sabato 8 dicembre 2012

LA VERIFICA DELLE PROFEZIE... il ritorno di B.


Ci sono profezie a cui non vorresti credere…
A dicembre del 2012 ce ne sono in particolare 2 che speravo di aver lasciato alle spalle e che, per essere sincero, cominciavo a dimenticarmi.
La prima è quella Maya sulla fine del mondo, la seconda, ancor più disgraziata è quella sul ritorno del “Caimona” in politica, cioè a far danni.
La seconda profezia, purtroppo, è mia.
Alle volte mi domando se piuttosto di azzeccarci sempre, quando si parla di B. non porto semplicemente sfiga.
Sarebbe più consolante da un certo punto di vista, basterebbe non pensarci, non scriverlo e certe cose non avverrebbero.
Giusto un anno fa, il 28 novembre del 2012, scrissi un pezzo dal nome Profezia, come B. tornerà al potere grazie al PD (http://generazioneavversa.blogspot.it/2011/11/profezia-come-berlusconi-tornera-al.html).
Tra le tante cose scrivevo: “Berlusconi ha in mano per l'ennesima volta il boccino del potere e per l'ennesima volta è stata la sinistra a darglielo in mano. Lo ha già detto a tutti (anche se la maggior parte di noi lo ha preso per il delirio di un arteriosclerotico), il governo durerà fintanto che lui non staccherà la spina. Lo farà all'incirca tra un anno in questo periodo. Lo farà non votando una delle tante leggi rigoriste che questo governo ci imporrà e nel farlo prenderà il plauso degli italiani esasperati dal governo dei tecnocrati per cui le persone non sono nulla se non freddi numeri di statistiche”.(28 novembre 2011)
Ricordo che mi sono arrivati alcuni commenti su facebook e via mail tra i quali vorrei citare quelli di un certo Red Heart che scrisse: “Se succede davvero ti trovo e ti ammazzo!!!!” e quello di un’amica che mi disse che potevo scordarmi di essere invitato al pranzo di Natale se una cosa del genere si fosse verificata.
Ok, a Natale mangio a casa.
Nella profezia di allora ci sono alcune imprecisioni dovute a corsi e ricorsi storici che non potevamo analizzare allora, si parla del riavvicinamento di Bossi al PdL, invece oggi non è Bossi che si riavvicina: è Maroni, ma la sostanza non cambia per nulla.
Allora non si poteva certo prevedere la resa dei conti tra gli dei padani fosse così rapida e fosse decisa da fattacci talmente ridicoli e indegni.
Allora non si poteva prevedere la variabile Grillo, che tuttavia, come molti fenomeni della turbo società nella quale viviamo si potrebbe concludere molto più in fretta di quanto pensiamo, potrebbe istituzionalizzarsi, deflagrare, assurgere al potere (ma ne dubito).
Quello che sappiamo è che, con il ritorno di Berlusconi alla ribalta, la situazione ritorna a bilanciarsi.
Il PdL senza di lui è un partitello ridicolo che potrebbe rivaleggiare con l’UdC ma il valore aggiunto della sua semplice presenza fa si che i numeri tornino in automatico intorno al 15% e più.
Con il Porcellum (che guarda caso non si è mai superato) si rischia la solita instabilità a Palazzo Madama e il solito dai e ridai che ci ricordiamo dagli ultimi anni di Prodi.
Intendiamoci, lo schieramento di centro sinistra non può perdere le elezioni, e nemmeno Berlusconi attualmente vorrebbe tornare a gestire la situazione, non oggi, non dopo che impronterà una campagna elettorale su temi come l’antieuropeismo, la lotta all’Euro e puttanate del genere.
Quello che verosimilmente può accadere è un quasi pareggio al Senato, dove tra l’altro la variabile grillina non è essenziale, il partito a 5 stelle non ha un radicamento forte nelle regioni, è un fenomeno cittadino, non si può collocare molto bene a Palazzo Madama.
Ci troveremmo quindi con una coalizione di centrosinistra impossibilitata a fare le leggi che contano per via del pressing berlusconiano e buona a dare idea di immobilismo, potrebbe durare per un aneto ma poi dovrebbe per forza cadere ridando forza al solito vecchio sdentato che ormai si sarebbe tolto il problema dei processi per altri due o tre anni.
Alla fine lo sappiamo tutti, a Berlusconi dell’Italia non interessa una benamata fava, a lui importa solo e soltanto la sicurezza sua e delle sue aziende quindi se anche deve crollare tutto a lui non tange.
Ultimo appunto per tutti quelli che dicevano che l’Italia avesse superato il berlusconismo.
L’Italia non ha ancora superato il fascismo e Mussolini è morto da sessantasette anni, come si fa a superare Berlusconi che è tutt’ora vivo e vegeto?
 

martedì 27 novembre 2012

ILVA ATTO FINALE...


Mi ricordo una frase di Marco Paolini che riguarda le Portaerei: “C’è un’età della vita in cui quando guardi una portaerei rimani fermo, immobile con la bocca spalancata,  pieno di ammirazione, non importa se poi diventerai pacifista o antimilitarista, c’è un’età in cui tutti davanti a una portaerei fanno così”.
Perché dentro alla portaerei infondo c’è l’incredibile capacità degli uomini, quella di produrre un oggetto gigantesco, che davvero rende giustizia alla parola “enorme”, perché dentro alla portaerei c’è l’ingegno, ci sono migliaia di computer, di persone che lavorano all’unisono… la portaerei.
Io forse sono stato un bambino sfortunato ma di portaerei non ne ho mai viste.
Però ho visto le fabbriche, e anche io da bambino restavo sempre a bocca aperta a contare.
Dalle mie parti in particolare ce n’erano due, c’era la Falck di Sesto san Giovanni e c’era la raffineria di Rho – Pero.
Quando andavo in giro per la provincia milanese, da piccolo, chiedevo sempre a mio padre di passarci vicino, e contavo.
Perché mi divertiva cominciare a fare la conta quando il muro di cinta esterno della fabbrica si profilava a lato del finestrino dell'auto e di smettere di contare quando non vedevo più nemmeno un silos o una ciminiera.
La fabbrica era la mia portaerei.
Pensavo alle migliaia di operai che ci lavoravano dentro, pensavo alla tecnologia che serviva per produrre (che nella mia testa di bambino coincideva sempre con computer a lucette lampeggianti e robot).
Una volta mi capitò di passare davanti alla raffineria di Pero quando avveniva il cambio turno e la scena me la ricordo ancora, gli operai che entravano e uscivano, le macchine gli autobus.
Sono cresciuto in una parte di Italia che ha deciso di eliminare le fabbriche un attimo prima che io potessi davvero pensare di andarci a lavorare, oggi alcuni amici della FIOM mi dicono che certe immagini poetiche non ce le avrei in testa se avessi fatto 10 anni su un altoforno.
Io mi tengo comunque strette le mie immagini infantili, mi servono ancora oggi come bilancia e come metro.
Come bilancia e metro della mia società, perché se oggi passo dove prima c’era la raffineria di Rho Pero con i suoi operai, ora ci trovo un polo fieristico, un grande, immenso polo fieristico.
Il più grande d’Europa, mi assicurano.
Al posto della Falck hanno fatto un centro commerciale e per il resto ci sono un sacco di macerie e di progetti multimiliardari, quelli che hanno inguaiato Penati e soci.
Non ci sono più gli operai, quelli del secondo turno che cedevano il posto a quelli del turno di notte, non ci sono più le file ai tornelli, e tutto, ma proprio tutto, va molto peggio.

L’ultima volta che sono rimasto davvero a bocca aperta nella vita è stato quando ho visto per la prima volta lo sky line di Taranto, di notte, le luci rossastre e il fumo pesante dell’ILVA.
L’ILVA non è una fabbrica, pensai vedendola, l’ILVA è una creatura vivente, una sorta di mostro mitologico.
Vedendo la fabbrica immediatamente ti assalgono quei lampi di timori ancestrali, quelle cose che l’uomo ha ricacciato nel buio dell’inconscio.
Troppo grande, troppo misterioso, troppo altro da noi per comprenderlo a pieno.
Qualcosa di così diverso dall'umano che per lei (per la fabbrica) la vita del singolo individuo che lavora nella sua pancia è nulla.
Ieri a freddo è arrivata la notizia che l’acciaieria, la più importante del Mediterraneo, chiude la produzione, mettendo in mezzo alla strada tutti gli operai.
I badge sono stati disattivati da questa mattina.
L’ultimo atto di arroganza del mostro, l’ultimo ruggito del drago.
La fabbrica è un essere vivente.
Gli operai pure!
Non sono intenzionati a finire così, mentre scrivo tutti sono rientrati, hanno violato i cancelli, hanno disobbedito a ordini imposti da gente che non sa nemmeno cosa vuol dire sudare il proprio stipendio per mantenere una famiglia.
Perché quella dell’ILVA è, soprattutto una storia di sopruso, una storia di uomini che muoiono e di altri che se ne fottono.
Perché lo sapevano tutti che l’ILVA era davvero come il drago delle favole, che uccide con il suo respiro infuocato.
Solo che non uccide con il fuoco, uccide con il piombo, il nichel, il cromo, il cadimio, l’antimonio.
Uccide con i suoi scarichi pestilenziali, lo fa da anni.
Lo sanno tutti, e nessuno ci ha mai fatto nulla.
Poi arrivano finalmente i giudici che fanno arresti con l’accusa di disastro ecologico ambientale, che chiudono gli impianti (o meglio che ne chiedono la messa in sicurezza) perché ogni giorno grazie all’ILVA in quella zona qualcuno si ammala di cancro.
E allora entra in scena un altro mostro, meno mitologico, meno affascinante, più miserabile: il Padrone.
Il padrone è una creatura che esce dalle paure ancestrali, quelle del mostro e del drago ed entra nel campo delle paure escatologiche, quelle che riguardano gli dei.
Si, perché il padrone è quell’essere in sembianze umane, ma talmente distante dall’umane genti che si può permetterle di cancellarle tutte con un tratto di matita.
Anzi no, che può permettersi di ordinare a qualcuno di mettere un tratto di matita.
Perché, come abbiamo già scritto, il padrone moderno è un’entità davvero astratta, non si chiama più con un nome, non esiste più l’ingegner Falck o il padron Riva.
Oggi a mettere fine alla vita di una città ci pensano “i vertici aziendali”.
Chi cavolo sono i “vertici aziendali” non lo sa nessuno, si fanno un nome, Bruno Ferrante, ma poi si dice subito, lui non c’entra, lui è solo una figura commissariale.
I “vertici aziendali”, mi ricorda moltissimo il “consiglio dei dieci assenti” di fantoziana memoria, ma non ci trovo nulla da ridere.
Questo è davvero un consiglio di assenti, Taranto è la fabbrica, la sua fabbrica, ma chiderebbe la cortesia di non morire della fabbrica, chiederebbe la cortesia di non dover avere paura per i propri bambini, chiederebbe la cortesia di poter andare al cimitero a mettere i fiori sulla tomba dei morti senza prima dover pensare se sta respirando ossigeno o veleno.
La risposta di queste piccole divinità senza nome è la chiusura.
Chiudiamo e ne mettiamo 5000 a casa.
Cinquemila che? Cinquemila cartellini (pardon  badge)? Cinquemila stipendi?
Cinquemila braccia, mani, cervelli, cuori.
Cinquemila persone che sono responsabili, loro per davvero, di cinquemila famiglie.
I vertici aziendali che decidono la chiusura di un impianto sono responsabili di chi? Dei loro immateriali profitti? Dei loro dividendi? Delle loro fedine penali luride?
Ci sono stati altri sette arresti, e questo ha convinto l’aziende a chiudere, come ultima forma di ricatto allo stato.
Perché in Italia, è bene chiarirci è così che si fa, si ricatta lo stato usando come ostaggio il corpo del popolo che tanto, a forza di prender calci in culo forse manco se ne accorge più.
Questi vertici aziendali, al di là delle indagini giudiziarie, sono tutti colpevoli.
Un giudici può procedere ad un mandato di cattura solo sulla base di “incontrovertibili prove”.
Io non sono un giudice, quindi non ho bisogno di prove per dire che sono assolutamente sicuro della colpevolezza di tutti i vertici aziendali per l’avvelenamento della città.
Tutti sapevano, non potevano non sapere, tutti conoscevano, non potevano non conoscere e tutti, pur potendo, non hanno fatto nulla per anni.
Hanno deliberatamente avvelenato un territorio, molto più vasto della singola città, senza prendere alcun provvedimento, certi della loro impunità, sicuri che la portata del ricatto una volta scoperti i loro giochi, sarebbe stata talmente alta da permettergli totale sicurezza.
On ci sono giri di parole… tutti i vertici dell’ILVA sono colpevoli. A pagare, come sempre, gli operai.
Ora il ministro di Piombo, Clini, quel ministro dell’ambiente che parla a spot ormai da mese chiede tempo fino a giovedì per vedere il da farsi.
Non illudiamoci, questi sono buoni solo a reggere le calze a tutti gli imprenditori e i “vertici aziendali” possibili.
L’unica possibilità che ha Taranto è la lotta, e chi scrive è incondizionatamente dalla parte degli operai, dei lavoratori.
Perché alla fine i draghi non esistono e nemmeno gli dei, se è per quello.
     

venerdì 23 novembre 2012

KEN LOACH E I LAVORATORI

Ken Loach è un regista che mi ha sempre stupito, che per molti versi ha radicalmente mutato la mia idea di come si dovrebbe fare cinema per dar voce alla classe operaia.
Certamente è rimasto uno dei pochissimi grandi del cinema che si può permettere di parlare di operai e di padroni, di sfruttamento e di precarietà per aver visto e conosciuto la situazione sociale di cui parla da molto vicino.
Spesso, quando assisto a film dove si parla di problemi sociali, resto colpito da come i registi trattano i temi che pretendono di esporre. Spesso, soprattutto in Italia,  ci si trova davanti a una totale mancanza di lucidità, ad una totale assenza di spessore, si ha l'impressione di guardare un film fatto da uno che è passato per caso e ha filmato cose che non conosce.
Ken Loach no, quando guardi un suo film capisci che lui le cose le sa, che non ha bisogno della retorica del tutti bravi, tutti cattivi, che è uno che si può permettere di fare vedere che nella vita le sfumature del grigio  sono infinite. 
Ken Loach è uno che può permettersi ancora di usare parole come Classe operaia e Proletariato (e per questo non ne abusa mai).
Per questo quando ho letto il motivo dal suo rifiuto a ritirare il premio assegnatogli al Torino Film Festival, per fare conoscere al mondo le condizoni di lavoro degli operai esternalizzati dal Museo del Cinema e appaltati a una cooperativa esterna con diminuzione di salari e licenziamenti annessi non ho potuto fare a meno di ripubblicare la sua lettera che potere leggere qui di seguito: 

È con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film. I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema. Tuttavia, c’è un grave problema,ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabileA Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (Mnc). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari. In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili. Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio.

Ken Loach

Qualche regista, tra cui Ettore Scola, altro assegnatario di premio, dicono che il gesto di Loach non è significativo perché è molto meglio ritirare il premio e poi combattere a fianco degli operai.
Non so se messo di fronte alla possibilità di ritirare o meno un premio avrei scelto l'una o l'altra strada.
Certo Loach vive in Inghilterra e Scola abita dalle nostre parti quindi visto che ha detto di voler mettersi a fianco dei lavoratori non vedo l'ora di vedere che cosa farà per loro, anche un piccolissimo documentario sulla loro condizione fatto con la sua firma sarebbe una gran cosa.
Purtroppo però in Italia spesso e volentieri succede che si ritira il premio, si promette di fare chissà cosa e alla fine non si fa nulla perché agire presuppone comprendere fino in fondo e perdere tempo.
Per ora dico di preferire la scelta di Loach aspettando altri risultati.  

sabato 17 novembre 2012

RIMBALZI DEMOCRATICI... le tristi ricostruzioni della polizia taliana


“La gittata degli artifizi è dell'ordine di 100-150 metri, coincidente con il posizionamento delle Forze di polizia all'altezza di Ponte Garibaldi, come osservabile dal video acquisito, riproduce un impatto su cornice superiore della quarta finestra (a partire dallo spigolo sinistro), sita al quarto piano del ministero, di un solo artifizio lacrimogeno poi fratturatosi in tre parti"
Ecco l’ennesima fantastica ricostruzione dei fatti all’italiana sull’operato delle forze dell’ordine.
Che noia, verrebbe da dire.
Magari una di queste volte ai pubblicitari della polizia o dell’arma dei Carabinieri potrebbe venire in mente che ogni tanto dire la verità sulle cose è indice di intelligenza… magari ogni tanto, mica sempre, così poi magari la gente crede anche a qualche piccola bugia.
Secondo la ricostruzione dei fatti dei Carabinieri, tra l’altro identica a quella fatta dal Questore di Roma proprio ieri, i poliziotti avrebbero lanciato verso l’alto i lacrimogeni, con un’angolazione talmente precisa che tutti, ma proprio tutti hanno raggiunto il terzo piano dell’edificio del ministero (tutti all’altezza di un paio di finestra) siano tutti rimbalzati perfettamente dal muro e siano caduti sui manifestanti.
Mi sorgono due domande, la prima dalla parte delle forze dell’ordine: ma che razza di agenti sono quelli che sparano in direzione di un Ministero (quello della Giustizia) con il rischio di centrare delle finestre aperte e di ferire qualcuno all’interno, o comunque di creare decine di intossicati negli uffici? La questura ha identificato i colpevoli? Li ha fatti fermare almeno con l'accusa di negligenza colposa? 
La seconda  di ordine giornalistico: ma Repubblica che mette la notizia così sulla sua home page senza commentare senza analizzare senza dire una parola, avrebbe fatto lo stesso nel 2009 durante una manifestazione contro Berlusconi, oppure avrebbe giustamente sviscerato la cosa.
No, perché a scanso di equivoci è bene dirlo, quando uno racconta alla stampa una verità poco credibile sarebbe giusto parlarne, fare domande, trovare qualcuno che fa controinchieste.
Sarebbe questo il lavoro del giornalista.
Io non sono un perito balistico (anche se a forza di vivere e scrivere in questo paese di balle ne ho viste) ma i lacrimogeni li ho visti durante le manifestazioni e non mi pare di aver mai visto che la polizia gioca di sponda con i bossoli, cos’è il biliardo del CS? Palazzo, finestra, palo, buca! (triplo filotto reale ritornato con pallino per dirla con Fantozzi).

attenzione alle immagini e alle traiettorie... 
solo un fesso potrebbe credere alla storia 
del rimbalzo

Non sono stupito, nemmeno un pò. Casomai sono rassegnato, almeno stavolta non ci è scappato il morto, stavolta la falsa ricostruzione giornalistica serve solo a coprire le loro reazioni fasciste e, grazie al cielo non il morto, altre volte non siamo stati così fortunati.

Facciamo una bella carrellata di ricostruzioni poliziesche, così sull’onda della rabbia del momento.
1)    Genova 2001, la polizia massacra in massa i dimostranti, manganella a casaccio giovani e vecchi, impedisce il passaggio dei cortei autorizzati, fa deliberatamente degenerare l’ordine pubblico. Ci scappa il morto, non contenti, senza alcun motivo reale i nuclei del VII nucleo antisommossa irrompono, a manifestazioni terminate, nella scuola Diaz e massacrano gente che cerca di dormire nei sacchi a pelo, i tutto questo nessuno dei famigerati Black block è nai stato arrestato, sono stati arrestati, seviziati, gravemente feriti giovani manifestanti che erano pacificamente arrivati in città. La ricostruzione della polizia avallata dalla stampa fu: noi eravamo lì per difendere l’ordine pubblico e siamo stati attaccati da terroristi che erano lì per fare male, abbiamo reagito alle provocazioni, alla Diaz c’era un covo di terroristi armati, un agente ha preso pure una coltellata (si definirà non come un eroe ma come uno che ha fatto il suo dovere ), sono state trovate bombe molotov, picconi, mazze,… anche qui, solo dopo mesi le nostre versioni, le nostre controinchieste hanno avuto un minimo di credibilità, all’inizio nulla.
2)    25 settembre 2005, non so se facesse freddo o caldo a Ferrara, so solo che un ragazzo di 18 anni decise di tornare a casa a piedi, dopo aver salutato gli amici dopo una notte passata in discoteca. Si chiamava Federico Aldrovandi e non sapeva di essere un ragazzo sfortunato. Sulla strada incontra la pattuglia di Polizia stradale “Alfa 3” con a bordo due agenti in divisa Enzo Pontani e Luca Pollastri, nessuno ha mai davvero capito cosa sia accaduto, si sa solo che Federico Aldrovandi viene massacrato di botte, viene ammazzato senza pietà. Gli agenti dicono di essere stati aggrediti a colpi di karate dal ragazzo fuori si sé per l’assunzione di droghe, tanto da aver dovuto chiamare rinforzi, da averlo dovuto immobilizzare a terra, dicono di essersi accorti solo all'ultimo momento che il ragazzo ha perso i sensi, non per le percosse ma perché il "micidiale mix di droghe assunte" lo avrebbe portato alla morte per infarto. Una versione che non regge nemmeno un po’, solo ingenuo può credere che un ragazzo sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, che gira a piedi per Ferrara possa aggredire non una ma ben due volanti della polizia. Inoltre il referto dell’autopsia è un capolavoro di lacune e bugie, Federico è  morto per infarto del miocardio, dovuto all’assunzione di droghe e alcool, altre inchieste rivelano che il tasso alcolico del ragazzo all'atto non superava lo 0,4 (0,1 mg per litro meno del consentito per la guida). Circolano altre voci che faticano a uscire fuori ma escono, la madre del ragazzo apre un Blog, vuole giustizia, vuole verità, la ricostruzione non regge… alla fine spuntano altri video si vede il ragazzo per terra ammanettato ormai esanime mentre i poliziotti intorno scherzano noncuranti, altre testimonianze vengono pian piano fuori dal velo di paura, la ricostruzione "ufficiale" non regge più. Alla fine saranno condannati 4 poliziotti per l’omicidio di Federico ma la difesa insiste nella sua ricostruzione fasulla.    
Carlo Lucarelli racconta "Il caso di Federico Aldrovandi"


3)    Stefano Cucchi, un altro giovane sfortunato, portato in carcere il 15 ottobre 2009 perché trovato in possesso di una modica quantità di stupefacenti e di antiepilettici (il giovane era in effetti epilettico) viene pestato a morte in carcere a più riprese da molti aguzzini, muore il 22 ottobre all’ospedale Peritni di Roma, l’autopsia riscontra un peso corporeo di kg 37 (per 1,76 cm di altezza) che prima della carcerazione era di 45, lesioni alle gambe, frattura della mascella, fratture alle costole, due fratture alla colonna vertebrale, emorragia all’addome e alla vescica. Al termine della fantaricostruzione della polizia si evince che la causa della morte sia l’uso di sostanze stupefacenti e l’anoressia (versione fatta sua anche dal sempre lucido sottosegretario Giovanardi), ma il ragazzo è pieno di traumi ed ematomi, com’è possibile? Si domanda la famiglia.
sulla vicenda Cucchi è stato girato un bel documentario
di cui posto la presentazione.

4)    Val Susa, per difendere uno scempio inutile e dannoso, che perfino i francesi che sarebbero i nostri partner nella costruzione stanno mettendo in forse, si schiera un esercito vero e proprio: bisogna estirpare il vero nemico dell’Italia, il popolo! Bisogna fargliela vedere a quei dimostranti che hanno la pretesa di mettersi contro le aziende che speculano liberamente sulle costruzioni inutili.
Come? Utilizzando la polizia con la solita vecchia scusa dei black block che come al solito non si sa dove siano, non si sa da dove vengano, soprattutto non si sa nemmeno se esistano davvero ma sono utili a far caricare dalle preparate squadre in divisa poveri sindaci di paesi da mille abitanti e famiglie con bambini a seguito.
“In Val Susa siamo stati attaccati da gruppi preparati militarmente”, disse il solito comandante in capo (il Ministro Maroni) “E abbiamo reagito duramente”. I fascisti avrebbero detto “Gli abbiamo spezzato le reni”
il 6 luglio postavamo sul nostro Blog questo video, si vedono agenti in tenuta antisommossa, non a contatto con il corteo, che sfila diverse decine di metri sotto il cavalcavia che stanno presidiando, che tirano pietre in testa ai manifestanti.
Alla faccia dell’attacco alle forze dell’ordine in stile paramilitare da parte dei black block.  

 

Sono cose possibili nell’Italia della nostra bella polizia che fa il buono e il cattivo tempo come gli pare certa della sua impunità.
Sono scene che uno stato civile non dovrebbe tollerare.
Se un poliziotto, anche uno solo, vuole giocare al giustiziere o ha simpatie talmente radicali da vedere la gente che protesta come un nemico personale è un problema per l’intera Polizia, per l’intero Ministero degli Interni e per tutto il dannato sistema statale.
Questo poliziotto va mandato semplicemente via, gli va tolta la divisa, senza aspettare altro.
Io non sono contro la polizia, contro le forze dell'ordine, ci sono e non sono un male necessario, sono una parte dello Stato, quella parte chiamata a difendere il cittadino, non a difendere il potere e i suoi illeciti.
Sono stanco, siamo stanchi e stufi delle false ricostruzioni dei colleghi che coprano i colleghi, degli insabbiamenti, dei muri di gomma; siamo stufi di essere la nazione in cui i delinquenti (tutti chiusi nel peggior Parlamento di sempre) giudicano gli innocenti e li fanno perseguitare da organismi collusi.
Siamo stanchi delle false ricostruzioni dei fatti, non se ne può più.
Non mi aspetto che cambi nulla, tanto si farà di tutto per non far cambiare nulla, ma non posso smettere di indignarmi. 

lunedì 12 novembre 2012

UN ANNO COL GOVERNO DI NESSUNO... un bilancio del primo anno del signor Monti.


Un anno nel nostro turbo mondo sembra un tempo lunghissimo, l’epoca in cui viviamo, fatta di connessioni veloci, rete, spostamenti di dati da un punto all’altro del pianeta con un semplice clic del mouse fanno sembrare l’arco dei 365 giorni un tempo dilatato.
La frase “E’ passato solo un anno” non la diciamo quasi più, ce la siamo dimenticata.
Invece, amici miei, è passato solo un anno da quando il vecchio satrapo priaputo, il nano di Arcore, il Piccolo Papi, si è schiodato da Montecitorio per  farci entrare il signor Mario Monti, l’uomo mai votato da nessuno, il tecnocrate voluto dalle banche per tirarsi fuori dai loro problemi e per scaricarli definitivamente sul popolo.
Un anno in cui l’Italia ha smesso di essere un paese di diritti ed è diventata un paese di oligarchi e di padroni del vapore.
Dico così perché in questo anno, complice soprattutto la stampa e la televisione, gli italiani hanno perso persino la voglia di lottare per loro stessi, come atterriti, annichiliti, lobotomizzati da un mix di paure e di retorica che hanno fatto credere che tutto quello che sta succedendo succede perché è inevitabile, ineluttabile.
Ci hanno fatto credere che si dovessero fare sacrifici enormi (per la prima volta tutti insieme) per salvare l’Italia ma che prima o poi avremmo visto la famosa “luce in fondo al tunnel”, saremo tornati in Europa da padroni e non da servi (che peraltro significa che in Europa ci sono padroni e servi e a noi mica ce lo avevano mai spiegato).
Allora cerchiamo di tracciare un bilancio di un anno di governo del Premier delle banche.
Mi ricordo ancora come se fosse ieri l’annuncio di Mentana al TG la 7 che avvertiva che, una volta fattosi da parte Berlusconi bisognava subito incoronare Mario Monti, senza perdere tempo in elezioni e bazzecole democratiche, perché lo spread era a 512 punti, e una volta arrivati a quella soglia psicologica nessun paese si era più risollevato.
La paura, la migliore amica dei regimi e delle dittature, se terrorizzi un popolo potrai fargli fare quello che ti pare, non si ribellerà, non si rivolterà non avrà la forza di farlo perché penserà: “Non c’è altro da fare”.
Così è stato, il governo Monti sembrava l’unico a poter ridare credibilità all’Europa, a quei due pupazzi franco tedeschi che se la ridevano a parlare di noi.
Uno dei due, il pupazzo francese con il nome strano, il marito di Carla Bruni, nel frattempo è stato buttato fuori dall’Eliseo con un sonoro calcio in culo, perché considerato "un idiota incompetente", "un arraffone, uno che è stato dov’era per sbaglio" (parole di francesi durante le elezioni).
La pupazza tedesca non vive sonni tranquilli manco lei visto che ogni volta che le capita di andare alle elezioni in un land, la CDU perde sonoramente… pure in lander dove erano saldamente al potere da sempre.
Comunque non importava, non bisognava perdere tempo in quisquiglie democratiche (non veniva detto in questi termini ma il senso c’era tutto), bisognava agire.
Un altro meccanismo fantastico dei regimi è quello del finto decisionismo: se si osservano le regole non si fa in tempo, bisogna fare uno strappo, mettere da parte, non vorremmo ma è necessario.
L’indomani del terremoto d’Abruzzo, il presidente Chiodi (PdL) disse una frase agghiacciante: “Quando nell’antica Roma c’era un’emergenza si sospendevano le prerogative della Repubblica si eleggevano due governatori e si dava a loro tutto il potere”, il signor Chiodi non sa, o non vuol dire che quei due governatori andavano sotto il nome di Dictatores.
Ecco diciamolo senza mezzi termini, Monti è semplicemente un Dictator, un dittatore.
Ovvio c’è chi ci è andato a guadagnare nella cosa.
Sul fronte politico ci ha guadagnato il PdL sopra ogni altro partito: era finita, una lunga agonia durata diciotto anni poteva chiudersi lì.
Se si fosse andati a votare in pochi mesi il PdL avrebbe raccolto lo 0,qualcosa per cento, fuori tutti, fuori i Berlusconi, i Letta, i De gregorio, i Responsabili, gli irresponsabili, le puttane, i nani (parlo di Brunetta).
E invece no, sono ancora tutti lì, e benché nessuno pare ricordarselo sono ancora la maggioranza al Senato, quindi nel bene e nel male comandano loro.
Ci ha guadagnato inevitabilmente tutto quel sistema mafioso, imprenditoriale e viscido che va sotto il nome di Poteri Forti, in Italia Banche, grandi aziende (leggi Confindustria), FIAT e soprattutto Vaticano.
Soprattutto il Vaticano che ha piazzato tanti di quei suoi uomini al governo che sembra di essere al parlamento di Pio IX: si va da Lorenzo Ornaghi, rettore della Cattolica ai beni culturali, ad Andrea Riccardi presidente della Comunità di Sant’Egidio alla cooperazione, a Renato Balduzzi professore della Cattolica legato ai movimenti e relatore al famigerato Convegno di Todi alla salute, ad una foltissima schiera di sottosegretari tutti di stretta osservanza vaticana.
Poi ci si stupisce che ancora oggi (12/11/2012) a un anno esatto dall’incoronazione si stia ancora cercando di non far pagare l’IMU agli immobili della chiesa (magari, aggiungo io, semplicemente aumentando un pochino la tassa a noi, che tanto male non fa).
Ci hanno guadagnato altresì i ricchi e i ricchissimi, non i piccoli imprenditori che magari si vedono negati prestiti per 10000 euro per salvare l’azienda e devono licenziare tutti gli operai e magari poi si ammazzano per la vergogna… quelli no, non fanno parte dell’Olimpo.
I ricchissimi invece secondo alcune stime non hanno perso praticamente nulla anche perché Monti ha subito chiarito che una patrimoniale avrebbe fatto scappare i capitali all’estero e non ce lo potevamo permettere… mi domando, se è così difficile, come se lo possano permettere tutti gli altri stati europei?  La domanda al signor Monti non è mai stata fatta, in compenso si sono sprecati articoli del tutti inutili su come il premier si vesta bene, su come sia diverso il suo stile, sul fatto che non c’ha l’amante, sul fatto che è un professore e quindi è bravo per definizione.
Ci hanno guadagnato Confindustri e la FIAT che ora come ora possono fare il cavolo che gli pare senza alcun pericolo, perché a parte qualche scemenza detta a favore di telecamere fino ad oggi tutte le leggi sono state fatte per i Padroni del Vapore, non mi sembra che qualcuno possa affermare che una sola leggina, anche per sbaglio, partorita dalla mente della signora Fornero vada nella direzione della tutela dei lavoratori.
La signora poi merita un capitolo a parte, la strega di Biancaneve alla fine risultava più simpatica, ma questo non sarebbe nemmeno un problema.
Questi qui, complici i sindacati, la stampa, la televisione e tutto il cadreghino in fila hanno demolito pezzo per pezzo lo statuto dei lavoratori.
È bene ripeterlo, grazie al combinato disposto di Art.8 della legge Sacconi e modifica dell’Art. 18, la carta dei lavoratori è solo una bella dichiarazione di intenti che, laddove il datore di lavoro non volesse applicarla, diventa lettera morta in altre parole abbiamo riconsegnato la tutela dei lavoratori ai padroni, e tutto questo in meno di un anno e nel più assoluto silenzio.
Ora andiamo ai risultati.
Perché è di risultati che si parla. Ovvero, se mi devi tagliare una gamba per farmi stare meglio allora potrei anche accettare, ma se mi devi tagliare una gamba e il risultato è un’infezione che, invece di farmi morire in 5 giorni di sofferenza mi farà morire in 6 mesi di agonia, allora forse sei un chirurgo pazzo alla Brega Massone (quello della clinica Santa Rita Nda).
Piccolo vademecum per chi volesse discuterne con gli amici.
In un anno di sacrifici lo spread è calato, sissignori, prima era a 570 punti base ora a 360… non è un grandissimo risultato considerando che due anni e mezzo fa era a 65 ma visto che tanto il governo non c’entra nulla su questo fronte concediamogli una vittoria più o meno di Pirro.
Sul fronte dell’occupazione si è fatto moltissimo, vi ricordate la signora Fornero che diceva che la modifica dell’art. 18 avrebbe portato più lavoro (Come? Avrebbe dovuto chiedere il giornalista intelligente, ma non lo fece)? Benissimo, disoccupazione: nel 2011 eravamo alla cifra spaventosa dell’8,45% oggi, dopo questa bella cura da cavallo siamo al 10,5% (con la disoccupazione giovanile dalle parti del 35%) ma i dati settore dicono che il 2013 sarà anche peggio soprattutto per effetto della fine delle moltissime CIG delle aziende medio piccole, in più quel poco lavoro che c’è è precarizzato all’infinito e non pare ci sia via di fuga.
Sul fronte dei consumi il vero capolavoro, si passa da una stagnazione nel 2011 (il +0,1%) al crollo totale nel 2012 siamo a – 3,6% il che significa che le aziende che producono hanno problemi (vedi il settore auto), ma se una volta un’azienda che produceva doveva ricorrere alla CIG come ammortizzatore oggi ha il licenziamento per crisi come arma di ricatto, e spesso propone ai lavoratori delle magnifiche soluzioni come la riduzione dello stipendio, la qual cosa incide ancora sugli stessi consumi in un aspirale che non fa che peggiorare.
ovviamente aspettiamo Natale per cantare il de profundis ai consumi degli italiani. 
Infatti se i consumi calano i prezzi si adeguano e l’inflazione, ultimo macro dato che andiamo ad osservare passa dal 2,6 al 3,6%, l’1% in un anno è un disastro.
In tutto questo paghiamo le tasse, sempre di più e più alte… ora come ora siamo il paese più tassato d’Europa, la pressione fiscale che negli anni novanta era intorno al 25 - 30% ora è tra il 48 – 50%.
Però, e qui c’è la sorpresa, lo stato guadagna di meno, in quanto moltissimi non possono pagare, non sanno come pagare o non pagano più perché sono disoccupati.
Aumenta, tra l’altro il lavoro nero, ma questo è un dato che non abbiamo precisamente, peccato, sarebbe stato interessante.
Quindi ricapitolalo: i poteri forti hanno vinto, il PdL ha vinto, il Vaticano ci ha stracciati tutti,  Berlusconi non ha perso…; i lavoratori hanno perso, i giovani hanno perso, gli studenti hanno perso, i disoccupati hanno perso, i malati hanno perso (leggi ticket), quelli che hanno fatto fatica per una vita per potersi permettere una casa e magari pagano ancora 700 euro al mese di mutuo hanno perso.
Chi manca?
Mancano quelli che hanno pareggiato.
Nella schedina ci sono anche parecchie “X” oltre a 1 e 2.
Secondo me quello che si può dire discretamente soddisfatto è il PD (nella foto lo vediamo in bianco e nero con le mezze maniche).
Se fossimo andati ad elezioni anticipate avrebbe sicuramente vinto, però… “Dai ma siamo mica passi” direbbe il nostro Bersani.
Poi bisognerebbe fare capire agli italiani che questo partito del dentro tutti non riesce a combinare granché, che alla fine il dato più o meno valido della cosa è che anche loro non sarebbero in grado di creare nulla di creativo per uscire dal pantano, e poi con tutti quei giuslavoristi (“mamma, mamma cos’è un giuslavorista?”) dentro alle loro fila come fai a dirti ancora uno di sinistra, poi la gente se ne accorge.
E allora via verso orizzonti insperati, il governissimo di un anno fatto con il PdL, una roba che ci pare una follia, però agli italiani che di politica sono ignoranti da fare paura, una volta uscito Berlusca dalle palle è sembrato che anche il PdL (quello di Dell’Utri e di Miccichè, della Santanché e della Minetti,…) fosse un partito accettabile. Bastava togliere dalla stampa (dalla stampa non dal parlamento si badi bene) i soliti nomi triti e ritriti, Scajola, Berlusconi, Cosentino (che sta ancora al suo posto) e tutto andava per il verso giusto.
Ma si dai, facciamo il governo con il partito dei mafiosi che improvvisamente è diventato presentabile, poi in parlamento ci sono 26 pregiudicati con pene in giudicato ma fa nulla.

Forse mi sono dimenticato il vero, incontrovertibile vincitore, Beppe Grillo.
Lui da quest’anno sì che ci ha guadagnato, eccome.
Lui che pesca voti a destra a sinistra al centro, sopra e sotto.
Lui che viene persino osannato da ex fascisti a Predappio (che sono per definizione molto confusi).

http://video.repubblica.it/edizione/bologna/fascisti-a-predappio-per-i-90-anni-della-marcia-su-roma/109130?ref=HRESS-11&video (guardatevi tutto il video, quello che vi interessa è il tizio vestito come Guzzanti in fascisti su Marte) 

Lui che intelligentemente non si schiera con nessuno, non perché vuole arrivare al 51% da solo, sarebbe impossibile (se va molto bene potrebbe essere un 20 massimo 25%) ma perché così potrà andare alla perenne opposizione senza sporcarsi le mani.
Attenti, non è detto che sia un male.
Forse è quello che serve all’Italia… forse bisogna cambiare demagogia, o forse questa situazione è così putrescente e marcia che potrebbe saltare solo dall’interno.
Io comunque non ci credo.
Sono pronto al nuovo Governissimo, al Monti Bis, all’unione di UdC, PD e PdL (non fatevi abbindolare la stanno già preparando), ad un nuovo governo oligarchico che ci ammazzerà definitivamente, però forse ci porterà davvero nelle piazze per rovesciare la situazione… davvero definitivamente.    
       

martedì 6 novembre 2012

GRILLOCRAZIA... l'idea di democrazia del nuovo profeta italiano



L’intervento di ieri della consigliera 5 Stelle Federica Salsi al consiglio comunale di Bologna apre un necessario nuovo capitolo all’interno della storia del movimento di Grillo e credo sia giusto parlarne diffusamente.
Dico questo perché finalmente dall’interno dello stesso movimento una persona ha avuto il coraggio di usare una parola, setta, che molti di noi commentatori sono stati tentati di utilizzare fin d’oggi.
Non lo abbiamo mai fatto perché sarebbe sembrato tutto troppo forte, perché la massa di italiani entusiasti (purtroppo gli italiani si devono sempre sentire entusiasti di qualcosa o di qualcuno) si sarebbe potuta offendere e avrebbe potuto rispondere con le solite frasi che bene o male si dicono sempre: “Ma tu che ne sai?”, “parli perché sei da un’altra parte politicamente”, “per comprendere un movimento bisogna starci dentro altrimenti si parla a vuoto”.
Sono le stese identiche frasi che si utilizzano quando si parla di altri “movimenti chiusi” o sette, appunto.
Per CL o per L’Opus Dei è la stessa cosa.
Difficile poter dire quale sia la vera vita di un aderente a un gruppo di quel tipo, cosa fa una numeraria dell’opera? Come impiega la sua giornata? È libera di fare alcune cose? È libera di pensare alcune cose? Può manifestare il suo dissenso?
Un aderente a CL ha veramente diritto a essere dissenziente, magari sul piano politico? Se per caso lo fosse cosa succederebbe a lui e alla famiglia?
Un aderente a Scientology conduce davvero una vita libera come i leader vogliono far credere? Cosa è costretto ad abbandonare? Quali sono le basi fondametali del suo credo?
Sono domande impossibili da evadere, ci vuole pazienza, ci vuole studio, e spesso anche quando si arriva a capire la questione la gente a cui parli ti risponde: “Bhe ma se a loro va bene così a te che ti frega?”
Il problema delle sette è sempre lo stesso, chi ne è fuori non ne capisce il portato politico e sociale, in Lombardia CL è diventata padrona di tutto, dalle banche alla sanità, dall’industria agli assessorati, tutti i dirigenti della regione sono di CL, la regione è una gigantesca filiale della setta… come lo stato dello Utha per i mormoni, solo che almeno lì le cose si sanno, qui nessuno le ha mai raccontate, fino al giorno in cui arriva il collasso, fino a quando non ti accorgi che la maggior parte degli introiti della sanità e dell’economia, della fiera e dell’expo servono in realtà a oliare una macchina che non sta lavorando per il cittadino ma per se stessa (CL, la setta)
La consigliera Salsi, parlando del movimento di Grillo (anche se a lui non piace che si dica così) ha messo il dito nella piaga per un semplice motivo: le sette non hanno mai problemi a manifestare la loro differenza sostanziale con gli altri gruppi, quello che non possono sopportare è che qualche reprobo possa svelare i meccanismi interni, che qualcuno possa dire, cari amici che ci guardate da fuori noi non siamo come vi fanno credere, qui da noi ci sono cose che vanno molto male.
Chi si occupa di movimenti religiosi, e quello di Grillo è un movimento religioso a tutti gli effetti, sa che i libri che fanno più paura a questi gruppi non sono quelli dove si parla del potere economico della setta in un ambito definito, quelle sono cose che interessano gli addetti ai lavori, quello che fa più paura, tanto da fare firmare a volte agli aderenti clausole milionarie di segretezza, sono i libri dove parlano i testimoni.
Sono scomodi perché tutti, anche il più distratto dei lettori può dire la solita banale frase: “Ma allora non è tutto oro quel che luccica”
La consigliera Salsi ha semplicemente sperimentato sulla sua pelle la punizione riservata a chi fa l'errore più grave all’interno delle organizzazioni di questo tipo, la punizione destinata a chi parla quando non glielo hanno espressamente ordinato, a chi rompe il voto del silenzio.
Ci sono due meccanismi che è bene ricordare, fanno parte del percorso di iniziazione delle sette, io ne ho visti di analoghi con le giovani che vengono introdotte nell’Opus Dei, il primo è quello della incondizionata fiducia, il secondo quello della terra bruciata.
Per comprendere cosa sia il meccanismo dell’incondizionata fiducia bisogna fare riferimento per esempio, all’Opus dei e alle sette più chiuse al mondo esterno.
Normalmente coloro che vengono scelti da questi gruppi vengono fatti oggetto di attenzioni molto costanti da parte di un membro già inserito nel movimento.
In Università Cattolica a Milano si potevano incontrare molte “reclutatici” dell’Opus Dei, le loro “vittime” preferite erano ragazzine studiose, timide e per nulla inserite nella vita dell’università, al mio gruppo di amici non si avvicinavano neppure.
Interessa molto di più quella che non fa grande vita associativa, che non ha interessi al di fuori del mondo universitario, che non ha preferenze politiche o religiose, non conosce gruppi di interesse, la tipica brava ragazza senza tanti grilli per la testa, meglio se di buona famiglia.
Quando vieni accompagnata per la prima volta nella “casa” dove vive la ragazza che ti ha scelto, o nel campus come lo chiamano loro, ti pare incredibile che per la prima volta nella vita qualcuno ti veda come speciale, al punto tale che finalmente “ti senti a casa tua”.
Ci sono grandi feste e sono per te, ogni cosa che dici, per la prima volta sembra giusta, intelligente, e poi sono tutti allegri, collaborativi e non ti chiedono mai di essere qualcosa di diverso da quello che sei, perché vai benissimo così, sei la persona giusta al posto giusto.
Certo un piccolo contrappasso c’è, ma in fondo è poca roba al confronto, devi solo progressivamente perdere tutto quello che non c’entra con il movimento e la casa del movimento.
Fai pallavolo? È bellissimo ma sai, ci sono anche nel movimento delle belle quadre di pallavolo a cui potresti iscriverti.
Vai al cineforum al tuo paese con una tua amica? Si è meraviglioso, ma sai ci sarebbe anche il cineforum qui da noi, se vuoi magari porta la tua amica.
Poi la tua amica ti dice che non ci vuole venire al tuo cineforum, non le piace l’idea di mollare quello che sta facendo e i tuoi rapporti con lei cominciano a raffreddarsi e via via vi perdete di vista.
Questo appena esposto è il meccanismo della terra bruciata, alla fine arrivi a gravitare così tanto intorno al movimento che abbandonarlo vorrebbe dire perdere tutto (nel caso di CL pure la casa, visto che spesso te la compri dalle loro cooperative).
I due consiglieri comunali compari della Salsi che si alzano e se ne vanno dai loro scranni lasciando sola la reproba sono l’evidente segno di questo tipo di meccanismo.
Nel movimento siamo uno per tutti, dicono gli aderenti, nel movimento non ci sono capi e gregari, siamo tutti alla pari, Grillo è solo il nostro megafono, ma noi siamo liberi di organizzarci come vogliamo.
Che poi il megafono sia anche l’unico a parlare, l’unico a dettare la linea e quello che con una sola parola ti butta fuori non stupisce nessuno, tutti hanno un leader.
Anche qui ci sarebbe da aprire un inciso, nella vita ho fatto parte del sindacato nella sua ala più massimalista (la sinistra CGIL che si è vista messa in minoranza nell’ultimo congresso), apertamente mi sono espresso contro i leader della mia organizzazione, ho scritto contro di loro, ho parlato di brogli durante le elezioni, mi sono esposto pubblicamente.
Nessuno mi ha mai detto vattene, nessuno mi ha mai denigrato dandomi del cretino o dell’incompetente, nessuno si è mai sognato di parlare di me come di un idiota o di un minus abens.
In politica non sono mai stato d’accordo con nessuno, né nei partiti né nella società, ma questo non significa che qualcuno mi abbia mai richiesto di restituire le tessere o di non farmi più vedere.
La Salsi con le lacrime agli occhi si è accorta di cosa sia la lapidazione a mezzo internet.
Benvenuta tra noi.
Chiunque ha avuto a che fare con facebook e con i social network in generale si dovrebbe essere reso contro che la “piazza mediatica” del Web ha caratteristiche molto primitive e istintive.
Il fatto che tutti possano dire tutto a ruota libera e senza grandi censure ha fatto sì che alla fine tutto abbia la faccia del tifo da stadio più becero.
La maggior parte dei commenti sui social network sono attacchi alla persona e insulti, se si facesse un grafico delle parole più usate nelle pagine di politica e si comparassero a quelle delle pagine di sport si scoprirebbero somiglianze imbarazzanti.
Mi meraviglio che la consigliera non se ne sia accorta prima, visto che i 5 stelle vantano una grande conoscenza del mezzo informatico.
Quando, qualche tempo fa, scrissi che il web non è la nuova democrazia e tanto meno la democrazia compiuta intendevo questo.
Piaccia o no la democrazia si deve fare tra persone che si guardano in faccia e si riconoscono, non nel canaio della rete dove posso utilizzare identità multiple per dire tutto e il contrario di tutto.
Per quanto possa sembrar vetusto e di poco disio, i partiti veri si riconoscono dal fatto che FANNO I CONGRESSI e i congressi sono un elemento di vera deocrazia, perché partono dalle piccole sezioni territoriali o di lavoro, vanno al congresso cittadino (federale o provinciale) con gli eletti che sono stati designati dalle sezioni, sezioni che si sono lette i documenti dei congressi, che sono molto lunghi e noiosi ma che vanno letti per poter decidere, poi vanno al provinciale e alla fine al nazionale.
Si possono presentare mozioni e passa la più votata, si possono fare emendamenti alle mozioni che sono passate.
Sembra noioso e ha bisogno di tempo e di esperienza politica ma dice molto di come è fatta la democrazia.
La democrazia non è un atto di velocità, non è una roba fatta per non perdere tempo perché l’importante è decidere… la democrazia non è decisionismo è un processo di idee, non si alimenta con l’immissione di più PC nelle scuole e nemmeno con mille one man show.
Negli anni 70 l’informatica non era una roba alla portata di tutti e la televisione non era così pervasiva ma la democrazia in Italia stava molto meglio di adesso e il dissenso si organizzava e si costruiva.
La democrazia è il contrario di quello che viene propalato da guru del M5S, non perché le sue battaglie non siano condivisibili, tutt’altro, per alcune sarei disposto a scendere per le strade anche subito, ma perché è lui che sceglie la linea, la detta, la modifica se è necessario (il caso di Di Pietro ne è la prova) e se non sei d’accordo te ne devi andare.
L’altro giorno una persona parlando della storia della consigliera Salsi mi disse: “Che c’è di strano, in una fabbrica è così: o sei d’accordo col padrone o te ne vai”.
A parte il fatto che io sul posto di lavoro non sono quasi mai d’accordo con il padrone e per questo faccio il sindacalista, contratto parlo, mi accordo e molto spesso la spunto ma certamente non me ne vado.
Ma poi questa non è manco l’idea della democrazia, è la dittatura compiuta, decido io e mi circondo solo di gente che sta dalla mia parte, gli altri alla gogna.
Ma come. Abbiamo fatto tanto per liberarci di uno che scimmiottava un dittatore sudamericano come Berlusconi, per metterci in casa uno che ha deciso di cambiare la democrazia in Grillocarazia, al massimo in Casaleggiocrazia.
Sono spiacente per come sia stata trattata la signora Salsi, ma quando i grillini se la prendevano con la Carfagna usando parole simili mi dispiaceva pure per lei, non per le doti politiche della ex Show girl ma perché è una persona.
Tuttavia la cosa che più mi colpisce è che nessuno ancora sembri accorgersi del meccanismo settario a cui stanno dando credito.
Le sette non sono né di destra né di sinistra, sono pericolose perché non sono interessate a gestire solo il potere (che pure bramano e utilizzano) vogliono gestire le persone tout court (e certi deliri di Casaleggio vanno in questo senso)          
D’altra parte qui da noi ci si accorge di aver fatto una cavolata solo quando il disastro è già compiuto.

 inserisco da ultimo il video completo dell'intervento della Salsi dell'intervento, per completezza... purtroppo l'audio è pessimo e me ne scuso.

venerdì 2 novembre 2012

PINO RAUTI... la storia di un fascista.



Pino Rauti muore oggi a Roma alla veneranda età di 86 anni.
Con lui scende nella tomba molto del peggio che la nostra patria ha partorito negli ultimi 60 anni.
Pino Rauti ai miei occhi è sempre stata una figura angosciante, l’incarnazione fisica di un concetto come il Male.
Sembra incredibile che si possano ancora utilizzare categorie di questo genere quando si parla di individui, di esseri umani, ma per chi scrive, Pino Rauti ha rappresentato l’incarnazione del fascismo puro, del male privo di folklore e di paraventi, l’incarnazione politica dei peggiori istinti umani.
Parlando con molti giovani e meno giovani di Rauti e di cosa ha rappresentato per l’Italia la sua oscura figura mi stupisco sempre che nessuno si ricordi più di lui e che le sue azioni sembrino a tutti cose lontane.
Siamo in Italia, amici miei e nulla di ciò che è stato fatto negli anni sessanta e settanta da questo nero figuro è del tutto passato, il riverbero del suo pensiero e delle sue azioni è arrivato fino a noi per i canali carsici della destra extraparlamentare, dei movimenti contigui alla destra politica e per finire nel PdL che si è caricato molto del suo portato filosofico e politico.
Scrivere una sua biografia è importante per capire cosa è stato e cosa è tutt’ora il nostro paese.
Pino Rauti nasce a Cardinale in provincia di Catanzaro nel 1926, troppo giovane per militare nel fascismo forma la sua fede negli anni di Salò e nel 1946 lo troviamo tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano, il partito che avrebbe dovuto riprendere le fila del disciolto Partito Nazional Fascista.

Un gruppo di appartenenti ai FAR, l'uomo con soprabito
e cappello è Giorgio Almirante
I PRIMI PASSI NELL’MSI E LA CREAZIONE DELLE NUOVE FAR
Con lo scioglimento forzato del partito fascista molti gruppi di reduci del RSI e delle formazioni militari rimaste ancora fedeli a Mussolini, erano deflagrati in migliaia di piccoli e piccolissimi gruppuscoli clandestini che, privi di leadership credibile, si esibivano in atti dimostrativi spesso in competizione gli uni con gli altri. Tra i gruppi più famosi c’erano sicuramente le SAM (Squadre di Azione Mussolini) che si resero responsabili del trafugamento della salma del dittatore dal cimitero Musocco di Milano e di altri gesti dimostrativi e le FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria) operanti soprattutto a Roma dove si erano resi responsabili soprattutto di azioni dinamitarde alle sedi del Partito Comunista, a redazioni di giornali di sinistra come l’Avanti e ad atti dimostrativi.
Nei primissimi anni 50 l’MSI decise di mettere sotto la propria ala tutti questi vari gruppi e per farlo decise di riesumare il nome delle FAR e di affidarne i compiti di creazione e gestione al giovane Rauti allora poco più che ventenne.
Le nuove FAR dovevano essere un gruppo rivoluzionario a tutti gli effetti, basta azioni dimostrative, scritte sui muri e gagliardetti issati nella notte. Le FAR dovevano dare l’idea di essere un gruppo che non scherzava affatto.
Il gruppo si dà subito da fare e nella notte del 12 marzo 1951 il militante Clemente Graziani mette una bomba davanti al ministero degli esteri e un altro esponente del gruppo Franco Drigoni lanciava un ordigno esplosivo contro l’ambasciata americana a Roma, Fausto Gianfranceschi altro fondatore del gruppo contro la delegazione jugoslava.
Il 18 aprile verrà invece presa di mira la casa di Scelba. La miccia che avrebbe dovuto far esplodere un chilo e mezzo di tritolo si spegnerà da sola, evitando una strage.
Le sedi dell’ANPI di Roma, Milano e Brescia subiranno gravi attentati il 25 aprile successivo, anche qui la possibilità di fare morti non viene presa nella minima considerazione.
Il 24 maggio del 1951 scattano gli arresti per i fondatori e massimi esponenti del gruppo, ci sono Pino Rauti, Fausto Gianfranceschi, Clemente Graziani, Franco Petronio, Franco Dragoni e Flaminio Capotondi.
Tra gli arrestati anche il filosofo Julius Evola, considerato l'ispiratore del gruppo. Il processo si concluse il 20 novembre 1951: Clemente Graziani, Fausto Gianfranceschi e Franco Dragoni furono condannati a un anno e undici mesi in quanto autori materiali degli attentati, altri dieci imputati, tutti riconducibili ad azioni di supporto dei primi a pene minori.
Tutti gli altri vennero assolti: tra loro Evola, Rauti ed Erra. Con la fine del processo si concluse definitivamente anche l'adozione della sigla FAR.

JULIUS EVOLA E IL FASCISMO SPIRITUALISTA
Una delle figure che compare molto spesso al fianco di Rauti in questo periodo è il filosofo nazi fascista Julius Evola (al secolo Giulio Cesare Andrea Evola), una delle figure più ambigue e oscure del panorama politico intorno alla seconda guerra mondiale.
Con lui Rauti riforma la sua idea del fascismo non più inteso come una forma di ricordo delle gesta di Mussolini ma come l’idea di un nuovo ordine mondiale che ha per basi fondamentali la tradizione e il ritorno alle origini del pensiero europeo e occidentale.
Sempre meno “ducista” e sempre più attratto dalle rivoluzioni antidemocratiche e illiberali.
Cercare di spiegare in poche righe il pensiero di Evola sarebbe impossibile ma si può affermare che il suo ideale di fascismo fosse legato più a un moto dello spirito che non alla ostentazione di azioni volte a rivangare un certo passato per quanto glorioso egli lo potesse pensare.
Il mondo ideale per il pensatore romano è dettato da principi di ordine e gerarchia, l’unica forma di gerarchia in grado di reggere nel mondo è quella dettata dall’oligarchia naturale del sangue.
La Francia monarchica pre rivoluzionaria e la Germania nazista sono l’esempio più lampante di fedeltà all’ordine naturale e tradizionale, si governa, si comanda non per diritto di suffragio ma per diritto di nascita.
Evola sosteneva che il momento presente fosse dominato dal Kali Yuga, un concetto mutuato dal pensiero induista, il periodo della massima crisi dei valori, per questo via via il pensiero del filosofo si sposta su temi meditativi e meno politici, fino almeno all’instaurarsi di un ordine nuovo per il mondo.

Il simbolo di Ordine Nuovo
IL CENTRO STUDI ORDINE NUOVO
Nel 1954 il congresso MSI di Viareggio lascia l’ala fascista di Rauti e Almirante in minoranza preferendo puntare su quella che verrà definita frazione dei “fascisti in doppio petto” che erano favorevoli alla creazione di alleanze con il Partito Monarchico e addirittura con la Democrazia Cristiana anche in ottica di smarcamento dall’angolo nel quale le posizioni troppo estreme e contigue al movimentismo di estrema destra aveva cacciato il partito.
Rauti non approva la linea politica uscita dal congresso e, con un gruppo di fedelissimi creerà il Centro studi Ordine nuovo con l’idea di essere una sorta di corrente interna del partito, ma nel 1956 un nuovo congresso, stavolta tenuto a Milano vedrà l’ala degli almirantiani scendere a patti con la maggioranza del partito, questo provocherà l’uscita definitiva di Rauti e del suo gruppo dal MSI.
Il gruppo adotterà come simbolo un’ascia bipenne su campo bianco e rosso, con evidente richiamo al nazismo e il motto sarà quello delle SS “il mio onore si chiama fedeltà”.
Ordine nuovo non è intenzionato a entrare nell’agone politico, ha un’idea ben precisa della politica e dell’azione: piccoli gruppi organizzati possono creare disordine e caos con azioni sanguinose e spettacolari, la tensione nella cittadinanza salirebbe all’infinito e si renderebbe palese che le strutture democratiche sono incapaci di governare una situazione di crisi di questo tipo, si consegnerebbe allora il potere pro tempore al’esercito o a gruppi ben organizzati in grado di ristabilire l’ordine, fatto questo si potrebbe in brevissimo distruggere qualunque potere repubblicano e democratico e ritornare a instaurare l’ordine naturale delle cose come Evola lo aveva pensato nei suoi scritti.
Nel 1967 una cosa del genere successe in Grecia, dove si instaurò la dittatura dei Colonnelli.
Nel 1969 Almirante diventa segretario del MSI e di lì a pochissimo i vertici di Ordine Nuovo rientrano nel partito.
Il 12 dicembre dello stesso anno a Milano fa molto freddo e tanta gente si riunisce nella grande sala della banca nazionale dell’agricoltura, ci sono le contrattazioni agrarie quel giorno, e molti che abitano nella periferia di Milano hanno portato anche i figli e i familiari, per andare a vedere le vetrine dei negozi dopo aver finito nella banca.
Interno della banca nazionale dell'agricoltura
Sono le sedici e trenta ma la banca resterà aperta fino alla fine delle contrattazioni.
Quel giorno una carica di gelignite (7kg) esplode nella sala centrale della banca ammazzando sul colpo 12 persone che nei giorni successivi diventano 17 e ferisce 86 persone.
LA bomba alla banca dell’agricoltura non è la sola quel giorno, una ne viene ritrovata alla banca commerciale italiana, in piazza della Scala, non esplode per un problema al detonatore e tre a Roma, che scoppiano fortunatamente senza provocare morti ma 18 feriti.
Come ci si è arrivati? Chi ha messo realmente le bombe?
Gli ordinovisti veneti Freda, Ventura, Stefano Delle Chiaie, tutti questi individui soggiacevano allo schema che abbiamo esposto sopra, tutti questi uomini avevano come obbiettivo ultimo uccidere innocenti per creare il caos.

BOMBE TERRORISMO E IMPLICAZIONI INTERNAZIONALI.
Immagine dei momenti successivi allo
scoppio della bomba di Piazza della Loggia
Oltre a loro, l’estrema destra di allora aveva compagni di viaggio insospettati, quelli che rendono il panorama politico italiano così diverso da qualunque altro panorama politico europeo.
A fiancheggiare i deliri dei fascisti di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale c’erano i servizi segreti, la polizia e l’esercito.
Terrorizzare, destabilizzare, riorganizzare lo stato sulla base della “naturale ineguaglianza dei popoli” come teorizza lo stesso Rauti.
Nel 1972 un nuovo mandato d’arresto colpisce l’ex capo del movimento politico Ordine Nuovo, riguarda le indagini sulle bombe sui treni del 8 e 9 agosto del 1969 che provocarono altri 12 feriti e anche qui, non provocarono stragi ben più gravi solo perché le bombe nella stazione centrale di Milano e nella stazione di Venezia non esplosero.
Stessa mano, stessa idea nella strage di Brescia, in piazza della Loggia, terrorizzare, destabilizzare… qui gli agganci politici si fanno sentire ancora più forti, i depistaggi in una strage con chiarissima matrice fascista sono incredibili e sfacciati, l’arma dei carabinieri, la polizia  e i servizi di sicurezza fanno di tutto per buttare fumo sulle indagini fino alla beffa finale, nel 2010, con la sentenza definitiva, nessun colpevole, nessun mandante, come se in Piazza della Loggia, in un cestino della spazzatura la bomba ci si fosse buttata da sola.
In questi tumultuosi anni di strategia della tensione le rotte internazionali fioccano, il nome di Rauti circola negli ambienti vicini alla famosa agenzia di stampa Aginter Press responsabile, sotto l’egida della CIA delle azioni di infiltrazione nelle frange extraparlamentari in Francia, Spagna, Italia.
Rauti viene a più riprese indagato, fatto oggetto di provvedimenti di custodia, indiziato, ma sempre ne riesce a uscire pulito, al più ne esce con la nomea di mandante morale, ispiratore culturale di azioni di cui non può certo prevedere le conseguenze.
Se si fosse utilizzata questa casistica durante il processo di Norimberga non ci sarebbe stata nemmeno una condanna, ma siamo in Italia e certe cose succedono.

IL RIENTRO NEL MSI E LA NUOVA VERGINITA’.
Rauti in una foto del 1991 da segretario
del Movimento Sociale
Rientrato nel MSI nel 1969 a pochi giorni dalla strage di Piazza Fontana il nostro buon fascista, nonostante le inchieste a suo carico viene immediatamente inserito in lista per la tornata elettorale del 1972 (anno in cui viene colpito da mandato d’arresto) e nel collegio del Lazio viene eletto per la prima volta alla Camera (sarà deputato ininterrottamente fino al ’92).
Nel MSI si da gran da fare per riorganizzare la frangia giovanile del partito che cominciava a languire dopo anni di disinteresse.
Crea campi giovanili (chiamati campi Hobbit in onore del signore degli anelli nella lettura neofascista), gruppi di interesse, riforma il Fronte della Gioventù, che tanto ha fatto per il vandalismo universitario e non solo.

IL GRANDE NEMICO INTERNO
Il nostro ormai si è praticamente reintegrato, pur mantenendo tutti i contatti con l’estrema destra e con le falangi estreme la sua strada sembra ormai spianata verso la segreteria del MSI.
Solo un uomo riesce a mettergli i bastoni tra le ruote, uno davvero più fascista di lui, Gianfranco Fini.
L’odio di Rauti per Fini è innegabile, in molte interviste lo definisce come un fascistello da braccio teso e lo considera poco meno di un fastidio, ma, sia come sia nel 1987 a Sorrento, il giovanissimo delfino di Almirante, proprio perché sostenuto dal vecchio leader ormai gravemente malato, gli soffia la carica per un pugno di voti.
Un giovanissimo Gianfranco Fini accompagna Rauti
per le strade di Roma.
Nel 1990, in piena crisi per la morte di Giorgio Almirante, il comitato centrale gli concede la segreteria ma non riesce a dimostrarsi all’altezza di guidare un partito e soprattutto rimedia due grosse batoste elettorali in Sicilia e alle amministrative.
I tempi sono maturi per cercare di cambiare la faccia al partito dei fascisti e Gianfranco Fini ha più fiuto di lui.
Di lì a poco Fiuggi sancirà la fine del Movimento Sociale e la figura nera di Pino Rauti si ridimensiona sempre più.
Cerca di rimanere in sella creando prima il Movimento Sociale – Fiamma Tricolore, poi espulso fonda il Movimento Idea Sociale, ma sono solo ultimi fuochi di una storia finita.

Quello che resta di Rauti è l’idea di un’Italia dove gli organi dello stato hanno deliberatamente complottato contro gli stessi cittadini per difendere idee morte e fantasmi del passato.
Quello che resta di Pino Rauti è l’idea di un uomo che verrà sepolto dalle nebbie della storia, ma la cui idea sopravvive incontrastata, in uno stato che non ha mai formato anticorpi sufficienti per neutralizzarla.