sabato 30 aprile 2011

CANTO D'AMORE PER "EL Mé MILAN" la città che vuole cambiare




Sono un po’ lontano dal web negli ultimi tempi.
Una volta lessi un frase di Garcia Lorca che mi colpì, l’ho cercata parecchio nella mia biblioteca ma non riesco a ritrovarla, quindi sicuramente la citerò male ma il senso è quello: “Ci sono momenti in cui il poeta deve lasciare la penna per il fucile, non dovendo dimenticare che il suo amore è lo stesso”
Io non ho abbandonato la tastiera del computer per il fucile ma per le elezioni.
Il giornalismo si fa anche facendo altro. Per comprendere una città come Milano spesso è necessario calarsi nel suo corpo vivo incontrare la gente. Vedere come si muovono i capi dei movimenti e dei partiti è meno importante di capire come la gente misura le proprie priorità di fronte a quello che gli accade.
Durante il Biennio Rosso, quel periodo di lotte tremende che và dal 1919 al 1920, i giornali socialisti chiudevano durante le occupazioni e gli scioperi perché i giornalisti (tra cui Gramsci, Bordiga, Terracini, Fortichiari,…) sentivano l’obbligo morale e civile di aiutare gli operai di cui scrivevano.


Oggi questi obblighi morali non li sente più nessuno, sporcarsi le mani quando si è arrivati in un posto di potere è troppo, ma non mi pare che le cose vadano meglio.
Nelle ultime settimane ho incontrato persone davvero singolari e magnifiche, alcune davvero indimenticabili, di quelle che faranno parte della mia vita molto a lungo, anche se le ho viste una volta sola, e questo in barba a chi dice che fare politica è uno sporco gioco di ricchi e potenti e che nessuno è buono.
Ho incontrato molti giovani che ci credono, che vogliono cambiare le cose, che vogliono lottare per i loro amici e compagni.
Silvia, che lavora nei nidi appaltati di cui spesso ho parlato in questo spazio, che prende 700 euro al mese, che fa tre lavori per vivere, e che si è candidata perché “Non è giusto che la gente sia trattata in questo modo, e non dico solo le lavoratrici ma anche le famiglie i genitori che credono di affidare i figli ad un posto sicuro e non sanno che non ci danno nemmeno i guanti di lattice per pulire i bambini, e non sanno nemmeno che in certi nidi le ausiliarie si devono portare i detersivi da casa”
Luca, che vive in zona 1 a Milano, il centro, quello dove fino a 20 anni fa c’erano anche le case degli operai tra porta ticinese e parco delle basiliche, tra Piazza Vetra e il Naviglio, il centro che adesso sembra diventato un grande parco giochi a solo uso e consumo delle migliaia di turisti russi e giapponesi che vengono a svuotarsi le tasche e che dopo una cert’ora diventa un luogo spettrale dove hanno chiuso tutti e girano solo le volanti della polizia, a difesa di non si sa chi.
“Bisogna cambiare le cose, bisogna chiedere spazi dedicati alla cultura all’arte al fare…”
E così ieri sera un piccolo aperitivo diventa la scusa per provarci sul serio.
Ci prendiamo (in prestito e senza sporcare) il chiostro dell’anfiteatro di via De Amicis, e in questa location surreale, nel pieno centro di Milano, nascosta agli occhi di tutti, mettiamo insieme teatro e musica, la rabbia degli studenti delle scuole superiori e la forza degli amici del CSA Cantiere, la voglia di lottare di Silvia di Carmen di Luca degli amici della Federazione Della Sinistra, le lavoratrici dei Nidi, gli amici che vengono da lontano.
Facciamo solo musica e teatro, facciamo solo discussione. Cerchiamo solo di cambiare la testa a Milano… e via via succede quello che qui non ti aspetti: succede che la gente che è andata ad ascoltare Pisapia qualche strada più in là entra a cantare un pezzo con noi, succede che le anziane signore del “Circolo del bridge Milano” si fermino a bere un bicchiere di vino e ci raccontino di come la Moratti non la voteranno mai più, “Perché è una che parla parla e che le mani non le fa andare mai” (… e questo nella filosofia meneghina è davvero un peccato capitale).
Ecco il senso di mollare la penna per il fucile: negli anni Milano è diventata una città arida e triste, e tutti credono invariabilmente che sia così perché a Milano la gente si sia inaridita e intristata, ma questa è la favola dei morattiani e delle giunte di destra, che con la scusa della Milano vuota e triste sventrano quartieri per fare palazzoni, sbattono i poveracci (che poi nella loro filosofia sono quelli che non guadagnano 3500 euro al mese) dal centro alla periferia più estrema, levano servizi e chiudono i centri aggregativi.
Ma come in quelle storie dell’orrore dove pare che dietro ai muri ci siano solo mostri, in realtà dietro ai nostri muri di paure c’è solo la forza dei compagni.

mercoledì 13 aprile 2011

PROCESSO BREVE, STRAGI IMPUNITE PER SEMPRE...



10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo entrano in collisione appena fori dal porto di Livorno per cause ancora poco chiare.
Muoiono durante l’incendio che ne segue il numero impressionante di 140 persone.
Le indagini sono difficili, soprattutto per la moltitudine di fattori ed eventi che emergono sin dalle prime ricostruzioni.
I soccorsi sono lenti, inizialmente il capitano dell’Agip Abruzzi dice di aver urtato una “bettola”, una piccola nave di servizio e chiede di concentrare sulla petroliera i soccorsi, dice le parole testuali: “non confondete loro con noi”.
Anche se danneggiato e ormai in balia delle fiamme il relitto del traghetto riesce a distanziarsi di alcuni metri dal punto dell’impatto e questo rende ancora più difficile l’operazione di soccorso.
Le piste che vengono seguite sono molteplici, spunta una pista americana, molte navi americane sono presenti in rada e non è mai stato chiarito se il loro traffico possa in qualche modo aver danneggiato le rotte delle due navi.
Il processo è lunghissimo, i familiari delle 140 vittime si costituisono in associazione, ma la verità non è mai davvero stata chiarita e le responsabilità sono ancora tutte da accertare.
QUESTO PROCESSO POTREBBE ESSERE PER SEMPRE CHIUSO GRAZIE ALLA NORMA CRIMINALE CHE LA DESTRA STA VARANDO IN ITALIA.

Notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007.
Una normale notte di turno alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino, non è un bel periodo, e gli operai lo sanno.
I vertici aziendali vogliono chiudere l’impianto e portare l’intera produzione a Terni.
Si lavora comunque, ma qualcosa va storto si propaga un incendio sulla linea 5 Laminati.
Vengono gravemente feriti 7 operai.
Le indagini scoprono ciò che nessuno vorrebbe scoprire: in previsione della chiusura i vertici dell’azienda non avevano più tenuto in alcuna considerazione le norme di sicurezza. L’intero impianto era una polveriera pronta a saltare, e già in precedenza c’erano stati degli incidenti che avevano mosso i sindacati. Si scopre che nemmeno gli estintori erano stati caricati.
I 7 operai non sono morti per una fatalità: sono stati ammazzati.
Parte il processo che vede imputati per strage dolosa tutti i responsabili dell’azienda perché non solo erano a conoscenza del pericolo ma non hanno fatto nulla per prevenire una catastrofe annunciata.
Torino in quei giorni sembra un sacrario, ci vado per raccogliere delle storie, la città è sgomenta, ne parla la gente al mercato, ne parlano al bar le persone qualunque, ne parlano gli immigrati africani. Torino è Thyssen, Thyssen è Torino.
I vertici aziendali però non sono disposti ad ammettere le proprie responsabilità, parte il processo che è lungo e difficile, come sempre accade quando si parla di morti sul lavoro, di assassini bianchi.
QUESTO PROCESSO POTREBBE ESSERE PER SEMPRE CHIUSO GRAZIE ALLA NORMA CRIMINALE CHE LA DESTRA STA VARANDO IN ITALIA.


6 aprile 2009 ore 3.32 del mattino.
Una scossa di magnitudo 5,9 della scala Richter fa tremare la provincia dell’Aquila, epicentro tra i comuni di Roio Colle, Genzano e Collefracido, la città più colpita è l’Aquila.
Bilancio definitivo 308 morti.
A seguito del sisma la procura della Repubblica dell’Aquila apre diverse inchieste, le più importanti sono quelle sul sistema protezione civile e sulla sottovalutazione dell’evento sismico nei giorni precedenti al sisma, nonostante questo fosse stato preceduto da un intenso sciame di scosse a causa delle altre faccende in cui la protezione civile era impegnata, primo fra tutti il G8 calendarizzato per il mese di luglio nell’isola sarda della Maddalena.
Importanti anche le indagini sul crollo della casa dello studente e dell’ospedale dell’Aquila che vede molti progettisti e ingegneri citati in giudizio, le due costruzioni, infatti, non sono antiche abitazioni medievali bensì moderni palazzi costruiti in zona sismica che non avrebbero dovuto cadere come castelli di carta.
Soprattutto gli studenti che risiedevano nella casa dello studente avevano più di una volta denunciato lo stato pessimo di condizioni dei pilastri ma nessuno aveva provveduto.
QUESTI PROCESSI POTREBBE ESSERE PER SEMPRE CHIUSO GRAZIE ALLA NORMA CRIMINALE CHE LA DESTRA STA VARANDO IN ITALIA.

29 giugno 2009, ore 23.48 il treno merci 50325 Trecate-Gricignano, con il suo convoglio di quattordici carri cisterna contenenti GPL, deraglia per cause probabilmente legate al cedimento del carrello del primo carro cisterna, che trascina fuori dai binari altri quattro carri. Solo dal primo carro, la cui cisterna viene perforata da un picchetto di segnalazione posizionato lungo la massicciata, fuoriesce il gas GPL che al contatto con l'ossigeno e alla prima possibilità d'innesco si è incendiato.
Muoiono sul colpo 11 persone per le fiamme o per il crollo degli edifici, altre due muoiono per infarto. Ma l’incendio miete altre vittime, alla fine Viareggio ne piange 33.
L’inchiesta è difficile, sin da subito si comprende che le responsabilità oggettive e soggettive sono molteplici, i dubbi moltissimi: il convoglio era appena stato revisionato, come può aver ceduto una cisterna? I picchetti segnaletici erano stati lasciati lì per errore o erano utili e comunque che tipo di responsabilità hanno le ferrovie italiane con le loro molteplici sigle?
Perizie, controperizie, lunghi tempi tecnici, costituzione dei familiari delle vittime come parte civile… passa il tempo.
QUESTO PROCESSO POTREBBE ESSERE PER SEMPRE CHIUSO GRAZIE ALLA NORMA CRIMINALE CHE LA DESTRA STA VARANDO IN ITALIA.

Ieri nella sua colpevole stupidità Angelino Alfano ha sostenuto, mentendo in aula, che la legge interessa solo lo 0,2 per cento dei processi in atto.
Vorrei dire al signor Alfano dalla mia umile posizione di cronista, che questa infamia fatta per salvare un uomo ormai degno solo di un TSO, interessa soprattutto l’Italia.
Ci sono città ferite, e l’elenco sopra è solo esemplificativo, ci sono persone che rivivono il dramma delle loro perdite giorno per giorno e ora per ora.
Ricordo di aver parlato con un operaio della Thyessen l’anno dopo il disastro e mi disse che ogni volta che pensava che aveva scampato la morte per un soffio, solo perché aveva finito il turno poche ore prima dell’incendio non stava meglio, lui una famiglia non ce l’aveva e forse era più giusto che fosse morto lui piuttosto che Roberto Scola che aveva due figli piccoli o Antonio Schiavone che di figli ne aveva tre e il più piccolo di appena due mesi.

Un giorno, non nell’aldilà nel quale personalmente non credo, questa feccia mascherata da rappresentanti di uno stato dovrà pagare tutte le vigliaccate e le porcherie che si è ingoiata per salvare il proprio Padrone, e soprattutto per questa.

Noi italiani dovremmo chiedere scusa, scusa per questo orrore perché anche noi siamo colpevoli.
Colpevoli di non aver capito, di non aver avuto voglia di informarci e quindi di continuare a dare loro fiducia.
Ma soprattutto loro dovranno vergognarsi di aver impedito di fare giustizia per la morte di tutte le persone che elenco qui sotto
Anche se l’elenco è incompleto perché non sono riuscito a recuperare tutti i nomi degli aquilani morti e quindi per rispetto non ne scrivo nessuno.


PER FUTURA MEMORIA.



Deceduti nel rogo della nave Moby Prince – Agip Abruzzo


Abbattista Giovanni 45
Allegrini Stefano 23
Alves Sandrine 24
Amato Natale 52
Ambrosio Francesco 22
Ambrosio Vittorio 30
Andreazzoli Marco 28
Averta Rocco 36
Avolio Antonio 45
Baffa Nicodemo 52
Baldauf Gernard 27
Barbaro Luciano 24
Barsuglia Luca 24
Bartolozzi Umberto 48
Belintende Sergio 31
Bianco Gavino 40
Bisbocci Alberto 20
Bommarito Giuseppe 43
Botturi Adriana 60
Brandano Raimondo 60
Campo Antonino 26
Campus Giovanni B. 53
Campus Gianfranco 21
Canu Angelo 28
Canu Sara 5
Canu Ilenia 1
Caprari Alessia 19
Cassano Antonello 25
Castorini Rosario 39
Cervini Domenico 21

Cesari Diego 14
Chessa Ugo 54
Cinapro Graziano 45
Cirillo Ciro 25
Ciriotti Tiziana 22
Congiu Giuseppe 23
Crupi Francesco 34
Dal Tezzon Antonietta 47
Dal Zotto Pasquale 32
D'Antonio Giovanni 22
De Barba Mauro 30
De Caritat Beatrice 31
Defendenti Anna 24
Degennaro Giuseppe 29
De Montis Angelita 23
De Pretto Tatiana 18
Esposito Francesco 43
Falanga Nicola 19
Farnesi Cristina 22
Ferraro Sabrina 20
Ferrini Carlo 32
Filigheddu Maria 40
Filippeddu Giovanni 46
Fondacaro Mario 57
Formica Maria G. 51
Fratini Bruno 34
Frulio Ciro 18
Fumagalli Alfredo 23
Furcas Daniele 33
Fusinato Angelo 58

Gabelli Antonino 72
Gasparini Giuseppe 62
Ghezzani Maria G. 57
Giacomelli Piera 55
Giampedroni Lido 29
Gianoli Giorgio 29
Giardini Priscilla 23
Giglio Alessandra 26
Gnerre Erminio 29
Granatelli Giuseppina 27
Guida Gerardo 23
Guizzo Gino 52
Ilari Salvatore 31
La Vespa Gaspare 31
Lazzarini Giuseppe 32
Lazzarini Romana 22
Lipparelli Raffaela 50
Manca Giuseppe 48
Marcon Maria 83
Martignago Giuseppina 46
Massa Angelo 30
Mazzitelli Francesco 56
Mela Maria 44
Minutti Giovanni V. 50
Molaro Gabriele 35
Mori Aldo 52
Mura Paolo 34
Padovan Giovanna 54
Padula Aniella 44
Pagnini Vladimiro 59

Paino Vincenzo 34
Parrela Maurizio 15
Pasqualini Ignazio 36
Paternico Rosana 43
Perazzoni Arnaldo 28
Perez De Vere Luigi 24
Pernice Rocco 41
Picone Arcangelo 34
Piu Pasqualino 28
Porciello Pasquale 23
Primi Silavana 38
Prola Mauro 27
Regnier Bernardo 53
Rispoli Liana 29
Rizzi Monica 27
Rizzi Umberto 47
Rizzo Salvatore 29
Rodi Antonio 41
Romano Rosario 24
Romdoni Cesare 56
Roncalbati Amelio 54
Rosetti Sergio 52
Rota Vania 22
Saccaro Ernesto 50
Saccaro Ivan 17
Salsi Giuliano 41
Salvemini Nicola 35
Sansone Massimo
Santini Roberto 53
Sari Gianfranco 39
Scano Salvatore 73

Sciacca Giuseppe 53
Scuotto Mario 31
Serra Maria A. 54
Sicignano Gerardo 34
Simoncini Maria Rosa 25
Sini Antonio 42
Soro Gabriella 29
Stellati Mara 44
Tagliamonte Giovanni 38
Timpano Giulio 29
Trevisan Ranieri 30
Trevisan Rino 58
Tumeo Francesco 58
Vacca Alessandro 37
Vidili Raimonde 22
Vigerello Giuliano 44
Vigliani Carlo 31
Vinattieri Roberto 44
Vitiello Ciro 31



Deceduti nel rogo della Thyessen di Torino

Roberto Scola, 32
Angelo Laurino, 46
Bruno Santino 26
Antonio Schiavone 36
Rocco Marzo 54
Giuseppe de Masi 26 Rosario Rodino 26



Deceduti nell’incidente di Viareggio

Hamza Ayad 15
Iman Ayad 1
Aziza Aboutalib 42
Mohamed Ayad 49
Mohamed Ayad 38
Lorenzo Piagentini 2mesi
Luca Piagentini 2
Ilaria Mazzon 34
Michela Mazzoni 31
Elena Iacopini 30
Federico Battistini 32
Emanuela Milazzo 60
Nouredine Boumalhaf 26
Abdellatif Boumalhaf 32
Magdalena Cruz Ruiz Oliva 38
Rachid Moussafar 23
Antonio Farnocchia 49
Nadia Bermacchi 56
Claudio Bonuccell 58
Rosario Campo 39
Maria Luisa Carmazzi 47
Andrea Falorni 50
Ana Habic 39
Mario Pucc 87
Roberta Calzoni
Elisabeth Guadalupe Silva
Emanuela Menichetti 21
Sara Orsi 24
Angela Monelli, 69
Marina Galano, 44