martedì 30 novembre 2010

BERLUSCONI HA PERSO... nuove lotte per una generazione nuova.


“I veri studenti sono a casa a studiare”, la risposta strafottente e stupida di Silvio Berlusconi alla domanda su cosa pensasse della protesta degli studenti in lotta dice moltissimo dell’atteggiamento di lui e del suo governo nei confronti del Paese reale.
Esiste un paese, che si chiama Italia, di cui questa gente non ha mai nemmeno sentito l’esigenza di capire non i meccanismi profondi o le pulsioni (sarebbe chiedere troppo) ma il disagio evidente, quello che ciascuno di noi può vedere ogni giorno nei volti dei ragazzi che abbiamo di fronte.
Questa gente, i Governati, parla del nulla e ormai nel vuoto delle propria coscienza si convince di avere ancora un qualche seguito
Come se un giovane ricercatore fosse contento di non vedere alcuna prospettiva lavorativa nel suo paese.
Come se un laureato fosse contento di non avere alcuna prospettiva lavorativa al di fuori delle poche centinaia di euro che può garantire un contratto a progetto.
Come se per una famiglia non fosse straziante vedere i propri figli rinunciare giorno per giorno a credere nei propri sogni perché non c’è più nulla in cui credere e non c’è nulla per cui valga la pena di combattere.
Berlusconi è un povero perdente, ha ancora addosso la sua maschera da vincitore ma è un perdente.
A forza di evitare di vedere il mondo che lo circonda e di contornarsi di una corte di adulatori non si accorge che in tutto il paese la rabbia e la lotta stanno crescendo.
Ogni giorno partecipo a riunioni sindacali sempre più partecipate e dove i volti sono sempre più giovani e arrabbiati, ogni giorno incontro cortei per le strade di Milano, Roma,… e sempre di più vedo la voglia di cambiare, di scuotere dal profondo un sistema che non ha più nemmeno le parole per leggere il presente.
Oggi degli studenti liceali mi hanno chiesto di andare nella loro scuola occupata (o meglio come stava scritto sullo striscione nell’aula magna “okkupata”) per parlargli della riforma del mondo del lavoro e delle implicazioni che questa avrà sul loro futuro.
Mi spiace (si fa per dire) per Berlusconi, ma alla fine i giovani non si accontentano più del “Grande Fratello” e della realtà di plastica che ci ha resi tutti dei ricchi sottoproletari.
La rabbia e la lotta, prima o poi, sommergerà lui e la sua cricca di avvoltoi e qualcuno lo ha già capito e abbandona la nave prima di affogare.
Ora al Grande Padrone rimane solo la deriva autoritaristica, quella dell’esercito per le strade, ma non credo che abbia il coraggio di attuarla sul serio per la paura di quello che ne seguirebbe e allora rimane lì con i suoi slogan appiccicati alla faccia, con le sue paranoie di complotto, con le sue beghe da vecchio pensionato un po’ maniaco, che guarda le ragazzine nei parchi pubblici.

La riforma Gelmini può passare alla camera e al senato ma sarà solo un passo in più verso il baratro nel quale stanno cascando.
Per noi un passo in più verso un nuovo giorno della liberazione, perché il 25 aprile non è stato solo 65 anni fa!

venerdì 26 novembre 2010

BRIANZA CONNECTION vol. 1



Desio è una città tranquilla e sonnolenta, fatta da gente operosa, i brianzoli duri e puri, quelli che “lauri e fò i dané”.
Quando vai in giro per Desio, che ha dato i natali a San Pio X, come ricorda la piazza centrale e a Luigi Giussani come ricorda la piazza del comune, non ti vengono in mente gli scorci di Sciascia o le scene palermitane di certi film di Mafia.
Non ti aspetti di vedere Michele Placido nei panni del commissario Cattani della Piovra scendere da una volante della polizia.
Al massimo ti aspetti di vedere un padre di famiglia che torna a casa dopo una giornata di lavoro o una mamma che porta il bimbo a scuola con il suo ruggente SUV.
Ha ragione Berlusconi quando dice che questi scrittori di cose mafiose hanno dato un’immagine distorta dell’Italia e della mafia. Infatti d’ora in poi quando penseremo alla mafia dovremo pensare ai piccoli comuni del nord che sono così paesaggisticamente diversi dalla Sicilia e dalla Calabria, ma così simili dal punto di vista della struttura malavitosa.
Eh sì, perché ora in regione o in provincia o dove diavolo volete si dirà che il caso di Desio, centro di media grandezza nella nuova provincia di Monza e Brianza dove la giunta infiltrata dalla ‘ndranghta cade proprio oggi, è un caso isolato e che comunque si è arginato in fretta senza grandi problemi se non quello di dover andare a votare a breve per una nuova giunta ma tutti sappiamo che non è così.
Anzi, probabilmente la Lega adesso dirà che non appena ha saputo della cosa i suoi consiglieri sono usciti in blocco dalla maggioranza rendendo possibile il cambio e facendo gli eroi.
Chi conosce la Brianza sa che questo è falso!
Rosario Perri, l’uomo che a stare a quanto dicono le inchieste della magistratura faceva da trait d’union tra le ‘ndrine e la politica regionale è stato per decenni il city manager della città, tutti gli appalti, tutte le decisioni, tutti gli affidi di lavori in formula diretta con il comune sono passati sotto di lui e tutti, maggioranza e opposizione sapevano e dicevano che Perri era un mafioso, lo si sentiva dire negli uffici del comune e in strada tra i bene informati, lo si sussurrava in giunta e lo si diceva nelle sedi dei partiti di maggioranza e opposizione.
Sulla figura di Rosario Perri fioccavano addirittura leggende metropolitane la più famosa della quale voleva che la sua segretaria prendesse il doppio di lui per essere sicuri che stesse zitta sugli intrallazzi del capo.

Fossi nella nuova giunta comincerei a fare qualche sondaggio nei terreni di nuova edificazione in certi quartieri di periferia così come comincerei a dare un’occhiata a tutti i favori e le gare d’appalto fatte in associazione temporanea d’impresa (ATI) con altri comuni del circondario perché, date le distanze (nella zona i comuni si susseguono senza soluzione di continuità Desio, Seregno, Lissone,…) non credo che ci possano essere infiltrazioni mafiose a tenuta stagna. L’impressione è che questa sia solo la punta dell’iceberg e che quello che succederà nelle prossime settimane e mesi darà la cifra di quanto i sistemi mafiosi della Brianza si sono incistati nel territorio.
Chi fa antimafia sa che in queste situazioni possono accadere due cose, o tutto si inabissa e si torna alla vita di tutti i giorni con le mele marce fuori dal cesto e tutti contenti oppure le sinergie vengono a galla perché qualcuno parla e allora sono guai grossi.
Normalmente accade la prima cosa perché la seconda prelude la volontà di sapere da parte dello stato e spesso questa manca.

La provincia di Monza e Brianza conta 55 comuni Desio è il 4° per grandezza con i suoi 41000 abitanti e tutti i comuni più grandi sono nella fascia sud della provincia uno attaccato all’altro. Ne girano di soldi e di interessi da quelle parti… la mafia se ne è accorta. e ora che si fa?

giovedì 25 novembre 2010

QUALCHE DOMANDA ALLA CAMERATA LETIZIA MORATTI, PODESTA' DI MILANO



Mi ricordo un mattino di novembre dell’anno scorso.
In zona Turro, uno dei quartieri semiperiferici della Metropoli, freddo tremendo e gelo nelle ossa.
Il gelo nelle ossa ce lo metteva quello che stava per accadere.
Mi avevano chiamato dei Compagni del sindacato per chiedermi di andare a fare presidio per evitare lo smantellamento forzato di una sede ANPI.
Non di un campo Rom, nemmeno di un centro sociale, il comune di Milano in forze, decideva di smobilitare la una piccola sede dell’Associazione Partigiani d’Italia.
Ho ancora negli occhi la scena, asserragliati dentro 30 metri quadri di saletta stavano una ventina di persone, uomini e donne, dei quali io e la mia compagna eravamo certamente i più giovani, fuori, come se si trattasse della cattura di un boss mafioso c’erano 4 camionette dei carabinieri due macchine dei vigili e almeno un centinaio tra poliziotti, carabinieri e vigili urbani.

Non capivano i partigiani perché accadesse quel parapiglia, la sede era stata regalata loro dalla popolazione del quartiere di Turro, il 26 aprile del 1945, per ringraziarli per lo sforzo per liberare il quartiere dalle ultime recrudescenze nazifasciste, visto che proprio lì la battaglia di Milano fu sanguinosissima, e proprio nel quartiere stava l’ultimo comando tedesco ancora funzionante.
Non capivano il parapiglia, non capivano perché la polizia del paese nato dalla lotta partigiana, ora abbattesse la porta della minuscola sede con i calci dei fucili.
Io un’idea ce l’avevo allora e ce l’ho anche oggi.
Milano, città medaglia d’oro della resistenza negli anni si è trasformata in una città addormentata, nella sua cittadinanza e Fascista nella sua amministrazione.

Perché mi tornano in mente queste considerazioni oggi?
Leggo sui giornali che il comune ha affittato nel centralissimo Corso Buenos Aires (per una cifra di poco superiore a 19000 euro all’anno) uno spazio per la realizzazione della nuova sede di FORZA NUOVA.
Fughiamo ogni dubbio, forza nuova non è un partito di destra, forza nuova è un partito FASCISTA.
Tra i suoi fondatori troviamo gente come Roberto Fiore che ebbe a dire che bisognava smettere di celebrare la resistenza e che la parte giusta della seconda guerra mondiale era Salò perché manteneva un “patto con l’Italia” e che Mussolina era un grande statista tradito dagli italiani.
Gli aderenti a forza nuova si ritengono fascisti e si definiscono tra loro camerati, hanno una preparazione di tipo paramilitare e spessissimo si rendono presenti in azioni di duro pestaggio a attivisti politici e sindacalisti di parte opposta.
Soprattutto negli ultimi anni si sono legati a filo doppio con le tifoserie più dure di certo calcio italiano e con le falangi xenofobe e razziste di tutta Europa in una specie di fratellanza globale.

Domande. Di fronte a queste notizie io non so dare giudizi e non so formulare risposte, riesco solo a mettere insieme una serie di dati e farmi delle domande:
1. Perché il comune di Milano è così sollecito nel trovare una sede a basso costo in zona centralissima di Milano ad un partito dichiaratamente fascista e non è altrettanto celere quando si tratta di risolvere il problema degli alloggi popolari alcuni di quali (nelle zone periferiche) versano in stato di semiabbandono con tetti d’amianto mai dismessi e con problematiche sociali che via via si fanno sempre più devastanti?
2. Come può una città premiare tra breve Liliana Segre (ex deportata sopravvissuta ad Auschwitz) con la medaglia d’oro al valore civile, e nello stesso tempo concedere un luogo di aggregazione a gente che quella deportazione la nega come professione di fede (se non sei negazionista non puoi essere di FORZA NUOVA)?
3. Come mai non appena un costruttore con evidenti simpatie destrorse caccia un gruppo di partigiani da 30 metri quadri il comune fa addirittura chiudere le stazioni metropolitane intorno al quartiere per permettere alla polizia lo sgombero (e rendere difficile ai giornalisti di venire a documentare) e poi non dice nulla sulla presenza nel territorio di pericolosi militanti di estrema destra?
4. Come mai la sindaca Moratti non vede alcun problema etico nel sostenere l’alloggio di un gruppo politico razzista e omofobo me nello stesso tempo rimosse addirittura un assessore (Vittorio Sgarbi) reo di aver dato il patrocinio all’immorale festival del cinema omosessuale.
E come mai a Milano si arrivò a censurare la mostra del fotografo Cecoslovacco Ian Saudeck considerato un pervertito per i suoi scatti gay ma non si censura un partito che ancora nei suoi cortei canta “Ce ne freghimo della galera camicia nera trionferà” e considera gli altri esponenti politici come nemici da eliminare.
5. La signora Letizia Bricchetto Arnaboldi (in Moratti), mi pare di ricordare, ha un padre ex deportato in campo di concentramento, alla sua età probabilmente chiedere il parere del babbo non si usa più ma quando questa mattina ha letto la notizia sui giornali (deduco che, visto che a Palazzo Marino non ci va quasi mai, non l’avranno avvertita della cosa prima di deliberare in comune e che quindi tra poco dirà che non ne sapeva nulla) se ne è ricordata non si è vergognata almeno un po’?
6. Visto che a Milano ormai “allarme sicurezza” sta diventando un ritornello comune come “città della moda”, il vicesindaco Walker Texas Ranger Decorato si è fatto delle domande sui problemi di sicurezza nel mettere la sede di un partito di quel tipo a un tiro di schioppo (o di calibro .22) da Via Padova, centro dell’immigrazione e del commercio degli stranieri di Milano e nemmeno così distante da via Paolo Sarpi, centro dell’immigrazione cinese? Facciamo a capirci un marocchino che spaccia è allarme sicurezza e un nazi skin italiano che manganella 2 prostitute, 1 barbone, 3 stranieri e uno con i capelli lunghi che gli sembra un comunista invece è un chierichetto?

Belle domande, ovviamente destinate a non avere alcuna risposta, tanto la Città sonnolenta dorme sonni tranquilli e le camice nere marciano nella notte!

mercoledì 24 novembre 2010

LA LOBBY DI DIO... Comunione e Liberazione una setta politica


Esce il 25 novembre in libreria un libro coraggioso.
La Lobby di Dio di Ferruccio Pinotti, grande giornalista d’inchiesta e ottima penna che più di una volta si è misurato con i sistemi delle segrete stanze cuore di quelle lobby affaristiche e di potere che sono i movimenti religiosi.
Credo che dei movimenti non si parli mai abbastanza, forse perché per poterne parlare bisogna avere delle infarinature religiose, forse perché quando si trattano argomenti di questo tipo la paura è quella di fare un torto a tanti che, in buona fede credono nella dottrina del movimento stesso oppure perché molti gruppi religiosi nelle loro filiazioni affaristico finanziarie controllano in parte o completamente molti mezzi di informazione.
A mio parere la chiesa non si è mai interrogata abbastanza sulla forza e sulla pericolosità di questi soggetti al suo interno e, troppo di sovente, li ha visti come dei validi aiuti nella predicazione.
Il caso di Comunione e Liberazione (quella che verrà descritta nel libro di Pinotti che consiglio senza alcun dubbio) è quello di maggiore interesse perché riassume in se tutta la nuova idea di imperialismo spiritual religioso che va via via instaurandosi nel pensiero della chiesa non solo in Italia.

Nel 1954 un prete di Desio, Luigi Giussani, fondò un movimento all’interno del liceo classico Berchet di Milano (il liceo dell’allora altissima borghesia milanese), inizialmente decise di chiamarlo GS (gioventù studentesca) poi il nome divenne CL (Comunione e Liberazione).
Da queste “umili” origini, il Movimento, come lo chiamano i suoi aderenti, si è ramificato nel mondo con una velocità degna di una multinazionale.

Oggi CL è un gigantesco intreccio di politica e affari che controlla case editrici, giornali, cooperative operanti nel sociale, ospedali, è padrona della quasi totalità della fiera di Milano (e governa in modo indiretto tutto ciò che si muove intorno all’expo 2015).
Dal lato politico da 12 anni è la padrona indiscussa della Lombardia, Roberto Formigoni è un laico consacrato di CL (un memores domine), una specie di frate con la missione di portare Gesù nella società.
A Milano e in Lombardia moltissimi primari ospedalieri sono di CL, e nelle università gira voce che se si vuole fare una carriera veloce e priva di intoppi è bene tesserarsi al Movimento. Questo vale anche per settori come il sociale saldamente in mano a dirigenti regionali tutti di area CL o fortemente simpatizzanti.
In quasi tutto il nord Italia uomini di CL siedono nei consigli di amministrazione delle più grandi aziende, ma anche nei consigli comunali, provinciali e regionali tanto che spesso intervistando politici di destra e di sinistra si sente parlare di “componente in area CL” come se esistesse un partito CL.
In effetti esiste un partito CL, che in Lombardia è al momento anche l’unico contropotere al debordare della Lega nelle istituzioni. Fin dai tempi di Forza Italia, Berlusconi ha stretto un patto d’acciaio con CL per farsi garantire i voti dell’elettorato ultraconservatore cattolico e così è stato, in Lombardia il Movimento pesa, secondo le stime più probabili, per il 10% dei voti complessivi dell’attuale PdL. Da sempre i beninformati parlano di una specie di lotta sotterranea tra gli esponenti ciellini e quelli della Lega nord per la spartizione del potere nel nord, la bilancia comunque per ora è sempre stata favorevole a CL.

Costantino il grande liberalizzo il culto nell’Impero Romano e rese di fatto lecito il cristianesimo nella convinzione che fosse meglio avere dei soldati che combattono accecati dalla fede che un esercito accecato dalla paura, questa potrebbe essere la risposta alla domanda: perché CL continua imperterrita ad espandersi fin dal 1954, sopravvivendo alla crisi dei partiti di riferimento (l’ala andreottiana della DC), alle crisi economiche e ai rivolgimenti conciliari (come tutti i movimenti anche CL è velatamente preconciliare e settaria)?
La risposta è semplicissima, la fede degli adepti ha fatto si che nessuno si ponesse domande e si facesse guidare ciecamente dal leader indiscusso, chi ha conosciuto CL nei suoi meccanismi più intrinseci può dire senza alcun problema che tutti i meccanismi della setta sono ivi riprodotti:

1) venerazione per il leader: Don Giussani che nel Movimento viene chiamato Don Gius veniva venerato come un Dio ancor prima che morisse girava negli anni novanta una barzelletta in ambiente religioso che diceva “Chi è l’unico santo in vita? San Luigi Giussani”. Al suo arrivo al Meeting di Rimini (il ritrovo annuale del movimento in cui tutti i politici vanno a fare passerella per genuflettersi idealmente al Movimento) si assisteva a vere a proprie scene di isteria collettiva.
2) Le opere del fondatore sono lette e rilette dai seguaci e sono anche l’unico filtro attraverso cui viene letto il Vangelo e la Bibbia. Il momento topico della vita di ogni niellino è la Scuola della Parola, dove ogni settimana viene letta spiegata e commentata la parola del Don Giuss
3) Nessuno mette mai in dubbio l’operato del Movimento che viene visto come la realizzazione del progetto di Gesù e don Giussani sulla terra.
4) Il movimento ha vari gradi di iniziazione dal simpatizzante al Memores Domine che vive una vita da religioso pur mantenendo la propria laicità.
5) Gli aderenti al movimento pur avendo possibilità di non farlo, fanno un vita separata dagli altri cristiani, hanno loro parrocchie dedicate, giorni particolari in cui recitano le loro preghiere comuni, libri delle preghiere diversi da quelli degli altri cristiani (la qual cosa rende di fatto impossibile la mescolanza tra ciellini e altri membri delle parrocchie), in alcuni paesi della Lombardia interi quartieri sono costituiti da abitazioni di soli ciellini che hanno creato cooperative edilizie che costruiscono case solo ai membri del movimento.
6) Il movimento ha una missione da compiere e tutti gli aderenti la devono portare a termine insieme, anche il dissenso è un modo per allontanarsi dalla meta.
7) Il Movimento è egemone nelle scelte politiche e sociali dell’aderente, tutti i ciellini (almeno in pubblico) sostengono Berlusconi, nessuno escluso e non sono disposti a mettere in discussione i comportamenti non proprio cristiani del premier (chi scrive ha interrogato moltissimi aderenti CL in merito e la risposta è sempre stata “non so se è vero ma so che Silvio ha fatto molto per la famiglia e tutto il resto non importa” ripetuta sempre uguale come una litania imparata a memoria)

Chi ha conosciuto CL da vicino sa che non c’entrano né politica né società ma solo un grande groviglio affaristico ed economico che come sempre siede all’ombra dei Sacri Palazzi e che alla Chiesa in preda negli ultimi anni ad un rinnovato delirio di persecuzione conviene mantenere così com’è.

giovedì 18 novembre 2010

OSSO MASTROSSO E IL CAZZANIGA... la Mafia dilaga a Milano


“Saviano deve avere il coraggio di ripetermi queste cose guardandomi negli occhi”
Davvero il Ministro Maroni desidera essere guardato negli occhi? Che incredibile esempio di fragilità personale ci regala il ministro dell’interno che si sente colpito sul vivo quando un intellettuale gli fa notare che c’è qualcosa che non và.
Il problema non è nemmeno se in Lombardia ci sia o non ci sia la Mafia, è talmente palese che la Mafia c’è che fa tenerezza sentire certi esponenti politici dire: “Si c’è una recrudescenza ma noi rispondiamo colpo su colpo, gli arresti sono aumentati del 20%” se gli arresti sono aumentati del 20% significa che la percentuale degli interessi mafiosi al nord è aumentata di almeno il 40% fare giri di parole sembra inutile, come inutile sembra cercare di capire quando questa infiltrazione su larga scale dal tessuto produttivo del nord abbia avuto inizio.
Negli anni un fenomeno desta la mia attenzione in modo costante: l’aumento degli omicidi mafiosi nell’hinterland o meglio nella parte a nord di Milano, il cuscinetto tra il capoluogo e Varese.
“Il ricco e riverito imprenditore è tranquillamente seduto al bar, con gli amici, sotto la veranda del circolo ex combattenti. È un pomeriggio d'estate. L'uomo d'affari si alza per chiedere un caffè. Appoggiati al bancone, lo aspettano in due. Sembrano clienti normali, con i giubbotti da moto e i cappuccini caldi ancora da consumare. Lo guardano negli occhi quel poco che basta per farsi riconoscere. Per fargli capire chi lo sta ammazzando e perché. Poi gli sparano in faccia. Quattro colpi di pistola calibro 38. E se ne vanno con calma. Killer professionisti. A volto scoperto.

Non siamo a Locri, Gela o Casal di Principe, ma nel cuore della Lombardia. San Vittore Olona è a metà strada tra Milano e Varese: un laborioso comune di 7 mila abitanti accanto a Legnano, la capitale della mitologia leghista”.

(espresso 19 ottobre 2010)

La lista è lunga:
7 gennaio 2005 Lonate Pozzolo (tra Varese e Legnano) Cataldo Murano e Giuseppe Russo, 27 febbraio 2006 Ferno (VA) a due passi dall’aeroporto di Malpensa Alfonso Murano. Tre omicidi collegati, dietro c’è la spartizione del territorio tra le famiglie Filippelli di Lonate e Rispoli di Legnano.

27 marzo 2008 Rocco Cristallo ammazzato a Verano Brianza (MI), 14 luglio 2008 Carmelo Novella San Vittore Olona, 27 settembre 2008 Cataldo Aloisio, Legnano, il cadavere di Aloisio viene fatto ritrovare davanti al cimitero di Legnano dove è sepolto Novella. I tre delitti sono da ascrivere a una faida familiare e a regolamenti di conti nel settore edilizio.

6 maggio 2009 Cavaria alle porte di Varese, Giuseppe Monterosso, in Lombardia in soggiorno obbligato, l’omicidio matura negli ambienti mafiosi probabilmente per il controllo del trasporto su gomma tra il varesotto (e quindi l’aeroporto di Malpensa) e i capoluoghi della Lombardia.

5 novembre 2009 Giovanni di Muro, ammazzato davanti allo stadio di San Siro probabilmente per regolamenti di affari tra cosche.

A questi andrebbero aggiunti i molteplici sequestri di case ville terreni agricoli e servizi che la DDA negli anni ha prodotto sul territorio con particolare prevalenza alle zone di Buccinasco, Pregnana Milanese, Cornaredo,…

Gli eventi su cui si stendono le mani della mafia (variamente intesa) a Milano sono infiniti. Partendo dall’affare colossale del movimento terra e delle bonifiche del territorio, le cosche hanno fondato cooperative sociali che forniscono servizi di facchinaggio, imprese di pulizia, consulenze di green economy, bar e ristoranti di lusso… non c’è aria del commercio e dei servizi che non sia di loro interesse e pertinenza.

Sul territorio si susseguono voci, che poi via via diventano fatti, anche perché prima o dopo ci scappa il morto.
Expo 2015: mi viene da ridere quando leggo frasi del tipo: “Bisogna vigilare affinché le cosche non allunghino le mani sui lavori dell’EXPO”
L’area della fiera di Milano, su cui si costruirà la maggior parte dell’evento sorge per la maggior parte sui terreni dell’ex raffineria IP del comune Pero/Pantanedo.
Terreni inquinati da metalli pesanti, agenti chimici di produzione, benzene,… si raccontano storie molto interessanti sulla bonifica di quella zona, affidata per la maggior parte a maestranze immigrate di cui non sappiamo più nulla, sono vivi, sono morti?
Milioni di metri cubi di terra tossica da movimentare e da smaltire, un affare colossale.
C’è chi dice che lo smaltimento è stato fatto solo per la minima parte e che la maggior parte della terra sia finita a formare il terrapieno della linea Alta Velocità, Milano Torino che passa proprio di lì e prosegue sui terreni di Pregnana Milanese, Cornaredo e Rho (guarda caso dove sono avvenuti i maggiori sequestri di terreni alla ‘ndrangheta).

Smaltimento dei rifiuti, notizia di ieri (17/11/10) che prendiamo dalla Provincia Pavese, giornale di Pavia e dintorni:
Riso Scotti Energia, arresti per traffico illecito di rifiuti. Inceneritore sequestrato
L'inchiesta conta sette arresti e dodici indagati[…]

PAVIA. Sette arresti sono scattati questa mattina, intorno alle 7, in relazione all'inchiesta avviata tempo fa sull'inceneritore della Riso Scotti Energia. Le ordinanza di custodia cautelare sono state notificate all'attuale presidente della società Giorgio Radice e all'amministratore delegato e responsabile dell'impianto Giorgio Francescone. L'accusa è di traffico illecito di rifiuti.

L'impianto di coincenerimento è stato sequestrato. I sigilli sono stati messi dalla Forestale intorno alle 8, subito dopo la notifica delle ordinanze di custodia cautelare ai dieci che erano già indagati. Risultano anche dodici nuovi indagati. Oltre al sequestro dell'impianto e di una quarantina di automezzi, sono state perquisite le abitazioni degli indagati dove è stata acquisita della documentazione.

Tra gli arrestati ci sono anche Massimo Magnani, l'ex responsabile dell'inceneritore di Pavia, Marco Baldi, ex-titolare del laboratorio di Genzone incaricato di fare le analisi sui rifiuti, Silvia Canevari, tecnico del laboratorio, Cinzia Deilacqua, Alessandro Mancini.

Sono tutti agli arresti domiciliari.

Nell'inceneritore, secondo l'inchiesta, sarebbero finiti materiali diversi da quelli autorizzati. Venivano utilizzati nella produzione di energia elettrica e termica, oltre alle biomasse vegetali, rifiuti di varia natura, legno, plastiche, imballaggi, fanghi di depurazione di acque reflue urbane ed industriali ed altri materiali misti, che per le loro caratteristiche chimico fisiche superavano i limiti massimi di concentrazione dei metalli pesanti, cadmio, cromo, mercurio, nichel, piombo ed altri, previsti dalle autorizzazioni.[…]

Non si fa menzione della Mafia ma se ne riconoscono metodi e firma. Non importa che Cosa Nostra o la ‘Ndrangheta siano personalmente implicati all’interno di una singola azione illegale, la verità è che sempre più spesso il sistema mafioso fa parte della “normale” logica degli imprenditori. La logica mafiosa è entrata nel DNA economico del nord con il suo sillogismo più evidente: c’è da fare qualcosa, ci si può guadagnare di più facendolo illecitamente, se ci si associa nell’illecito si ha maggior protezione.

Con o senza i morti, il ministro Maroni dovrebbe avere il coraggio di capire che la condizione mafiosa è diventata parte del nord e non sentirsi punto nell’orgoglio come fosse un reato di lesa maestà dire la verità su certi fatti.
Basta con la logica infantile del fare vedere ai genitori i buoni voti (gli arresti compiuti peraltro dalla DDA e dalla magistratura sempre e comunque con difficoltà inenarrabili dovute ai tagli alle spese) e nascondere la nota (il marcio sta dilagando a nord soprattutto nei territori governati ormai storicamente dalla Lega), la mafia a nord esiste sta diventando sempre più estesa e ramificata, forse esprimerà già sin d’ora le sue preferenza politiche.
Perché bisogna ricordarlo, la mafia non è né di destra né di sinistra, la mafia sta dove c’è il potere, se il potere lo ha la Lega, la mafia sta con la Lega, nell’Italia degli anni 60 e 70, la mafia è stata spesso e volentieri contigua allo Stato contro i movimenti di rigenerazione e cambiamento, oggi la Mafia vuole egemonia industriale, e siede nei consigli di amministrazione delle aziende a Milano e nel nord.
Se il ministro Maroni vuole guardare qualcosa negli occhi, guardi questa realtà e ci indichi la soluzione, se ce l’ha.

martedì 16 novembre 2010

STRAGI GIUDIZIARIE, STRAGI STORICHE


“Scusa tu che conosci il giornalismo, mi spieghi qualcosa di piazza Fontana, il prof. ci ha detto delle cose ma non ci ho capito granché, il libro non ne parla e magari venerdì mi interroga”.
Non mi sono stupito della ragazzina di 19 anni che qualche mese fa è venuta a chiedermi notizie sulla prima strage della strategia della tensione con lo stesso tono di voce e la stesso interesse che gli studenti italiani riservano a qualunque fatto narrato sui libri.
Roba vecchia che non gli appartiene, così come non mi stupii quando si sorprese che esistesse ancora un comitato parenti delle vittime.
Eh sì, perché in effetti, i fatti della storia sono tutti fatti vecchi, messi nella teca di cristallo della scuola, sono lì per essere studiati e non capiti, figurarsi apprezzati le piramidi come le crociate, come il brigatismo o come la P2: tutto un indistinto fatto lontano.
Ecco perché mi arrabbio mostruosamente, anzi no, ecco perché mi incazzo come una bestia, quando sento qualche parruccone parlare di Verità Storica indipendente dalla Verità Giudiziaria.
Non esiste una verità storica se non le diamo la dimensione e lo spessore della verità giudiziaria, resta una figurina appiccicata al muro, resta un numero dentro a una infinita serie di numeri.
Stalin diceva: “Un morto è una tragedia un milione di morti sono una statistica”, la verità storica da sola è una statistica.
DELFO ZORZI, FRANCO MARIA MAGGI, IL GENERALE DELFINO, PINO RAUTI, MAURIZIO TRAMONTE e tutti gli artefici della più sanguinosa strage degli anni settanta, la strage di Piazza Della Loggia a Brescia oggi sono entrati a tutti gli effetti nel novero dei macellai salvati dalla verità giudiziaria e imbalsamati all’interno della verità storica.
La quinta istruttoria per la strage si è conclusa pochi minuti fa e ha mandato tutti ASSOLTI.
8 morti, 102 feriti, alcuni gravissimi che riportarono per tutta la vita o segni di quella bomba cacciata in un cestino dei rifiuti.
8 morti, 102 feriti, nessun colpevole per la giustizia…
La verità storica ci parla di una strage organizzata con freddezza nelle alte sfere di Ordine Nuovo l’organizzazione fondata da Pino Rauti alla sua uscita dal MSI, ci parla delle bombe confezionate dagli ordinovisti Veneti, ci parla, forse la parte più odiosa delle macchinazioni messe in atto dal generale dei carabinieri Francesco Delfino per depistare le indagini (che arrivò a fare lavare la piazza con i getti degli idranti per disperdere eventuali tracce), di tutto questo ci parla la verità storica.
Ma per legge e per diritto, queste sono solo congetture, e i signori Maggi, Zorzi e compagni sono uomini liberi e innocenti.
A Milano accadde di peggio, all’ultimo processo su Piazza Fontana l’affronto più grande fu quello di dover vedere i parenti delle vittime puniti con l’addebito delle spese processuali.
Io credo nella giustizia, voglio continuare a credere nello Stato e nelle Leggi, ma questa sta diventando sempre di più una professione di fede astratta come per i cristiani il credo Apostolico.
Credo in Dio, anche se non lo vedo, credo che risorgerò dopo la morte anche se non è mai risorto nessuno, credo che Gesù Cristo sia figlio di Dio anche se lo sto facendo sulla parola di altri uomini che non avevano le prove…
Non voglio che la mia fede nello Stato sia ridotta a questo: credo nello Stato anche se lo vedo in altre faccende affaccendato quando il popolo soffre, credo nel Parlamento anche se composto da pregiudicati, seccessionisti, mascalzoni e ignoranti, credo nella Giustizia, anche se resta inapplicata elusa, disertata.
La parola fine su questa vicenda non è ancora stata messa (mandano le motivazioni della sentenza e manca un eventuale ricorso in appello), ma la strada è sempre più dura e la luce in fondo al tunnel è sempre più nera!

lunedì 15 novembre 2010

SAPESSI COME E' STRANO... le primarie a Milano


Ieri a Milano pioveva, oggi un po’ di più.
Sotto la pioggia è avvenuto quello che, probabilmente, doveva avvenire già da tempo.
Milano ha scelto.
Milano ha scelto di dare la sua fiducia a Giuliano Pisapia, di affidargli il compito di provare a prendere il forte di Milano, da troppo tempo in mano a un governo incapace e immobile.
Chiunque viva Milano (perché la città o la vivi o la usi come dormitorio con annesso lavoro e quindi non sai nemmeno ciò che accade poco oltre la porta di casa tua), sa come gli anni del centrodestra abbiano modificato in modo negativo la città.
Da Formentini ad Albertini al devastante mandato della Moratti, con l’apporto del sempre presente e intraprendente vicesindaco Riccardo Decorato, Milano si è come mummificata.
La capitale morale d’Italia ha perso lo slancio e l’amore per se stessa e, di pari passo è diventata più livida e intollerante, più violenta nelle sue periferie ormai abbandonate a se stesse e, per contro, transennata e blindata nel centro, ormai diventato un gigantesco centro commerciale a uso e consumo dei turisti.
Le fabbriche e i servizi arrancano, i laureati trovano solo piccoli lavori in stage, capita spesso di incontrare vecchi compagni d’ateneo che, venuti dal sud nella sicurezza di far carriera, ormai fanno le valige per tornare a casa perché non ce la fanno più a vedersi pagate le bollette dai genitori da Bari o da Napoli.
I luoghi di libera associazione vengono chiusi o sono presidiati dalle forze dell’ordine e al loro posto vengono costruiti locali per milionari che chiudono anch’essi dopo poche stagioni.
Camminare per le strade di periferia significa vedere una lenta agonia, uno straziante soffocamento.
Camminare la sera per il centro significa invece addentrarsi per il deserto, da piazza San Babila al Castello Sforzesco, quello che solo una generazione fa era il centro vivo e pulsante della metropoli, è possibile camminare dopo le dieci di sera senza incontrare quasi nessuno, in una città fantasma praticamente imbozzolita su se stessa.
Qui si dà la caccia ai graffitari, non importa se poi sono gli stessi che vendono quadri a New York e sono considerati i nuovi maestri della Pop Art, qui non si devono esprimere; qui si sventrano interi quartieri o si distruggono interi parchi pubblici in una notte senza alcun rispetto per la vita della gente e si costruiscono nuovi grattaceli che servono solo all’altissima borghesia, per la gente normale si costruiscono nuovi quartieri da sogno in periferia, dimenticandosi di bonificare le aree su cui vengono costruiti e sui quali prima sorgevano discariche o impianti chimici e così facendo regalando oltre al sogno di una casa nel verde oggi anche la certezza di un cancro domani.
In questo clima davvero apocalittico Donna Letizia (Moratti) non si degna di presentarsi in consiglio comunale se non per sporadiche comparsate senza senso, non si prendono decisioni serie da anni lasciando tutto all’intraprendenza, talvolta criminale, di assessori e consiglieri di maggioranza.
Qui, in quella che viene ormai definita l’università della Mafia (perché tutti i capi delle cosche di tutte le sigle mafiose hanno i loro fiduciari diretti in qualche ufficio del centro), il comune decide di non far mai partire, unico comune in Italia, una commissione comunale antimafia, con la motivazione che: “il problema non sussiste e che una commissione incuterebbe timore e allarme nei cittadini”, una motivazione che sembra un po’ quel ritornello di certi esponenti democristiani siciliani negli anni ’60: “Vede, in Sicilia ci sono tanti banditi, ma mi lasci dire, la mafia che cos’è? È una bella invenzione di voi giornalisti, la mafia non esiste”.

Questa Milano ha scelto Pisapia, per molti motivi, primo tra tutti perché è un uomo Onesto, e lo si può dire, perché è un uomo che conosce la città e che fa politica in questa città non da ieri ma da sempre.
Perché è uno che ha difeso i poveracci senza soldi, contro i soliti noti, quindi contro la Milano che conta, quella che Paga e quindi pretende di non essere disturbata.

Eppure siamo alle solite. Oggi i vertici del PD si dimettono in massa perché il loro candidato (l’archistar Stefano Boeri) non ha vinto.
Oggi sentivo qualcuno dire: “Se volevano fare vincere Boeri perché hanno fatto le primarie, lo indicavano come il loro candidato e la smentiamo con le pagliacciate”.
Che mossa stupida, che mancanza di sensibilità anche nei confronti degli elettori.
Come dire: “Visto che avete votato sbagliato, ora abbandoniamo la nave, vi lasciamo soli contro la macchina organizzativa del PdL. In modo che se dovesse vincere la Moratti di nuovo potremmo dire che abbiamo perso ma per colpa della sinistra”
Ha votato Milano, e Milano ha scelto, il PD la vuole abbandonare?

Voci tremende corrono per i corridoi dei giornali da qualche giorno, se avesse vinto Pisapia allora il PD avrebbe potuto schierarsi con FLI, UdC e ApI e indicare come candidato Gabriele Albertini, ex berlusconiano di ferro ora con Fini per ovvi motivi di convenienza.
Speriamo che non sia così, speriamo che non si veda questa orrenda situazione profilarsi all’orizzonte perché sarebbe il tradimento delle speranza di molti che nella coerenza del PD credono ancora e che sono disposti a perdonare molte delle stupidaggini che negli anni, i quadri del partito, hanno fatto.

Potrebbe essere l’inizio della primavera, perché Milano è stanca, non ne può più e vuole voltare pagina.
Potrebbe essere se lo vogliamo veramente.

sabato 13 novembre 2010

PRIORITA' PRIVATE (soldi alle scuole purché non di stato)


Di notte si muovono i ladri, di notte si compiono crimini, di notte...
Forse perché metaforicamente l'Italia è oscurata da una notte continua che dura da troppi anni, forse perché certe cose è meglio farle ma non farle sapere, consapevoli del fatto che le notizie se dette il giorno dopo non sono più notizie, forse per questi o altri motivi, il governo ultimamente ha deciso di fare molti straordinari notturni.

L'aria di caduta muove le urgenze più viscerali dei potenti, questo si sa, e l'incombenza prima è quella di fare il bene dei grandi elettori, quelli che in tutto rappresentano meno del 1 per cento della popolazione italiana ma senza dei quali non si vincono le elezioni nemmeno per sbaglio.
Confindustria e il Vaticano.

Svegliati la mattina dal canto del gallo, leggiamo così, sulle pagine on line dei giornali che il governo ha magicamente trovato i fondi per le scuole private, non per i precari, non per le famiglie, non per i disoccupati, hanno trovato 254 milioni di euro per il finanziamento statale alle scuole private. più della metà dei 500 milioni che dovrebbero entrare nelle casse di tutte le università del paese, più dei fondi all'editoria che dovrebbero arrivare appena sotto i cento milioni ma che dovrebbero anche essere difficili da afferire, più dei soldi che vengono dati alle popolazioni colpite dalle alluvioni.
Certo è vero, le popolazioni colpite sono un peso, i giornali sono pericolosi, meno ce n'è meglio è, le università che si ostinano a sfornare quei disadattati sociali che passano sotto il nome di laureati, bamboccioni che passano la vita a studiare e poi pretendono anche di lavorare, poi, sono il vero cancro della nostra società, soprattutto se hanno una facoltà di giurisprudenza (che è un noto covo di maoisti che spingono i giovani verso la carriera di magistrato - comunista).

Mentre le scuole private, di ogni ordine e grado devono aver rispetto, perché è la vera classe dirigente che vi studia, che apprende quei valori che se sei figlio di un operaio e non hai i soldi per entrarci, non possiedi geneticamente.

Insomma che vogliono questi bifolchi e questi operai, già tanto che hanno diritto di cittadinanza e di voto.

Sono sempre molto incuriosito da queste notizie, primo perché visto che sono costretti a fare queste modifiche a tarda notte probabilmente si accorgono delle stupidità della cosa, secondo perché sono colpito dal fatto che i precari della scuola sono arrivati allo sciopero della fame pur di aver visibilità e fare difendere i propri diritti mentre pare sia bastato un articolo di Avvenire (mi pare pubblicato la settimana scorsa) per far comprendere a Tremonti il valore della cultura: evidentemente con Dante non mi posso fare un panino ma con Santa Teresa sì, oppure il problema è che, visto che tra poco saremo tutti alla fame meglio tenere in salute la chiesa Cattolica che, si sa, amministra la maggior parte delle mense dei poveri.

venerdì 12 novembre 2010

QUANTO COSTA UN CROLLO


Mi spiace che qualcuno abbia ritenuto che la mia affermazione "sempre che non si affoghi tutti al prossimo diluvio" fosse un moto "razzista" nei confronti dei veneti, mi dispiace ma non torno assolutamente indietro nel sostenere quello che ho descritto nei post precedenti.
Destra e sinistra in Italia, negli ultimi anni, hanno colpevolmente trascurato ogni aspetto del territorio e della vita sociale del paese, da Nord a Sud e questo ha irrimediabilmente comportato un declino repentino di tutto il sistema che oggi, in particolare, sta chiedendo il conto.

Non ha alcuna importanza ora se il ministro Bondi darà o meno le dimissioni, o se sarà sfiduciato con i voti o con l'astensione dei finiani.
Il punto non è questo, il punto è che piuttosto di raccontarci idiozzie in televisione e di dire: "ma anche quando c'era l'altro ministro è crollato il tetto della domus aurea e nessuno ha detto niente" (che sembra la tipica ripicca dei bambini in stile: "ha cominciato prima lui..." ), ci dovrebbero spiegare cosa hanno fatto in 10 anni di sprechi, di commissariamenti e di leggi speciali per recepire finanziamenti europei

Secondo i dati raccolti oggi dall'Espresso a Pompei sono stati spesi: 80000 euro per una visita del Presidente del consiglio mai avvenuta nel 2008, 12000 euro per rimuovere dei pali della luce (19 in totale), 100 mila euro per potenziare l'illuminazione, 91000 euro per la ricerca musicale, 72000 euro erogati alla onlus romana CO2 crisis opportunity per i progetto Pompei viva, 72000 euro all'associazione Mecenate 90 (presidente onorario Gianni Letta, che è anche il testimone di nozze della presidentessa della società CO2 Crisis) per una ricerca di mercato sul pubblico, 724000 euro all'universita di Tor Vergata per non meglio definite ricerche per lo sviluppo di tecnologie sostenibili, strano soprattutto che il finanziamento sia stato erogato dal secondo Commissario straordinario Marcello Fiori, che proprio di tale università è stato docente del corso di "pianificazione degli interventi di sviluppo sostenibile del territorio" (ma guarda)

Certo non si può dire che Fiori sia stato uno stretto di manica visto che ha speso la bellezza di 1700 euro per la divisa del suo autista e 4000 euro per la parete attrezzata del suo ufficio (costo di una libreria IKEA 60/80 euro, magari non è chic ma ci si guadagnava).
Fiori poi è un genio della finanza creativa, alla faccia dei tagli, con lui la gestione commissariale passa da un costo complessivo di 200 mila euro a 800 mila euro più altri 2 milioni e 300 mila per stipendi di vari contratti a progetto di fiducia e adeguamenti vari di stipendio.

Nessuna voce va alla gestione ordinaria del patrimonio.

se a questo si aggiunge che il secondo crollo di Pompei è quello di un muro di cinta ristrutturato di recente, si capisce che anche la supervisione del lavoro corrente non è stata soddisfacente
Allora uno si dovrebbe chiedere a cosa serve il commissariamento.

se a posto di dire "io non c'entro, scrivo solo poesie" il ministro Bondi avesse detto in aula, "abbiamo denunciato alla magistratura competente i responsabili della gestione commissariale" avrebbe fatto un ottimo lavoro e si sarebbe dimostrato un ministro capace, ma non lo ha fatto... perché?

In Italia pochissime gestioni commissariali hanno nella storia risolto problemi, tuttavia hanno riempito le tasche a moltissimi esperti o presunti tali.

Se la malagestione del patrimonio ora chiede il conto, ci sarà qualcuno che andrà a chiedere il conto a questi signori? Non crediamo proprio, visto che il gioco piace a tutti e la storia si ripete a ogni catastrofe, evento o atto straordinario!

giovedì 11 novembre 2010

2000 piccoli stranieri… una sola Ruby


2000 piccoli stranieri… una sola Ruby

C’è un aspetto della vicenda della giovane Ruby su cui la maggior parte della stampa non ha sprecato nemmeno un puntino d’inchiostro.
La parte probabilmente che rende davvero odioso il comportamento della cricca del presidentissimo e dei lenoni accreditati (Mora, Fede, Minetti, e chissà quanti altri che non hanno avuto ancora l’opportunità di salire agli onori della cronaca).
Nessuno ha detto cos’è e che tutele giuridiche gode un minore straniero non accompagnato, quanti sono in Italia e come vengono trattati questi minori.
Forse perché è più interessante mettere in mostra le foto soft poro di una ragazzina, o forse perché bisogna cercare di non dare agli italiani l’idea della dimensione di un problema che esiste e che, per molti versi, è davvero angosciante.

Sulle vicende della notte in questura della giovane Ruby il questore non ha detto tutta la verità, Maroni non ha detto tutta la verità e nessuno ha potuto ribattere alle loro bugie perché nessuno si è degnato di andare a sapere cosa succede in questi casi.
L’impressione che ho avuto leggendo i giornali, soprattutto quelli che scusavano la leggerezza delle forze di polizia è che si pensi, che quei poliziotti si siano trovati di fronte a un evento eccezionale, mai capitato o comunque capitato molto di rado e che, complice l’inesperienza abbiano fatto una serie di errori di procedura, o di leggerezze che tutte unite hanno concorso al rilascio della giovane marocchina Karima (creduta la nipote di Mubarak).

Falso. Milano accoglie GIORNALMENTE decine e centinaia di minori stranieri non accompagnati e la polizia sa benissimo come comportarsi in questi casi.

Si è detto che la ragazza non aveva i documenti e quindi non si poteva procedere all’identificazione, e allora? Nessun minore straniero ha con se i documenti, una delle primissime incombenze delle comunità ai quali il giudice li affida è proprio procedere al rilascio di Passaporto e permesso di soggiorno presso i loro consolati. Proprio perché la minore era priva di documenti nessuno avrebbe dovuto procedere a un affidamento a qualcuno che non fosse parente (e anche qi sarebbe comunque da dimostrare).

Si è detto che nessuna comunità era disponibile ad accogliere la ragazza: altro falso, in città ci sono moltissime comunità per minori stranieri non accompagnati, le comunità sono così organizzate.
Esistono un numero variabile di posti di Pronto Intervento, da 5 a 20 e più, in ogni comunità. Quando un minore viene inviato in comunità la questura chiama tutti i pronti intervento e, accerta la disponibilità del posto letto, successivamente (a qualunque ora del giorno e della notte) accompagna il minore in comunità affidandolo a un educatore responsabile.
Nella mia esperienza lavorativa con i minori stranieri non è MAI successo che non ci fosse posto in nessuna delle comunità di Milano, e anche se così fosse, comunque si dovrebbe procedere a interpellare le altre comunità dell’hinterland. Nessun minore è stato mai affidato a uno sconosciuto per carenza di posti.

Sembra che il mondo dell’informazione per la prima volta abbia sentito parlare dei minori stranieri, e in effetti è proprio così.
Mi sembra orribile che sia così.
Negli anni ho raccolto storie orribili, quelle si meritorie di finire su un giornale, di ragazzini che si erano fatti il viaggio sdraiati nell’intercapedine di un camion frigorifero, oppure di ragazzi di 15 anni che avevano viaggiato su barche piene dei cadaveri dei loro connazionali, ragazzi violentati dai soldati libici nei luoghi di raccolta.

Questi ragazzi hanno affidato a noi educatori delle storie tremende, e quando vediamo Berlusconi andare a stringere la mano a Gheddafi, mentre parla di respingimenti, ci viene da vomitare.
Respingimenti significa che molti di questi ragazzini che sono anche loro, per legge come era Ruby fino a qualche giorno fa, verranno ammazzati nel deserto, moriranno di fame o di sete o saranno usati per il proprio sollazzo da qualche soldato Libico.

Non mi ricordo di aver sentito queste storie in Italia negli ultimi tempi, non mi ricordo di aver sentito qualche politico indignato di questo.
Non mi ricordo di aver sentito l’opposizione chiedere che il ministro venga a riferire in Aula per spiegare come mai la polizia trova a Milano decine di ragazzini di 12 anni che dormono sulle panchine dei parchi pubblici, e spesso, per fretta o perché ci sono altri 10 casi più urgenti, il primo pasto di quel dodicenne si consuma 20 ore dopo in comunità.

Ora non vorrei, che quando si parlerà di minori stranieri, a tutti verranno in mente tante piccole Ruby, perché non è così.

Perché la maggior parte di quei ragazzi tra i dodici e i quindici anni non appena imparano qualche parola di italiano chiedono una sola cosa: “quando posso cominciare a lavorare?”

Questo il premier non lo sa e a Lele Mora ed Emilio Fede non importa, così come non gli importa di molte altre cose!

USA E GETTA, storie di giovani lavoratori (1)


Vivere in un paese che non ti vuole.
La sensazione che molti giovani hanno dell’Italia è più o meno questa.
“Per quanto ti sbatterai ci sarà sempre qualcuno che ti fregherà il posto, se poi un lavoro te lo daranno, dovrai farlo con il massimo sforzo e il minimo risultato in termini di ritorno economico”, Mattia frequenta l’ultimo anno in Bocconi, gli mancano una manciata di esami e poi la tesi, la vuole fare sulla vertenza nello stabilimento FIAT di Pomigliano e sull’ipotesi di un nuovo contratto del settore auto.
“Poi mi ammazzerò per trovare un posticino in stage da qualche parte, se mi va bene, altrimenti si vedrà, mio padre non può mantenermi a vita”.

Ti vogliono qualificato e flessibile, così flessibile che tra poco perderai pure la tua forma umana e assumerai semplicemente quella di zerbino. Semplice e utile.

Ho cominciato dalla storia di Mattia che spera di trovare il lavoro della sua vita per raccontare la storia di S. (che mi chiede di non fare il suo nome e di non specificare dove lavora perché rischia grane se viene fuori che parla con me) che il lavoro lo ha trovato ma che sta male lo stesso.
Una storia che deve ancora cominciare e una che è già cominciata.
S fa un lavoro per il quale la città di Milano dovrebbe esserle grata.
Ovviamente non è così, anzi S. non sa quanto ancora resisterà prima di diventare matta.
Fa la maestra d’Asilo Nido, un lavoro per il quale ha studiato e per il quale ci si è laureata.
“Scienze dell’educazione, a fine mese quando arriva la busta paga di 840 euro per di più decurtata della quota sociale alla cooperativa mi viene da mollare tutto e mi sento pure una cretina ad aver perso tempo a studiare, mia sorella col diploma da ragioniera porta a casa 1400 euro, ha la 14° e tutti i dannatissimi diritti”.
Razionalizzare, esternalizzare, appaltare.
Questo genere di concetti sono diventati comuni in ogni angolo d’Italia, ma sono nati qui, a Milano.
Rendere l’amministrazione più leggera, questo è il fine ultimo delle giunte della “capitale economica d’Italia”.
Si appalta di tutto, anche perché quando lo si fa si possono sempre apportare delle piccole modifiche al servizio e la gente nemmeno si accorge.
Il sociale si è appaltato quasi per intero, si sono appaltati i servizi per il disagio, poi i servizi per gli adulti, le case di riposo e gli Asili Nido, tutto per migliorare il servizio e far “contente” le famiglie…

La torta degli asili nido è ghiottissima, perché è anche il modo per molte cooperative sociali con mire espansionistiche di entrare nella città e ingraziarsi i vari assessori e tecnici, …e poi costa poco.

Anche perché l’unica cosa che interessa davvero al comune, al di là delle stupidate sul miglioramento dei servizi, è risparmiare soldi sulla pelle dei cittadini.

Si comincia riducendo i costi legati agli stipendi: una lavoratrice comunale prende circa 1100 euro al mese e può arrivare fino a 1300, una lavoratrice di cooperativa 800 euro, chi se ne frega, tanto è una donna e avrà sicuramente un marito imprenditore che la mantiene, pensa il comune.
Qualcosa però bisogna aumentarlo, prima che qualcuno si accorga della fregatura… infatti si aumenta il Rapporto Numerico, se una educatrice “comunale” lavora con un massimo di 6 bambini a testa, nei nidi convenzionati si lavora con un numero di 8 per educatrice.
S. fa l’educatrice in una sezione di cui è anche l’unica lavoratrice, come se la cava?
“I bambini li devo cambiare quasi in batteria” ci dice: “via uno sotto l’altro, loro la prendono come un gioco, io un po’ meno soprattutto quando qualcuno è un po’ agitato”.
E se ci sono degli imprevisti?
“Se devo cambiare un bambino li porto tutti in bagno sperando che non ci si faccia male, non ti dico cosa succede se qualcuno riesce ad aprire la porta e scappa nel corridoio, devo chiamare in fretta l’ausiliaria sperando che non abbia altro da fare e corrergli dietro”
Ma quale tipo di lavoro educativo fai, domando: “Così, pensare di fare un lavoro di tipo educativo è difficile, si può dire che i bambini vengono guardati e nutriti, è assistenza non educazione”.

È rischioso? Si lo è, soprattutto per l’educatrice, perché se sbagli la colpa è solo tua, prima ti licenziano e poi ti lasciano da sola con il processo per negligenza che ti becchi sicuramente.
La cooperativa ne esce pulita perché i rapporti educativi sono “formalmente rispettati”.

Il rapporto 2010 sulle donne e il lavoro dell’ISTAT presentato ieri mattina (10/11/2010) dice che il 76% del lavoro familiare ricade sulle donne, asimmetria che è data dal fatto che una volta finito il lavoro la donna si trova con un altro lavoro a casa.
Per contro se si osserva la lista dei lavori classificati usuranti, ci sono pochissime professioni dove l’impiego femminile è preponderante: secondo la nostra legislatura (che raccoglie la definizione dell’OMS)
Sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee.

Un’educatrice di asilo nido lavora 6 ore più straordinari, deve fare moltissimo lavoro anche a casa (non retribuito ma essenziale per la continuità pedagogica), con un numero variabile di 8/10 bambini di età 0 – 3 anni, li deve cambiare, deve giocare con loro deve accudirli (“impiego psicofisico particolarmente intenso”…).
I bambini piangono strillano e non sono controllabili: “Quando torno a casa il mio ragazzo e i miei mi dicono di non urlare, in realtà non me ne accorgo più, inoltre spesso quando c’è troppo silenzio intorno a me sento le urla dei bambini ancora nelle orecchie”
La tensione nervosa spesso è impressionante, alcuni bambini si mettono in situazioni pericolose in pochi secondi: “Ci sono notti in cui mi sveglio e urlo ‘prendi il bambino’ o cose del genere, mi sogno che un bimbo cada da un balcone o che picchi la testa contro uno spigolo, è tremendo” (…”e continuativo”…).
Guardando contemporaneamente 8 bambini spesso qualcosa sfugge: “qualche tempo fa mentre prendevo in braccio un bambino che aveva riempito i pannolino, un altro si è tirato addosso una seggiolina di legno del tavolo, per fortuna a parte la paura non si è fatto nulla, ma comunque non avrei potuto fare ugualmente niente a meno di non lanciare per terra l’altro bambino” (…”condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee”)

Ovviamente un lavoro di questo tipo porta con se una serie di malattie professionali quali:
patologie agli arti e alla colonna vertebrale, una educatrice di nido procede a una media di 25/30 cambi al giorno e non tutte hanno il fisico di un camionista bergamasco, a questo si deve aggiungere il sollevamento dei bambini per altre decine di altri motivi.

Patologie legate all’apparato uditivo, si registra un calo significativo delle competenze uditive dopo i primi 5 anni di lavoro, una donna che fa questo lavoro per 35 anni rischia la sordità!

Patologie nervose: sono moltissimi i casi riscontrati di patologie invalidanti a carico del sistema nervoso.

Vivere in un ambiente altamente rumoroso e imprevedibile con una serie di possibili eventi che potrebbero accadere senza che tu ne abbia alcun controllo è terribile.

Ma ovviamente sono donne che lavorano, a chi volete che importi.
Magari domani S. non potrà più lavorare, sarà giudicata inabile al lavoro e non avrà diritto nemmeno a vedersi riconosciuta una pensione di invalidità per danni arrecati dalla sua professione.
È sui giovani lavoratori, soprattutto sulle donne, che lo stato sta costruendo il proprio futuro, quanto si dovrà attendere per avere anche la considerazione dei diritti?

(per la stesura di questo articolo mi sono avvalso della consulenza di Carmela Lucaselli che ringrazio sentitamente)

mercoledì 10 novembre 2010

IL BEL PAESE... SOTT'ACQUA


“L’Italia è un paese povero di materie prime ma ricco di fonti energetiche come il sole e l’acqua”, questo è l’incipit del primo capitolo del mio sussidiario di 4° elementare.
L’unico vero mezzo di unità che in Italia si sia mai adottato: il sussidiario.

Quando questa mattina ho letto che il Sele e tutta una serie di torrenti nell’agro salernitano hanno rotto gli argini provocando 300 sfollati (che si aggiungono ai 3000 veneti, e a tutti quelli che hanno dovuto abbandonare le case nella zona della Versilia e del ponente ligure), coltivazioni distrutte, animali morti a migliaia e sono andato in cantina a ritirarlo fuori dallo scatolone dei ricordi delle scuole elementari.

Oggi forse un accurato estensore dovrebbe scrivere come incipit: “l’Italia è un Paese povero di materie prime ma ricco di dissesto idrogeologico”.

In realtà tutto è avvenuto per un motivo molto semplice. Il bene più prezioso della nostra bella patria non è l’ingegno come volevano i patrioti, e nemmeno le fonti rinnovabili, o le donne dell’harem di Berlusconi.
Da nord a sud il bene più prezioso d’Italia è il calcestruzzo.

Leggo dal Corriere della Sera che alcuni a Vicenza lamentano che l’invaso più capiente per il contenimento delle acque reflue di piena non è servito questa volta per il semplice motivo che dentro ci hanno costruito l’ampliamento della base Dal Molin. Non dubito che, una volta arrivati i soldi dal ministero (che prima o poi arriveranno, quasi sicuramente sotto elezioni), si costruiranno nuove vasche e nuovi invasi, probabilmente espropriando il terreno di qualche contadino che potrà sbraitare finché vuole ma tanto non lo sente nessuno.

Il primo problema d’Italia che sta sotto gli occhi di tutti e che nessuno vuole vedere, è il consumo di suolo. Qualche anno fa mi trovai a spiegare a un gruppo di ragazzi della zona di Milano che un territorio dove non si è costruito nulla non è “inutile”, e mi stupivo del fatto che questa semplice constatazione fosse loro ignota.
Sono stato contento di aver trovato lo stesso esempio che feci loro l’altro giorno su un giornale: “Se si versa acqua in un vaso da fiori, per quanta sia l’acqua la terra la drena e la fa scivolare via, se la si versa su un tavolo di marmo, l’acqua resta lì”

Girare l’Italia a nord a sud significa più o meno vedere il risultato di questo piccolo esempio.
Milano zona Loreto: 305 parcheggi (poi diventati 322) sotterranei non possono essere consegnati in tempo ai cittadini, che hanno speso 18 o 22.000 euro per ogni parcheggio.
Perché? Semplice i parcheggi si allagano. La falda acquifera di Milano sta proprio lì sotto e come sempre d’inverno si alza troppo (anche perché negli anni si è diminuito il consumo industriale delle acque) portandosi dietro un sacco di disservizi, lo sapevano tutti, succeda da 20 anni, ma hanno costruito lo stesso.

Roma: la protezione civile decide di costruire la propria nuova sede centrale in un’area dichiarata 1 (altamente a rischio) nel caso di esondazione dei fiumi Tevere e Aniene. In parole povere se dovesse esserci un’alluvione a Roma il primo edificio a finire sott’acqua sarebbe la sede della protezione civile. In più la città si sta espandendo nei terreni dell’agro romano che per millenni sono stati la cornice naturale dell’Urbe. In caso di alluvioni i fiumi ora troveranno i nuovi quartieri di Roma da allagare e non più la placida campagna della capitale.

Veneto: tutto ormai è un susseguirsi continuo di case, capannoni, show room, capannoni, case… il consumo di suolo in Veneto lo si percepisce su qualunque statale ma nessuno vuole ammettere che esista, se lo chiedi ai sindaci delle città ti dicono che c’è ancora tanta di quella campagna che ci si può perdere. Intanto però l’aeroporto di Treviso è costruito proprio sulla falda acquifera di Quinto.

Marche: qui lo spreco di suolo si fa paradossale, visto che ormai la costa è una sola lingua di cemento fatta di palazzoni, alberghi e residence turistici che vista dall’alto sembra la periferia di Bucarest ai tempi di Ceauşescu, i costruttori decidono di fare il grande passo, invadere l’entroterra di graziosi agglomerati urbani dal fantasioso nome di “Vita verde” “Azzurra quiete”. Neoquartieri fatti sventrando colline e cementificando decine di ettari di campagna… con l’aggravante dell’ecosestenibilità (intere colline coperte di cemento).
Con il risultato che alla prima pioggia le colline fatte di argilla franano letteralmente sulle strade e nelle case rendendo alcune strade di valle impraticabili.
Questo è l’esempio del costruire per costruire. Si distrugge un territorio ma nessuno è interessato ad acquistare case che sono ubicate in luoghi lontani dai servizi e spesso paesaggisticamente nemmeno esaltanti. Ma i costruttori pensano che intanto si comincia a costruire violando un costume e distruggendo una situazione poi si vedrà.
Intanto gli stranieri, che sono più furbi, comprano le vecchie case rurali e le ristrutturano vendendole poi a peso d’oro e rendendo il mercato ancora più incasinato.

Puglia: Se si gira per la Puglia con un minimo di spirito critico vien voglia di piangere, l’abuso edilizio è praticamente ovunque, interi paesi sono completamente abusivi, le “case a mare” vengono costruite spesso su terreni agricoli aspettando la sanatoria che poi spesso manco si adempie, che tanto nessuno se ne accorge.
Nel Salento ho visto costruzioni costruite addirittura sulla spiaggia con tutto quello che consegue nel momento in cui ci dovessero essere problemi di alluvione.
Molte case, essendo abusive e non avendo alcun allacciamento alla fogna scaricano i loro detriti direttamente in mare….

Si potrebbe andare avanti per ore fino a scriverci un libro (che tra l’altro esiste gia), ma sarebbe inutile.
Perché nessuno spiega alla gente che per abitare non è necessario ricostruire è molto più semplice e meno dispendioso riqualificare.
A Milano interi quartieri si spopolano, decine di case popolari sono vuote o abitate abusivamente perché il comune non le assegna, ma vengono costruite nuove case ovunque ci sia un praticello da scavare. E dire che a ristrutturare una casa si spende fino al 60% in meno che a costruirne di nuove, ma l’edilizia convenzionala è una manna per i costruttori e nessuno parla, anche perché se lo si fa si rischiano di perdere le elezioni.

Oltre al danno ambientale ci sarebbe poi da considerare il danno patrimoniale, perché sono pochissimi i costruttori che costruiscono vicino ad un fiume e pensano anche ad alzare gli argini del medesimo (se non c’è obbligo da parte del comune), così alla prima piena invernale il fiume non allaga più i campi arati bensì i nuovi palazzi dotati di ogni confort e di lì a poco sarà il comune (con le nostre tasse) a dover rimettere in ordine e ad alzare gli argini del fiume che andrà semplicemente a fare danni pochi chilometri più a valle e a portare una bella serie di casini perché qualunque idraulico ti sa dire che l’acqua incanalata in modo forzato aumenta la sua velocità, quando quindi straripa non crea allagamenti ma vere e proprie catastrofi ambientali.

martedì 9 novembre 2010

I FIORI DELLA STUPIDITA'


Il simbolo della lega è rappresentato da un cerchio con all’interno il “sole delle alpi” rappresentato da sei petali disposti all’interno di un secondo cerchio e altresì dalla figura di Alberto da Giussano, così come rappresentato nel monumento di Legnano

Così recita lo statuto della lega al punto 3, non è un documento segreto basta cercare in rete e lo si trova tranquillamente.
Lo dico perché probabilmente il sindaco Oscar Lancini, primo cittadino di Adro deve pensare che l’esistenza del 3 punto dello statuto del suo partito sia coperta da un qualche segreto militare, oppure da una maledizione druidica, non so e che quindi, nessuno possa andare a dare una controllata.

Dopo aver ricoperto le scuole del suo paese con il mitico Sole delle alpi infatti, il beneamato è tornato ieri alla carica facendo votare alla sua giunta monocolore (verde Lega, ad Adro pure il PdL è all’opposizione) un ordine del giorno per modificare il gonfalone della città inserendovi il sole delle alpi (come da statuto leghista)

Ora, su questa storia dei simboli leghisti si sono dette montagne di idiozie una più grossa dell’altra e credo che sia arrivato il momento di fare un po’ di piazza pulita.

Prima idiozia del signor Lancini, alla quale avrebbero dovuto rispondere un coro di pernacchie, peccato, una buona occasione sprecata: “Il sole delle alpi è un antichissimo simbolo delle montagne lombarde soprattutto in questa zona, quindi è un simbolo di appartenenza territoriale già utilizzato dai nostri avi”.
Il simbolo per eccellenza della Lombardia (soprattutto in quella zona) semmai è la rosa camuna, una figura geometrica a quattro lobi in effetti presente proprio nel simbolo ufficiale della regione, nel gonfalone e nella bandiera

Di simboli di questo tipo ne sono stati trovati più di 300000 in tutte le alpi lombarde e con buona probabilità doveva essere il simbolo nel quale si riconoscevano i popoli neolitici lombardi.

Il sole delle alpi invece, secondo wikipedia: (anche: rosa dei pastori, rosa carolingia; più raramente rosa celtica, stella fiore, stella rosetta, fiore a sei petali, fiore delle Alpi[1]) è una figura geometrica composta da cerchi multipli sovrapposti e composti in una simmetria esagonale, a formare una figura simile ad un fiore. Il centro di ogni cerchio è posto sulla circonferenza di sei cerchi sovrapposti dello stesso diametro. La figura può essere costruita a mano con l'ausilio di un compasso-
La denominazione di Sole delle Alpi ha preso piede in Italia negli anni anni novanta, a partire dagli studi di ricerca di alcuni intellettuali, quali Gilberto Oneto. In altre lingue, la traduzione ha solitamente il significato di fiore della vita.
Il fiore a sei petali si trova rappresentato in diverse parti del mondo con differenti significati. Sue rappresentazioni si trovano in edifici, oggetti d'arte (in legno, bronzo, vetro) e manoscritti di numerosissime culture:
Assiria Egitto - Ungheria – Carpazia, Israele - Masada Cina - La Città proibita e altri templi, Giappone -Diversi templi,
India Presso l'Harimandir Sahib (Tempio d'Oro), Hampi, e i templi di Ajanta, Bulgaria - L'antica città di Preslav e i ruderi di Kabile. Turchia - Diversi siti di epoca romana. Spagna Austria, Italia - Presente nell'arte di tutta la penisola italiana dal VII secolo a.C. Marocco ,Libano, Perù, Messico.

Noi ci abbiamo pensato solo nel VII secolo, cioè dopo la caduta romana e dopo l’invasione dei Carolingi durante il regno di Carlo Martello (non sarà mica che in Italia lo hanno portato i franchi?)
Non c’è che dire, proprio un simbolo di identità padana!

Per il momento non mi metto a polemizzare sul secondo simbolo della Lega dico solo che la statua che i signori pretendono di chiamare Alberto da Giussano in realtà si chiama semplicemente il Guerriero di Legnano. Fu nientemeno che Garibaldi nel 1862 a suggerire ai legnanesi di erigere un monumento alla battaglia di Legnano come momento di affermazione dell’unità e dell’amore per l’Italia tutta.

Seconda idiozia di Lancini: "La democrazia cristiana e il partito comunista hanno riempito di simboli del loro partito mezza Italia": Anche questo è falso, l’ultimo partito che si ricordi prima della lega, ad aver messo i propri simboli su scuole, università ospedali, monumenti e stadi di calcio fu il mai compianto PNF (Partito Nazional Fascista) a meno che non si ritenga che la bandiera d’Italia o la croce o che so io siano simboli di partito.

La cosa ridicola è che nel tentativo di giustificare questa castronata galattica Libero e la Padania hanno sguinzagliato i propri giornalisti in giro per l’Italia alla ricerca di un simbolo di partito vicino a una scuola o a un edificio pubblico.
Finalmente lo hanno trovato a Livorno, una tremenda Bandiera Rossa con tanto di targa di marmo si stagliava a “meno di cento metri dall’ingresso di un asilo” (sic).
Poveracci, nemmeno si sono accorti che la bandiera e la targa di marmo all’ingresso del palazzo in cui in effetti sorge ora un asilo (ma dall’altra parte dell’isolato i bambini non lo possono vedere entrando), commemora il luogo in cui fu fondato il Partito Comunista nel 1921.

Questa è la gente che si appresta a governare il Nord (se non affonda prima durante la prossima alluvione!)

LA RETORICA DELLA LEGA, PUNTO PER PUNTO



Dopo l’alluvione veneta, la prima alluvione cancellata dai media nazionali per volere dei padroni, ho sentito parecchie voci di perplessità sia nel mondo di tutti i giorni sia nel dorato sopramondo della cultura e del giornalismo.

“Ma come?” ci si domanda dall’Olimpo della comunicazione globale, dove tutto si sa: “Gli argini non hanno retto, gli invasi di riempimento non si sono riempiti, ma non siamo nel moderno nerd est delle Lega Nord, dove tutto splende e dove non c’è spazio per il malessere, tanto che ci sono comuni che danno residenza solo a chi ha un reddito dimostrabile sopra i 12000 euro annui?”

La Lega è come gli argini del fiume Bacchiglione, alla prima pioggia un po’ più forte si sgretola e crea solo danni.
Peccato che nessuno se n’ era accorto prima, e, c’è da credere, nessuno se ne vorrà accorgere dopo e chiedere il conto.

Se gli intellettuali o i giornalisti avessero fatto il proprio dovere fino infondo avrebbero dovuto scoprire le carte della Lega già da anni e demolire il suo castello prima che il virus dell’intolleranza razziale e dell’ignoranza fatta passare per cultura popolare diventasse egemone in Italia (non solo a nord).

Mettiamo dei punti fermi a cosa la Lega nord NON è ,e per farlo andiamo a osservare i luoghi comuni che ogni buon leghista o simpatizzante tale dice del suo partito:

1. La lega è un movimento nato fra la gente della Lombardia stufa di vedere come i meridionali e gente venuta da fuori rubava posti di lavoro al nord: la Lega nasce a Varese nei tumultuosi anni 80 dalla mente di Umberto Bossi e, soprattutto di Gianfranco miglio (che quando abbandonò il movimento ebbe a dire all’ex compagno di partito “se non ci fossi stato io tu saresti solo un ubriacone da osteria”). Non ne fanno parte, almeno inizialmente popolani scontenti, ma piuttosto liberi professionisti e personaggi prossimali a tutti i movimenti politici che, non riuscendo a trovare spazio nei grandi partiti di massa hanno bisogno di trovare nuovi (o vecchi) slogan per inserirsi in un mondo a loro precluso. Siamo nel bel mezzo di quel sistema politico e di potere che poi verrà chiamato Tangentopoli, dove se non riesci a entrare nelle stanze del potere a Milano e in Lombardia per dirla con Paolo Pillitteri (ultimo sindaco socialista di Milano):“Non vali un cazzo”. I leghisti scelgono di cavalcare una tigre mai tramontata nel nord e nel milanese, il sarcasmo per i meridionali.
Negli anni sessanta e settanta quel genere di sarcasmo aveva portato a moment antipatici di vero e proprio razzismo ma nessuna compagine politica aveva mai dato corpo alle intemperanze razziali del lombardo medio la lega lo fece.

2. La Lega è sempre stato un partito magari sopra le righe nelle affermazioni ma onesto e al di fuori delle beghe del potere: falso, i primi processi alla Lega non riguardano le amene prese di posizione sulla bandiera o sulla secessione (che di per se sarebbero un reato costituzionale ma nel mondo a testa in giù sembra che certi reati non valgano niente), errore, la prima condanna a 8 mesi in via definitiva con sospensione della pena è da fare risalire alle dichiarazioni rese dal senatur in data 5 gennaio 1994 alla corte di assise di Milano per la maxi tangente Enimont. La Lega degli onestuomini del nord si era beccata 200 milioni di lire per ungere le ruote ai maneggi di Gradini e soci.
E’ cosa curiosa notare che proprio il giorno dopo, il 6 gennaio 1994, Berlusconi dichiara la sua “discesa in campo” subito seguito dai leghisti che avevano finalmente trovato un cavallo su cui saltare per giustificare i loro maneggi.

3. Dove è andata a governare la Lega prima c’era lo sfacelo poi è arrivato il buon governo e la buona gestione della cosa pubblica: altro falso storico, in realtà la Lega ha sempre ereditato amministrazioni comunali ben governate del centro nord, normalmente infatti per prendere il potere ha bisogno di inventare pretesti belli e buoni come l’invasione di extracomunitari (l’ho visto fare in paeselli del lecchese dove magari gli extracomunitari ammontano a 2 famiglie con figli), oppure la legalità, i mussulmani, i Rom, rammento un cartellone autoprodotto per la zona dell’alta brianza con la foto della preghiera del venerdì alla Mecca e sotto la scritta no moschee qui da noi, non c’erano moschee in programma ma fa lo stesso per loro. È improbabile che riescano ad attaccarsi al malgoverno o a cose del genere perché di fatto questo malgoverno non c’è mai, anche perché normalmente diventano egemoni in piccoli e piccolissimi centri e città di medie dimensioni dove difficilmente si possono fare grandi maneggi di capitale.
Tra l’altro il caso Veneto dimora su larga scala come lavorano i Leghisti, ché se è vero che fino a poco fa la regione era governata da Galan (PdL) è pur vero che la quasi totalità delle province e dei comuni è governata da loro quindi non si capisce su che materassi abbiano dormito fino ad oggi, anche se adesso chiedono i soldi a Roma Ladrona e minacciano lo sciopero delle tasse (dimenticandosi di essere la maggioranza in Veneto come in Italia e che quindi si minacciano da soli).

4. La lega difende le tradizioni e le culture dei popoli padani: falso anche questo, la Lega negli anni ha più che altro inventato mitologie parallele che con le culture lombarde non c’entrano proprio niente, che oggi vadano a difendere la cristianità (dando del mussulmano al Cardinale di Milano) è un puro esercizio di accattonaggio voti. Bossi, Castelli come Calderoli e molti altri papaveri della Lega sono sposati con rito Druidico, come ci ricorda questa bellissima pagina del corriere del 21/091998
Atmosfera d'altri tempi per il matrimonio del segretario della Lega lombarda Roberto Calderoli con Sabina Negri, sorella del suo predecessore.
Un rito celtico per le prime nozze padane. L'ex sindaco Formentini in versione druido offre sidro agli sposi e il senatur al pianoforte intona "Va' pensiero".
- Il druido Formentini ha qualche incertezza tipica dei debuttanti: chiama "vino" il sidro e "Sabino" la sposa. Ma per il resto fila tutto liscio e la prima, anzi unica, coppia legittima della Padania Libera celebra in dieci minuti le sue nozze celtiche in mostarda cremonese. Lui e' Roberto Calderoli, segretario nazionale della Lega Lombarda. Lei e' Sabina Negri, sorella del precedente segretario, spodestato tre anni fa dallo sposo. Una cupa e perfetta saga nordica che ha comportato l'esclusione del cognato Luigi dai festeggiamenti nel castello che fu degli Affaitati, gli antichi sponsor di Carlo V nelle guerre di Fiandra, e che ora appartiene ai piu' pragmatici signori Vialli, genitori dell'ex attaccante juventino e attuale allenatore del Chelsea.
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Inoltre è risaputo che di cultura lombarda non sanno proprio nulla, considerando che sono andati in Svizzera a fare le loro mascherate sotto la casa di Carlo Cattaneo al grido di “Contro l’Italia corrotta e massona noi proponiamo Carlo Cattaneo” che, purtroppo per loro era massone.

5. La lega è contro la casta e contro il potere di vecchio stampo vuole uno stato più federale e leggero: preferisce probabilmente quello di antico lignaggio, considerando che nella Lega si fa strada solo chi è figlio di un leghista o si sposa con un leghista o è consanguineo di un leghista.
Un esempio: la lega sbraita per il concorso “truccato” per i notai a Roma, ma chi ha memoria un po’ più lunga si dovrebbe ricordare che a Brescia accadde pure di peggio l’autunno scorso come si legge dall’articolo di Bresciapoint dell’8/09/10
IL CONCORSO (che si tratti di Miss Padania?)
La storia che Tempo Moderno ha scelto per la seconda della sua “escursione” riguarda una materia, per il vero, non del tutto nuova: si tratta di un concorso articolato su prove scritte e orali, per l’assunzione di otto istruttori amministrativi (qualcosa di simile all’impiegato di concetto, per capirsi) bandito dall’Amministrazione provinciale di Brescia alla fine del 2008.
Della cosa si sono già occupate le cronache allorché furono resi noti i risultati della prova scritta, nell’autunno scorso; oggi, però, non pare superfluo circostanziare un poco i fatti.
Il punto è questo: al concorso vengono avanzate oltre 700 candidature, e si presentano alle prove circa 240 candidati. La graduatoria, all’esito degli scritti, vedeva, tra i primi 14 classificati, ben 7 candidate riconducibili a fede o frequentazione leghista più o meno marcata. Dopo l’orale, il destino delle stesse 14 persone è piuttosto singolare: ci sono candidati non “leghisti” che scompaiono dalla graduatoria, nonostante il voto altissimo allo scritto, e ci sono candidate “leghiste” che, dopo aver meritato punteggi lusinghieri (in un caso addirittura il massimo) allo scritto, all’esame orale conseguono votazioni appena sufficienti.
Il risultato di tutto ciò, è che la graduatoria finale vede sette candidate “leghiste” nelle prime dieci posizioni.
Chi sono? Ecco i nomi, in ordine di classifica, e le relazioni “leghiste” attribuibili a ciascuna di loro.
VITALI Cristina, simpatizzante leghista dell’area dell’assessore provinciale Aristide Peli, beneficiaria di un contratto ad personam presso l’assessorato provinciale alle attività produttive, retto dal collega di partito Giorgio Bontempi. Dopo un brillante voto agli scritti (28,67) all’orale rimedia un dignitoso 25 che la pone prima in graduatoria.
PONZONI Anna, altra simpatizzante leghista dell’area dell’assessore provinciale Aristide Peli, anch’essa beneficiaria di un contratto ad personam sempre presso l’assessorato provinciale alle attività produttive dell’assessore leghista Giorgio Bontempi. A un buon 27 allo scritto non ha corrisposto analoga valutazione dopo l’orale: un 25 che le assicura, comunque, il terzo posto in graduatoria.
ARCARI Cristina, accreditata di simpatie e frequentazioni leghiste, che le hanno permesso di lavorare, in passato, per l’azienda provinciale della formazione professionale e, attualmente, per il broker assicurativo che cura le polizze dell’Amministrazione provinciale. Quanto ai suoi voti, allo scritto porta a casa il massimo, un bel 30; quando si sottopone alla prova orale, però, la sua preparazione viene valutata ai minimi, e le viene assegnato un 21; con la media dei due voti si piazza al quarto posto.
RAINERI Silvia , è una donna della cui fede leghista non si può dubitare: moglie di Fabio Rolfi, vicesindaco nonchè assessore leghista di polizia (e altro) del Comune di Brescia, è capogruppo della Lega nel Consiglio Comunale di Concesio, ma anche capogruppo leghista alla circoscrizione Nord del Comune di Brescia e coordinatrice della commissione sicurezza civica e bilancio. I suoi voti sono identici a quelli della Sig.ra Arcari, con la quale condivide il piazzamento: pirotecnico 30 agli scritti e fumoso 21 agli orali.
PELI Katia, un’altra concorrente la cui appartenenza è, come dire, nel sangue: nipote dell’assessore leghista provinciale Aristide Peli, è stata assunta fin dal 2004 dall’Amministrazione provinciale come portaborse dello zio. Ora concorre per il posto fisso. Ancora una volta, lo scritto (27) è assai più brillante dell’orale (24); il tutto le vale il sesto posto in graduatoria.
GRUMI Sara; dal capo assoluto in giù, si può ben dire che nella Lega Nord il sangue non è acqua (che pure è l’elemento in cui nuota la trota): infatti, la giovane signora Grumi è figlia di Guido Grumi, da Gavardo, candidato della Lega Nord alle recenti elezioni regionali e, certo casualmente, è attualmente assegnataria di un incarico a termine di collaborazione con l’Amministrazione provinciale. Evidentemente, l’aspirazione al posto fisso nella pubblica amministrazione non è appannaggio esclusivo dei terroni. Allo scritto, un bel 28; all’orale un men che mediocre 22. La media, comunque, assicura un utile ottavo posto.
FEBBRARI Margherita, un nome già salito agli onori delle cronache quando, con provvedimento che non è andato esente da critiche, il Comune di Brescia le ha conferito un incarico di consulenza in materia di sicurezza urbana, a fronte della sua brillante esperienza sia come giornalista della Padania che come portaborse dell’On.le Caparini, della Lega Nord. Anche questa candidata riesce molto meglio allo scritto che all’orale: infatti, al brillante 28 della prima prova segue un misero 21 della seconda, e la media dei due risultati la relega al decimo posto, appena fuori dal novero delle destinate all’assunzione.
Non è poi un segreto per nessuno che la Lega si sia strenuamente battuta per non fare abolire le province considerate da moltissimi enti inutili ma che per il partito di Bossi sono una delle maggiori fonti di reddito e come si è capito Pecunia non olet.

L’elenco potrebbe essere infinito ma tanto credo che sia inutile continuare oltre, si sa tanto che tutte le controargomentazioni sarebbero inutili nello scontro con il leghista doc, perché come dice il Trota la Lega non è politica è Fede, già anche perché se fosse politica non si capisce lui che cosa ci starebbe a fare

lunedì 8 novembre 2010

DRAGHI E ANTIDRAGHI... una favoletta fantasy


"Le favole non servono ai bambini per dirgli che esistono i draghi, quello lo sanno già, le favole servono per insegnar loro come si sconfiggono i draghi"
Questa è senza dubbio la frase più bella che abbia sentito in molti anni sulla condizione dell'Italia e sul senso di fare il nostro mestiere di "narratori" oggi, qui e ora, nella nostra nazione.

Qui i draghi sono davvero tanti, ognuno metta i suoi, tanti e tutti spaventosamente veri, non ce ne sono che fanno ridere.

I draghi. Fin da bambino, quando leggevo le prime saghe fantasy mi affascinavano le storie dei draghi e dei signori dei Draghi.

Ora sono diventato più vecchio e ho capito che è tutto vero, o forse no.

Perché i miei draghi di bambino erano creature d'ombra e di notte, e forse lo sono anche i draghi della mia età adulta, quelli grandi e quelli piccoli che sono pure peggio dei grandi, perché fanno parte della fauna di tutti i giorni come i pesci rossi, i gatti e i cani.

Perché prima del Drago grande della mafia c'è il drago piccolo dell'affarismo e dell'opportunismo dei singoli

Prima del Drago grande dei palazzi che crollano c'è quello piccolo dell'opportunità ("mi faccio la stanza in più che male c'è, tanto poi condono")

Prima del Drago grande della disoccupazione, c'è quello piccolo del menefreghismo "se licenziano quello a me che me ne fotte, io c'ho tutto il diritto di rimanere dove sono"

Prima del Drago del razzismo, c'è quello del disinteresse verso l'altro che ci ha cacciati tutti chiusi in una casa bunker da cui usciamo solo lo stretto necessario, tanato la televisione ci dice tutto quello che dobbiamo sapere

Si potrebbe andare avanti per ore, ma poi arriva uno in gamba che mi ricorda il perché da bambino ho imparato a leggere le saghe fantasy.

Perché, per quanto draghi, mostri e creature del male fossero forti e cattivi, alla fine arrivava sempre un tizio, che suo malgrado, senza che si sentisse in grado di farlo riusciva a portare la luce.

Come noi che raccontiamo, nel nostro piccolo e in un piccolo angolo, ma è pur sempre luce...

QUATTO PASSI NEL TERRORE DI PROVINCIA


“Lei forse non lo sa ma mio figlio che è in politica me lo ha spiegato bene” mi dice la signora in fila dal dottore.
“Noi paghiamo le tasse e lo stato da agli zingari 1000 euro a testa al giorno”
Sorrido, lancio un’occhiata d’intesa alla ragazza che sta di fronte a me ad ascoltare la vecchia signora in fila dal medico come me e lei.
Ma la ragazza non ricambia l’occhiata e, anzi rincara la dose con la signora: “Si e poi stuprano e rapinano, e poi stanno qui in Italia e fanno la mafia”.
A questo punto è la signora che ha parlato per prima a correggere la ragazza: “Bhe no sa, la mafia, almeno quella, l’hanno inventata i terroni”.
La sala d’aspetto è piena, ci saranno almeno 15 persone, nessuno si sente di dissentire alle frasi delle due donne, forse perché non avrebbe senso o forse perché tutti, chi più chi meno condividono almeno una parte del discorso.

Anche questa è la Lombardia, quella dell’interland milanese, quella fatta a mano tra il 1950 e il 1970 da immigrati di ogni tipo, e adesso, quella tenuta insieme con lo sputo da un’economia che traballa per tutti.

L’immediata provincia milanese, quella della cintura esterna della metropoli, è lo specchio di tutto quello che non va più nel nostro paese, ma è anche lo specchio dell’angoscia della società moderna.

La provincia che va da Rho a Paderno, da Nerviano ad Arluno a San Giuliano a Peschiera Borromeo e che tutta insieme è grossa una volta e mezzo la metropoli, fatta di paesi e città che si susseguono senza soluzione di continuità, dove spesso la linea di confine è tracciata sull’ultimo campo coltivato tra una fila di palazzi e l'altra, che pare una no men’s land lasciata come monito a chi crede che si possa ancora soffocare di cemento la zona.
Negli anni qui sono stati scaricati tutti i problemi che Milano nella sua lungimiranza aveva deciso di non trattare.
Case popolari costruite per ospitare i mafiosi in domicilio coatto, campi nomadi messi proprio sulla linea di confine tra la Città e l’hinterland, e tanto abbandono culturale.
Questa era, negli anni settanta la cintura più rossa di Milano, socialisti e comunisti avevano spesso la maggioranza assoluta e ora è dominata dalle pulsioni leghiste e dalla paura.

Oggi fare due passi per i corridoi dei sindacati è anche fare i conti con le aziende che chiudono o che mettono metà delle maestranze in cassa integrazione, e parlare con la gente spesso significa discutere sui problemi dei figli disoccupati nonostante la laurea o di gente che spera di riuscire a pagare la prossima rata di affitto o mutuo perché senza preavviso ha perso il posto.

Non sono meravigliato dalle parole della signora che crede che ogni rom guadagni 365000 euro all’anno e ciononostante viva ancora in una roulotte e nemmeno da quelle della ragazza che non sa nemmeno che cosa sia la mafia.

La paura per il prossimo è il metodo che si usa normalmente per esorcizzare la paura per il proprio futuro, dare un volto e un nome all’ansia per cosa accadrà domani serve a circoscriverla nel tempo e nello spazio e, in fondo, a creare false aspettative con un orizzonte determinato: “Staremmo tutti meglio se non ci fossero LORO…”

La paura è un potentissimo mezzo di consenso globale, e la classe dirigente italiana ha capito perfettamente come impacchettarla e consegnarla alla gente.
Anni fa seguii personalmente la storia di Opera, piccolo paese dell’interland dove la Lega orchestrò il primo grande Pogrom italiano del XXI secolo con tanto di molotov lanciate nel campo nomadi e insulti e minacce ai volontari e operatori Caritas che andavano a fare il loro lavoro all’interno del campo… alla fine i nomadi se ne andarono nella notte, scortati dalla polizia: “Ho paura per i miei bambini, questi non sono più esseri umani, magari domani me li ammazzano” mi disse allora uno dei residenti nel campo (tra l’altro autorizzato proprio dal comune, dalla provincia, dalla regione, e dalla questura).
Il Pogrom non servì a rendere Opera un paese migliore, anzi, molti lo stigmatizzarono come l’esempio di come non si convive con il diverso e il prossimo.
Servì alla carriera del capopopolo (un oscuro consigliere comunale leghista ora è sindaco)

Resta da capire se ora, quelli che l'anno gonfiata per anni e che ci hanno guadagnato cariche e soldi, siano in grado di gestire tutta questa paura e frustrazione, si perché, alla fine, la signora anziana dal medico riesce finalmente a stupirmi e terrorizzarmi: “Perché mio figlio ha ragione sa… la Lega è un partito come tutti gli altri, una volta su cos’ ha fatto per divederci da quella gente lì?”
Domando allora, con un po’ di apprensione, a che partito appartiene questo fantomatico figlio luce degli occhi di mamma sua: “Forza Nuova!” risponde senza alcun timore “Anzi se le interessa le dico come si chiama e dove lo può trovare che sono già in tanti da queste parti e vogliono aprire un circolo o non so bene cosa”