Rosario Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla mafia
il 21 settembre del 1990, scriveva nel suo diario, che alla fine non importa
“essere persone credenti ma persone credibili”
Queste parole mi sono venute in mente l’altra sera mentre
seguivo lo spoglio delle schede delle amministrative, con particolare
attenzione alla città di Palermo.
In effetti questa frase potrebbe essere la sintesi di quello
che è accaduto in questa tornata elettorale che, al di là di quello che
chiunque può cercare di dire per minimizzarne o per esagerarne la portata hanno
una serie di caratteri “storici”
Sono storiche perché sono le prime elezioni dopo la fine,
almeno sulla carta, del berlusconismo, sono storiche perché segnano l’ingresso
nella politica di soggetti nuovi e sono storiche perché dopo molto tempo non
sono state egemonizzate dalle facce dei big, degli uomini d’oro della politica,
quelli che con il voto magari non c’entrano nulla ma si infilano nelle liste
perché il loro nome porta in dote quel 7/8% in più per la lista collegata al sindaco.
Se fossi in molti “governatori” di regione, con particolare
riguardo a quello della regione da cui scrivo, non starei dormendo
assolutamente sonni tranquilli.
In effetti quello che è accaduto dà da pensare, e dovrebbe
fare riflettere anche i due grandi pasticcioni che hanno condotto fin qui
l’Italia a questo punto.
Parlo del leader del PD Pierluigi Bersani e del presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano.
Si, perché da molti punti di vista questi risultati ce li
aspettavamo da un bel pezzo, nessuno si è stupito nel vedere il PdL colare a
picco, annaspare per cercare di raggiungere il 10% (e non riuscirci
praticamente mai, a Parma prende meno voti del partito dei comunisti italiani)
quando fino a poco tempo fa si diceva che nel partito di plastica e cerone
c’era un cedimento quando non toccava il 30.
Nessuno si è stupito nel vedere la lega crollare nelle sue
roccaforti e nemmeno nel vedere Tosi trionfare a Verona.
Nessuno si è stupito dell’exploit dei grillini, anzi devo
dire che il dato di Parma mi è sembrato addirittura scarsino, pensavo che il
candidato del 5 stelle prendesse il 30%.
Questi dati, tuttavia, avrei voluto leggerli e commentarli
per delle elezioni legislative non per le amministrative.
Ci è stato impedito, con scienza e intelligenza, ci è stata
tolta la possibilità di prendere in mano le redini della nostra democrazia.
Scelte di vertice hanno deciso che era troppo pericoloso
dare al popolo la possibilità di cambiare le cose.
Perché, nel mondo del neoliberismo, le scelte del popolo
sono sacrosante solo quando il popolo sceglie quello che il potere vuole che
scelga.
Sarebbe stato troppo che si potesse scegliere diversamente,
che i “komunisten” tornassero in parlamento che i grillini ci arrivassero per
la prima volta, che il PdL contasse in definitiva per quello che conta nella
società attuale.
Era meglio restare con un Berlusconi che detiene il boccino
del potere, con dei pregiudicati seduti al loro scranno e con gente mai eletta
ma solo nominata che decidesse ancora per un popolo che manco li conosce.
Adesso c’è da giurare che dalle parti dei palazzi romani
faranno in fretta una nuova legge elettorale che cercherà di salvare ancora la
barchetta dei grandi partiti dal totale naufragio.
Solo che i grandi partiti (fuori il PD su cui bisogna fare
un ragionamento diverso) non sono più tali.
Aggregando il dato del PdL senza essere un matematico non si
arriva al 6% dei consensi su base nazionale, quelli che avrebbero portato a
casa i due partiti di “sinistra radicale FdS e SeL se computati insieme, la
Lega non arriverebbe al 10% manco a piangere all’altare del Dio Po, a meno che
Maroni non si sbrighi a mutare tutto il partito.
D’altra parte questi partiti sono estranei alle logiche
congressuali, fino a oggi sia il PdL che la Lega non hanno mai celebrato veri
congressi, solo assise di popolo dove i leader venivano consacrati da una
platea plaudente.
Oggi le cose cambiano, Bossi e i suoi, nonostante le legnate
hanno ancora qualche cartuccia da sparare a nord-est e Angelino Alfano non è
Berlusconi.
Nessuno dei due partiti potrebbe reggere l’urto di un vero
congresso, che propone mozioni e chiede cambiamenti, soprattutto il PdL.
In qualunque partito dopo la batosta di ieri il segretario
dovrebbe rimettere il mandato al direttivo nazionale, Alfano non lo ha fatto,
ma un congresso potrebbe defenestrarlo.
In quest’ottica alla finestra con i denti aguzzi e una gran
voglia di saltare sul trono ci sono gli ex AN con La Russa in testa che
potrebbero capitalizzare la situazione richiamando a se anche tutti i
transfughi dispersi da Mussolini a Storace.
Ma i Liberali del partito non potrebbero accettare una cosa
del genere e la soluzione, inevitabilmente, sarebbe l’implosione del partito.
Sul versante de centrosinistra le cose non vanno meglio e il
risultato di ieri rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro.
Per la seconda volta, in due città importanti, le primarie
si sono rivelate un meccanismo imperfetto.
Orlando con dietro di se solo due partiti minori (IdV e FdS)
si ritrova al ballottaggio con il candidato incoronato vincitore dal PD a primavera che non arriva
nemmeno al 18%.
Se anche le cifre non dovessero essere queste per via del
pasticcio delle schede niente fa presagire che Ferrandelli possa farcela contro
lo sfidante.
Ieri nelle sacre stanze del PD romano in molti incrociavano
le dita perché Orlando vincesse al primo turno per evitarsi un altro strazio di
due settimane con l’incognita che qualcuno possa dire che i voti di destra
confluiscono sul candidato dei Dem.
Bersani non è tranquillo, sa che il PD tra poco si troverà a
dover giocare una partita difficilissima e che ne potrebbe risultare perdente.
Berlusconi potrebbe fare cadere Monti in ogni momento.
Stare al governo non gli sta dando nessun aiuto e, anzi sta
alimentando lo scivolamento dei suoi elettori verso l’antipolitica Grillina.
Inoltre le mosse spregiudicate si addicono al Cavaliere ma
di certo non a quella specie di creatura mitologica a 1000 teste conosciuta
come PD.
I Dem non possono sfilarsi dal governo Monti anche perché i
risultati delle elezioni non permettono di dire “lo facciamo perché abbiamo
avuto un segnale negativo alle urne”.
Il PD tiene, e con buona probabilità la maggior parte dei
ballottaggi sarà favorevole ai sui candidati.
Questo significa che se Berlusconi dovesse staccare la spina
al governo, tra l’altro ricompattandosi con la Lega, il PD rimarrà da solo con
Casini a tenere bordone a questo governo ingiusto e mai eletto.
Che cosa farà allora il segretario Pddino? Se facesse le
primarie di una coalizione allargata a sinistra rischia ancora una volta di
fare la fine di Napoli e Palermo con un candidato che perde giocando contro se
stesso, se si buttasse al centro dando sfogo ai veltronismi più spinti
rischierebbe la fuoriuscita di molti gruppi che già ora tirano a sinistra e non
perdono l’occasione per dire che il gioco è finito.
La partita vista in quest’ottica rischia di diventare
davvero un disastro…
La sinistra intanto può permettersi di stare a guardare,
così come possono permetterselo i grillini, ora come ora sono quelli che ci
possono solo guadagnare dai casini dei partiti dentro il Parlamento.
L’unico problema è riuscire a fare capire a tutti che con l’unità
ci si guadagna… non con l’unità con il PD ma con l’unità tra di loro.
Ad oggi una coalizione con SeL – FdS – IdV e un candidato
credibile (come dicevamo all’inizio) rischierebbe perfino di vincere le
elezioni.
Come tutte le volte mi assumo la responsabilità delle mie
profezie… qualcuno scommette contro?
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