Ogni giorno nella savana un leone si sveglia e sa che dovrà
correre più veloce di una gazzella, ogni giorno una gazzella si sveglia…
Ogni mattina in ogni città d’Italia un ciclista si alza, si
mette il casco va a prendere la sua bici in Garage e sa che dovrà essere più
rapido e veloce di ogni singolo automobilista.
Il paragone è quanto mai azzeccato.
Per chi vive in città o per chi cerca di raggiungere le
varie città da fuori utilizzando la bicicletta il rischio di lasciarci la pelle
è all’ordine del giorno.
Oggi a Roma si tiene una manifestazione a cui non posso
partecipare per impegni di lavoro.
Credo comunque che chiunque possa ci debba andare.
La manifestazione si intitola #Salvaciclisti (con l’hashtag
di twitter) e benché voglia essere assolutamente apartitica e apolitica è
davvero politica (laddove per politica si intende per il bene del cittadino).
In realtà la manifestazione italiana riprende il famoso
manifesto del Times dove si chiedeva una città a misura di ciclabilità urbana e
dove il ciclista non fosse visto come un residuato da tollerare ma, al pari
delle auto come un individuo da rispettare.
Per quanto sembri demagogico la bicicletta è la risposta al
declino della nostra società.
È la risposta perché è ecologica ed economica.
È la risposta perché è sociale e soprattutto perché abbatte
molti dei concetti che hanno distrutto le moderne città.
La bicicletta è un paradosso.
La bicicletta soprattutto in Italia fa paura.
Fa paura per migliaia di motivi, uno per tutti di natura economica.
Qui da noi, in barba al fatto che il nord è tutto una
gigantesca pianura, così come vaste aree del sud (Puglia su tutte), la
ciclabilità non solo è stata snobbata, visto come un divertimento per pochi rompiscatole che mi rallentano la domenica mattina quando sfreccio con la mia macchina, ma sempre
più è stata osteggiata attraverso i tipici metodi all’italiana.
Si perché l’Italia ha un suo metodo preciso per osteggiare
le idee sensate laddove danno fastidio alla FIAT e a tutto il gruppo di potere
che la gestisce.
1)
Dire che è una cosa marginale, che non interessa, che sono ben
altri i problemi, che in questa congiuntura economica (bla, bla, bla) non ci si
può occupare di certe quisquiglie.
2)
Buttarsi a pesce morto sulle megaopere… a Milano la Moratti
propose i Raggi verdi che avrebbero dovuto congiungere il centro della città
alla periferie per una superficie di 500 e più chilometri totali.
Alla fine del megaprogetto
abbiamo visto solo i disegni. Anche perché poi queste ciclabili sono delle
opere davvero faraoniche con aiuole, illuminazione a terra, passaggi dedicati,
ponti sopraelevati… così imponenti che poi di fatto non si fanno per mancanza
di fondi e che si rimandano alle calende greche.
Eppure la bicicletta, se esistesse un piano preciso di
sviluppo dello stato sarebbe la risposta.
L’anno scorso ho percorso nel tratto urbano (per fare
acquisti, compere e quant’altro) e per andare a lavoro 723 km (tenuti
rigorosamente segnati su foglio excel) se li avessi dovuto percorrere in
macchina, visto che la bicicletta mi permette di tagliare e fare lunghe
scorciatoie avrei dovuto percorrere 878 km.
Se vado a benzina (ho un’ibrida a Metano) la mia auto fa 190
km con 20€ ciò significa che solo di carburante ho risparmiato circa 100 euro,
ma ho anche inquinato meno, mi sono mantenuto in forma senza ricorrere alla
palestra, incredibilmente non mi sono ammalato mai.
Immagini di una critical mass a Torino |
Inoltre la bicicletta è un fatto sociale, il fatto di usarla
ti mette in contatto con altra gente, se per esempio la domenica percorri
qualche piccolo tratto in bici sul percorso incontri altri appassionati come
te, a volte scambi due chiacchiere e se sei disposto fai amicizia.
Incontri gente sui forum, io ho una "fissa" quindi frequento
il forum degli appassionati di questo genere di ciclabilità ma ce ne sono
migliaia, dagli appassionati di cicloturismo a quelli di corsa e via così.
La bicicletta crea posti di lavoro, la grande industria
automobilistica se ne è accorta e ha demolito la grande tradizione italiana di
costruire biciclette.
Ormai in Italia sono pochissimi i grandi marchi, Bianchi e
Legano costruiscono per al maggior parte all’estero, e sono pochi i pionieri
che ci provano.
Ma negli ultimi anni sta rinascendo una certa
consapevolezza, molti non si accontentano più della bici da supermercato,
cercano la qualità, il made in Italy.
Troppo pericoloso, se si pensasse a questo e si investisse una ragionevole quota di mercato in questo tipo di sviluppo la FIAT come farebbe.
Il ciclismo in Italia è stato visto da sempre solo come uno
sport, o meglio è stato fatto percepire solo come uno sport.
Una roba da campioni, una roba da Pantani, Bugno, Coppi,
Bartali, se non sei capace di scalare il Tonale allora comprati una bella
macchina.
Da anni la media di percorrenza in auto durante l’ora di punta
dentro le città è in media di 15 km ora.
Questo è il passo di un ciclista che passeggia.
Se la gente lo sapesse, almeno da aprile a ottobre le strade
si riempirebbero di biciclette.
Ma la gente non lo sa.
Non conviene raccontarlo.
D’altra parte l’auto per molti è ancora l’oggetto del sogno.
L’industria pubblicitaria ha fatto molto per creare il modello dell’automobilista,
signorile, vincente, ricchissimo, oppure giovanissimo belloccio con fidanzatina
a seguito, o padre di famiglia con villazza da cui andare a prendere i figli.
e' il modello dell'italiano che vince, contro quello dell'italiano perdente con la sua biciclettina, un po' a metà tra il comunistoide ecologista e lo sfigatello secchione.
Per questo la manifestazione di oggi è importante e
decisiva.
Perché in Italia devono cambiare le teste per poter mettere
in critica i modelli.
È giunto il momento di farlo…
Se non ora, quando?
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