Il ministro Clini dice che è necessario “Andare con i piedi
di Piombo” sui dati che i Verdi hanno fatto circolare sull’incidenza dei fatti
tumorali nelle Adiacenze dell’ILVA di Taranto e che "Serve responsabilità,
occorre verificare causa-effetto".
Perché in effetti, dice Clini non è che bisogna dare tutta
la colpa all’ILVA, l’area di Taranto è fortemente industrializzata.
Vorrei chiedere al ministro se, per caso, se la sente di
predere una casa in affitto dalle parti del quartiere Tamburi di Taranto, oppure
dalle parti di Taranto vecchio, ma non solo, mi chiedo se il ministro se la
sente di affittare casa in tutti i paesi dell’entroterra tarantino a favore di
vento dove i cascami dei metalli lasciati ad ossidare all’aria aperta hanno
prodotto incidenze tumorali pazzesche nella popolazione.
A volte basterebbe l’umiltà di tacere e la capacità di
ascoltare.
Io l’ho fatto, e questo mi mette un gradino sopra al
ministro Clini, per molti anni, nelle zone del tarantino.
Ho ascoltato, ho visto e mi sono lasciato guidare dagli
abitanti.
Ricordo per esempio uno scherzo, di un amico di un paese
vicino che studiava e oggi lavora a Milano, quando arrivai la prima volta,
ignaro alla stazione di Taranto mi disse: “La vuoi vedere l’attrazione più
importante della città? Si chiama la strada rossa”
Io pensavo a qualche particolare attrazione turistica Magari
legata alla millenaria storia greca della città, invece il mio amico mi portò
nella periferia, sulla strada che costeggiava il quartiere Tamburi, a ridosso
delle montagne di materiale ferroso per gli altoforni.
Tutta la strada era color ruggine, l’asfalto, il new jersey
di cemento, le facciate delle case, gli scheletri degli alberi morenti. Era una
giornata di vento e il mio amico mi pregò di tenere i finiestrini dell’auto
ermeticamente chiusi. Arrivati a casa sua ne capii il motivo, mi fece passare
il dito sulla carrozzeria dell’auto (che era grigio metallizzato), mi guardai
le dita: erano rosse.
“C’è gente che respira questo veleno per anni” mi disse e
scrollando le spalle continuò: “Poi muore, e non gliene fotte più niente a
nessuno”.
Il prezzo che queste zone d’Italia hanno pagato ad
un’industrializzazione folle e completamente deregolamentata si conta sulle
lapidi dei cimiteri.
Non c’è una famiglia senza almeno un paio di morti di cancro
a generazione, non c’è un ragazzo che non possa raccontare di un compagno di
scuola o di un amico morto di tumore.
È l’industria pensata per il meridione d’Italia, lavora o
muori di fame, ma anche se scegli di non lavorare all’ILVA muori lo stesso,
questo è il progresso che a misura di sud.
I dati sulle incidenze tumorali erano difficili da
incrociare, lo sono sempre stati e
sul fatto che bisogna approfondire devo dare ragione al Ministro dell’ambiente.
Ma il fatto che bisogna davvero approfondire è il perché qualcuno ha manovrato
in segreto per anni proprio per evitare che giornalisti, comitati ed esponenti
politici onesti potessero mettere le mani su questi dati.
“Se uno volesse denunciare Riva” mi disse un giornalista di
Lecce nel 2006: “magari con un bell’articolo facile sui morti a Taranto, non
troverebbe nessuno disposto a pubblicare la storia e anche se te la
pubblicassero il giornale si dissocerebbe immediatamente e ti lascerebbe solo
come un cane a farti sbranare dagli avvocati dell’ILVA, non vale la pena”.
Il ministro Clini è colpevole come è colpevole ogni ministro
dell’ambiente (di destra e di sinistra) che lo ha preceduto, perché in Italia
il suo ministero non serve assolutamente a nulla, non è mai servito a nulla e,
in definitiva non servirà mai a nulla, perché in Italia l’unico ambiente di cui
si vuol fare l’interesse è quello politico – imprenditoriale in aria di mafia
che ha retto il paese da sempre.
Oggi pur di difendere le manovre sporche di Riva si tira
fuori l’inattendibilità dei dati, il bisogno di ricerche più accurate, di una
sinossi delle cifre più minuziosa.
Tutti si affettano a difendere uno che si difenderebbe
benissimo da solo, o forse proprio perché uno come Riva è meglio che non si
difenda da solo, perché magari tira fuori tutte le carte che si tiene in
archivio, magari spiega quello che succede quando la più grande acciaieria
statale d’Europa passa di mano a un imprenditore privato, e questo non fa bene
a troppi politici, meglio mettersi dalla sua parte.
Nel 1954 un fumatore della Florida accusò le multinazionali
del tabacco di avergli fatto venire il cancro, da allora le denunce si sono
moltiplicate in tutto il mondo, sapete quale strategia difensiva hanno usato le
varie marche di sigarette (e in parte ancora usano)?
Non c’è completezza nei dati, alcune cifre si contraddicono,
bisogna guardare le condizioni di causa ed effetto sui fatti tumorali…
Solo nel 1997, 43 anni dopo la prima denuncia, le major
americane delle sigarette rinunciarono a questo tipo di difesa ritenuto
controproducente.
Il ministro dell’ambiente ha i mesi contati, non ha tutti
questi anni per capire che la negazione non è un buon metodo per affrontare la
rabbia e l’indignazione.
Potete trovare i documenti a questo link
http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/09/20/news/tumori_taranto_ilva-42904221/
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