere passato le tre ore più brutte della sua vita e così pure i capi delle due più importanti sigle sindacali che si sono calate le braghe a firmare il Ricatto Di Pomigliano, prima e quello di Mirafiori poi.
Il disegno Marchionne era chiaro a chiunque avesse in testa due o tre nozioni di economia globale, depotenziare le aziende sul piano della contrattazione, spezzettarle per renderle più appetibili sul mercato, abbandonare la produzione della penisola al mercato Cinese o vattelappesca di dove.
Cisl e Uil hanno fatto bordone all’AD Fiat dimenticandosi che il ruolo di scegliere che tipo di produzione fare che tipo di forza lavoro scegliere e quale buttare a mare non è del sindacato e che le aziende lo sanno fare benissimo da sole senza bisogno di aiuti esterni.
Certo c’è il Paese, un politico deve sapere che prima o poi, se continua a fare da lobbista delle aziende, il popolo se ne accorge e poi c’è il rischio che non ti voti più… che fare allora.
Ora come ora la gente è ancora troppo occupate in altro… bunga bunga e stupidate del genere catalizzano ancora l’attenzione della massa, magari si spererebbe che i politici di opposizione battessero un colpo in questa direzione ma è, come al solito chiedere troppo.
Tra poco qualcuno si sveglierà, perché il paese sta allegramente andando verso il default stile greco e la cosa sarà davvero poco piacevole soprattutto per coloro che non guadagnano 10000 euro al mese e che magari lavorano nel settore pubblico o nei sevizi.
L’anno della svolta, in cui tutto potrebbe precipitare, come fa notare Aldo Giannuli nel suo ultimo bellissimo saggio “2012 la grande crisi” è appunto quello che deve venire.
Considerazione di base: nessuno è preparato per la cosa, se accadrà il default l’Italia sarà definitivamente FINITA e questo destabilizzerà l’intera area dato che dopo gli ultimi due salvataggi in extremis di Irlanda e Portogallo che hanno fatto seguito al crollo Greco la Germania e la Francia non sembrano più disposte a mettere altri soldi per salvare altre povere Ceneretole d’Europa.

Tra un bunga bunga e il televoto di Amici sarebbe bene che gli italiani cominciassero a preoccuparsi di questo… mi sa che ha una certa importanza.

To be continued…