lunedì 23 gennaio 2012

LA FINE DEL RE... Bossi a Milano.


Una volta lo si diceva del PCI.
Al partito andava bene il dissenso degli intellettuali, quello alto, a patto che non andasse a intaccare la base.
Il dissenso nelle fabbriche non poteva entrare, lì bisognava dare l’idea della totale unità di intenti, i dirigenti lo sapevano, se crolla la base del partito non è possibile ripartire. C’è un motivo psicologico in questo: l’intellettuale dissente sul modello interpretativo che una dirigenza dà del partito, diciamo dissente sulla linea di indirizzo, l’intellettuale analizza, scorpora il problema, al massimo salva il contenuto e butta via il contenitore (chi ha fatto politica negli anni ’70 sa quante sono state le sigle nate da costole del PCI: DP, IlManifesto, Lotta Continua, Sinistra operaia, solo per citarne alcune).
Per ciò che riguarda la base il problema si fa religioso, un partito di massa deve avere un rapporto messianico con le folle, se lo perde è finita, se persino l’ultimo militante si permette di criticare i vertici e di non guardarli con rispetto non si torna indietro.
Questo è quello che è successo ieri a Milano durante la manifestazione della Lega Nord
Quello che ieri è accaduto a Milano ha tutte le caratteristiche di un mutamento storico nei rapporti tra i vertici della Lega e la base.
Alcune voci circolanti in via Bellerio sostenevano da giorni che Bossi avrebbe preferito, se fosse stato possibile, cancellare la manifestazione di Milano dopo la storia di Cosentino e il diktat antimaroniano ma ormai la macchina era troppo in là nei preparativi e non si poteva più fermarla.
Ieri in piazza Bossi sapeva che si stava giocando l’ultimo atto della saga nordica di cui abbiamo parlato pochi giorni fa.

L’organizzazione è stata come al solito impeccabile, magliette e bandiere sono state distribuite a pioggia, i cartelloni fintamente autoprodotti contro il governo erano già pronti e sono stati innalzati non appena la marcia è partita ma, nonostante Salvini ci abbia messo del bello e del buono,  le voci di scontento non si sono mai veramente tacitate.
Ogni tanto passavano gruppetti di individui colorati e folkloristici, solo che stavolta non ce l’avevano con il “terone” o con il “Negro”. Stavolta ce l’avevano con il “Cerchio Tragico” come viene chiamato il gruppo di familiari e accoliti che fa da cornice a Bossi, con Renzo Trota con Rosi Mauro (la Terrona come la definiva qualcuno ieri) spiccava un cartello: “MARONI IN PADANIA COSENTINO IN TANZANIA” e poi le bandiere dello stato africano, appena una trentina ma abbastanza per fare incazzare parecchio i vertici del partito e gli organizzatori dal palco.
“Per favore abbassate i cartelli” urla Salvini, ma i cartelli non vengono abbassati finché non ci pensa il servizio d’ordine.
In piazza le cose non potevano andare peggio, il solito spompato urlo “Padania Libera” raccolto da pochi e le parole sulla fratellanza ritrovata non fanno alcuna breccia nei cuori leghisti che ormai sono alla ricerca del successore del vecchio leader e lo hanno trovato. Bobo Maroni, il duro, il ministro dell’interno, l’uomo che vuole essere cattivo con gli immigrati, quello che non avrebbe graziato Cosentino.
La base leghista lo vuole unanimemente, non hanno perdonato il doppio scivolone sul camorrista Cosentino e  non vogliono farsi raccontare altre idiozie su Roma Ladrona, tanto ormai non ci crede più nessuno.
Bossi è al capolinea e, tutti lo sanno, la parabola di un leader lo porta alla fine a diventare il capro espiatorio, collettore di tutti i malumori del popolo, è l’ultimo atto di un  capo e il primo di un rinnovamento di partito, laddove un partito è fatto da persone ha, per così dire, un tessuto,  e la lega è un partito con un tessuto umano reale, non morirà con il suo leader come farebbero tutti gli altri partiti di destra (e parecchi di sinistra mi riferisco a SEL e IdV).
Bossi sa di essere passato indenne da molte defezioni la più pericolosa fu quella con il padre spirituale e ideologo del movimento lombardo, Gianfranco Miglio, che ebbe a profetizzare: “Se non fosse stato per me tu saresti un imbonitore di ubriaconi nelle osterie, via io la Lega si perderà nel peggio della politica e perderà il suo spirito”, questa volta non è più in grado di cavarsela e intorno a se ha una cerchia di individui talmente scadenti da non poter essere nemmeno giudicati politicamente, prodotti pecorecci della politica delle poltrone facili degli anni di Berlusconi dove la filosofia era riempire il parlamento di imbecilli e utili idioti, gente ricattabile e ricattata a cui era stata data un’opportunità che in nessun paese civile avrebbe sarebbe mai potuta essere riconosciuta.
Bossi ha finito di esistere e la Lega si trova ad un bivio, da una parte la lenta agonia e la morte dall’altra il ritorno alle origini e quindi la fine del sogno miliardario del partito ricchissimo e dei dirigenti nababbi (cosa che non fa mai piacere a chi di politica ci campa).
Fino ad ora la lega ha scelto di non scegliere, di non riflettere su se stessa e di buttare la palla al di fuori del proprio orticello, ora non può più farlo, staremo a vedere.

sabato 21 gennaio 2012

CAPITANI DI LUNGO CORSO... come naufraga il giornalismo italiano


Uno dei miei maestri di scrittura mi diede l’insegnamento fondamentale del giornalismo una sera davanti a un Campari con bianco dalle parti della stazione centrale a Milano, mi disse: “Di quello che non sai non scrivere niente, non perché il giornalista debba sempre dire verità ma proprio perché la metà di un articolo sono impressioni, bugie e stronzate colossali, e per dire bene le stronzate uno deve conoscere bene l’argomento”.
Io di navigazione e di mare non so niente, non vado nemmeno al mare ad agosto, figuriamoci. Sono rimasto stupito nelle ultime settimane di quanto i grandi giornalisti siano tutti, incredibilmente e straordinariamente esperti di mare.
Capitani di lungo, lunghissimo corso.
La notizia: una nave è affondata a largo (parola grossa visto che la dista stanza era di 150 metri) dell’isola del Giglio, la tragedia è avvenuta perché il capitano ha dato ordine di passare troppo vicino all’isola, come d’altra parte fanno tutti, e lo scafo della nave è stato sfondato da uno scoglio.
Fine del pezzo, cordoglio per i morti, qualche valutazione, possibilmente seria sulla sicurezza della navigazione di questi giganteschi luna park galleggianti  miliardari dove masse di turisti vanno a svuotarsi le tasche, fine della scenetta, facciamo il processo, raccontiamo il processo, facciamo del nostro meglio perché cose di questo tipo non riaccadano.
E invece no, invece per una settimana e oltre si è fatto il peggior giornalismo della storia italiana, si sono ripercorsi tutti gli stereotipi da manuale che fanno la differenza tra informazione e danza macabra.
Abbiamo cominciato con l’inevitabile conta dei morti: sono tanti, no sono pochi (che significa tanti e pochi poi? Un morto è già troppo in questo caso) , ma ci sono i dispersi, menomale, così il mondo resta con il fiato sospeso (e il telecomando in mano) ancora per un po’.
Poi siamo andati all’inesorabile paragone con un’altra tragedia che per una sfortunata cabala compie cento anni proprio nel 2012, il naufragio del Titanic, manco a dirlo metà delle edizioni internet dei giornali italiani riportava la notizia e il paragone fluttuava nell’aere dell’idiozia.
La palma d’oro della banalità la vince certamente l’audiocommento di Vittorio Zucconi su Repubblica, Zucconi, che oltre ad essere il corrispondente storico da Washington di Repubblica è anche il direttore della famosa Radio Capital si sente di norma investito di una sacerdotale capacità di commentare qualunque cosa dal  gusto del gelato, alle scelte di Obama, alla posizione della terra nell’universo. Qui ha fatto del suo meglio con un commento sul mare, padre buono ma severo che colpisce la tracotanza dei mortali e li riporta a capire che sono nati sulla terra ferma e che un nulla può portarli alla rovina.
L’unico elemento che unisce la tragedia del Titanic a quella del la Concordia è che ambedue erano navi parecchio grosse.
Il Titanic era una gigantesca nave da trasporto passeggeri, un piroscafo che serviva a trasportare persone da una parte all’altra dell’atlantico settentrionale in un periodo della storia in cui gli aerei erano ancora dei prototipi, lo dico perché sarebbe il caso che qualcuno lo spiegasse alla truppa cammellata di giornalisti che ha definito il Titanic come una lussuosa nave da crociera, è vero che sul Titanic viaggiavano una incredibile quantità di personalità dell’epoca ma solo perché era il viaggio inaugurale e perché avevano da andare in America a fare i fatti loro, al tempo le crociere di divertimento non esistevano. il Titanic impattò contro un iceberg in mezzo all’atlantico, non in un braccio di mare che normalmente si fa in gommone o con le barchette da pescatori. Infine il sul Titanic persero la vita 1523 persone di cui 800 membri dell’equipaggio.
Tra l’altro, il Titanic non si schiantò contro l’iceberg perché il capitano era un fesso come il nostro ma perché il proprietario della nave non fece mai arrivare in plancia i primi 3 marconigrammi che riferivano la presenza di ghiaccio sulla rotta. Il ghiaccio si sposta, gli scogli a quello che è dato sapere no!
Quando la tiritera del Titanic (qualcuno ha citato l’Andrea Doria ma non ha funzionato la gente non conosceva) si è fatta moscia si sono fatti i soliti grandi scoop all’italiana: Esclusivo, parla la figlia di Schettino, il mio papà non è un mostro.
Prima pagina di una delle free press milanesi, la figlia ha solo 16 anni ma non sembra ovviamente un problema.
Poi, “Schettino torna a casa, il paese lo difende” tutto il paese? Ma proprio tutto? No solo quattro domande fatte al bar, ma per l’articolista de “il giornale” non fa differenza.
Alla fine arriva il grande mistero italiano, la misteriosa donna in plancia! Sarà stata lei a distrarre il comandante?
Io di navigazione ne so poco e forse pure di donne, ma non credo che le navi oggi vengano guidate da un capitano nocchiero con il timone in mano e il pappagallo alla spalla. Credo che ci siano diversi ufficiali a bordo e non credo che la signorina abbia avuto il potere di distrarre tutti e di mandare in tilt un ecoscandaglio e un sonar di profondità. Però si sa, in Italia “u pilu” tira sempre e bisogna mettercelo.
Tanto la vita del signor Schettino è rovinata per sempre, roviniamogli pure il matrimonio, se poi si spara un colpo o si impicca a una trave, meglio, allunga la notizia, c’è già il titolo “Muore Schettino, il comandate che non salì a bordo Cazzo!”.
Mi ricordo che una volta c’era un motto che descriveva l’atteggiamento del peggior giornalismo all’italiana era:  “Sbatti il mostro in prima pagina” poi accadde che tutti vollero diventare mostri pur di finire in prima pagina e la storia si smontò, ai tempi del delitto di Erba conobbi delle ragazzine che stazionavano davanti alla casa dei coniugi Bazzi solo nella speranza che qualche fotografo scattando una foto le includesse nell’inquadratura per darsi la soddisfazione di apparire in prima.
Il mostro migliore però è quello su cui non c’è dubbio, non il presunto colpevole, quello che poi ci si divide in innocentisti e colpevolisti (con la terza gustosa variante umana i Brunovespisti), il colpevole deve fungere da oggetto catartico, da capro espiatorio, perché se le navi sono sempre passate troppo vicine alle coste, se ai passeggeri è sempre andata bene così, se ai turisti dell’isola è sempre andata bene così, perché hanno fatto un sacco di foto, non importa. La colpa non è del turismo di massa che deturpa le bellezze gentili di un paese, che impedisce di godere della bellezza dell’Italia e che rende il piacere dello stare in un luogo, un pecoreccio loisir da turbo turismo con il cappellino scemo. La colpa è di Schettino, solo di Schettino, essenzialmente di Schettino.
Non si vedeva l’ora di trovare un nuovo colpevole, adesso Berlusconi non tira più. Monti è un eroe, la Fornero è un’eroina, qualunque nuovo governante è un santo, un genio o, appunto, un eroe.
Dove diavolo sono finiti i cattivi? Quelli che ti fanno vendere quel 10 – 15% in più?
Comandano le navi della Costa crociere – Carnival.
Ovvio che laddove c’è il cattivone c’è pure il grande eroe, il comandante Defalco, della guardia costiera…
“Qui comando io adesso, salga a bordo cazzo”
C’hanno fatto pure le magliette, con la famosa parolaccia italica che, un’amica a New York mi assicura essere diventata popolare pure lì dopo che è stata riproposta in mezzo mondo.
Ora siamo al capitolo nave che scivola, modellino o disegnino del fondale tirrenico con la nave che va a fondo nelle varie possibilità 1) va a fondo 2) non va a fondo 3) va a fondo ma solo un pochino.
Che noia, che amarezza, che schifo. Questo è il peggio che la nostra stampa riesce a partorire, questo è il peggio del pensiero debole di giornalisti che sono al loro posto solo perché sono gli imbrattacarte di qualcuno sia esso Berlusconi o De Benedetti, solo perché figli, amici, amanti di chicchessia.
Non si è mai richiesta moralità in questa professione, la morale è sempre dettata da un potere e serve a limitare il pensiero critico. Si richiedono però due doti a questi servi di partito, non essere banali, scontati e faciloni  e non cercare a tutti i costi di scendere al minimo comune denominatore (sempre Bruno Vespa).
Ai lettori (non ai telespettatori purtroppo) però dobbiamo fare lo sforzo di chiedere di non abbassarsi, di non rincorrere la notizia per il prurito di sapere quanti cadaveri affiorano dalle acque, quante donne stavano a bordo e a fare che.
Qui l’Italia del giornalismo si dovrebbe vergognare, come si può fare la morale a uno come Schettino altrimenti   

sabato 14 gennaio 2012

CADUTE LIBERE... declassare i paesi che protestano.


Cosentino dopo la votazione di ieri... questa è la politica 
più credibile e migliorata di cui parla S&P?

Groucho Marx scriveva: “Non farei mai parte di un club che avesse tra i suoi soci uno come me”.
Questo sembra essere lo slogan con cui salutare la giornata economica di ieri.
S&P decide un declassamento totale di tutta l’area euro (il club di cui non vorrei mai fare parte) fatta eccezione per Germania, Finlandia, Estonia (?), Olanda e Slovacchia, Irlanda, Lussemburgo e Belgio.
Cadono nella morsa del Downgrade tutti gli altri.
Non che la cosa ci sorprenda, abbiamo gia scritto più volte di come le valutazioni delle agenzie di rating non riflettano minimamente la situazione di un paese ma siano solo l’aggiustamento dei conti degli azionisti delle agenzie medesime.
È bene ricordarlo ogni tanto, le agenzie non sono organismi internazionali super partes, sono banche di investimento private che speculano sui titoli e che hanno tutto l’interesse a manipolare il mercato a loro piacimento sulla base del loro interesse economico e delle loro scelte speculative.
Sempre nella giornata di ieri, l'abbraccio tra il camorra
e una lucida politica moderata (Alessandra Mullsolini,
una che "meglio Fascisti 
che froci" però anche: "Meglio coi camorristi che fuori
dal parlamento a cercare un lavoro"
Di fatto, quindi, non colpisce assolutamente il fatto che ci sia stato il declassamento, semmai quello che colpisce è il motivo dello stesso, per ciò che riguarda l’Italia la nota di S&P sostiene: “L'ambiente politico italiano è migliorato sotto il Governo Monti e le riforme allo studio possono migliorare la competitività italiana". Tuttavia, "ci aspettiamo che ci sia un'opposizione alle attuali ambiziose riforme del governo e questo aumenta l'incertezza sull'outlook di crescita e quindi sui conti pubblici".
Due riflessioni si impongono alla mente di chi abbia un po’ di lucidità e legga un paio di giornali la mattina.
1)    La situazione politica è migliorata?  Dirlo all’indomani dell’ennesimo salvataggio del camorrista Cosentino dall’arresto sembra davvero ridicolo. Se la situazione politica fosse davvero migliorata  avremmo Berlusconi e tutta la sua manica di delinquenti anzitutto fuori dal parlamento, invece fanno parte di una maggioranza allargata al PD ma restano quelli che decidono se il governo resta o va a casa, questo significa essere ancora padroni del paese senza la noioso complicazione di doverci mettere la faccia.
Forse le agenzie di rating americane non lo sanno ma i buffoni che prima giocavano a fare i ministri ora stanno tutti in parlamento e hanno messo i loro uomini nei posti importanti del nuovo governo.
Magari la signora Fornero sarà pure genuinamente stupita che nella bozza di decreto sullo sviluppo economico tra una farmacia e un tassista, spunti l’ennesimo tentativo di erodere un pochino l’articolo 18 ma non credo che non sappia da che parte arriva il signor Antonio Catricalà (quello che il comma quatto quatto, lo ha infilato nella legge). Il signor Catricalà è un uomo del PdL, vicinissimo al numero due del partito Gianni Letta che da anni lo mette in ruoli chiave come l’antitrust e altre amenità del genere.
Va detto che Catricalà come presidente dell’antitrust ha fatto anche parecchie cose buone, non si è accorto del piccolo problema di concorrenza che le aziende di Berlusconi creano in Italia ma sono peccati veniali.
La situazione politica è migliorata solo nella testa delle agenzie americane che hanno tra i loro items di valutazione anche la credibilità e la presentabilità del governo. Essere meno credibili e presentabili del vecchio governo è difficile.
2)    il Dawngrade è dato dal fatto che non è detto che la gente non si opponga alle “coraggiose manovre in campo finanziario messe in atto dal governo in carica”. Come dire, il fatto che si va nella direzione dell’azzeramento delle conquiste sindacali degli ultimi 40 anni dovrebbe essere una roba accettata dalla gente senza opposizione, visto che probabilmente non sarà così, allora ti declasso.
I diritti sindacali se ne vanno a farsi benedire, valgono solo quelli dei padroni, se i sindacati non firmano semplicemente si trova qualcuno che firma e si parte lo stesso. È il caso del contratto AIAS –quello di quelli che lavorano con i gravissimi portatori di handicap – visto che nessun sindacato nemmeno cisl e uil avevano il coraggio di firmare un accordo che prevedeva la negazione della malattia, l’innalzamento degli orari di turno la totale flessibilità nel lavoro,… AIAS ha firmato ugualmente con UGL (il sindacato dei fascisti, pardon dei riformisti moderati di destra dalle parti di Fini e quindi adesso di centro) e il contratto vale.
AVIS, quelli che lavorano sulle ambulanze, propone una cosa simile solo con un bell’aumento di stipendio di 4 euro e 50 centesimi a regime in tre anni (ovviamente lordi).
Bombassei, il numero 2 di confindustria dice che l’articolo 18 va cancellato perché è un noioso freno all’economia, che significa semplicemente poter licenziare chi non mi va bene, prima i sindacalisti, ma non tutti, solo quelli che fanno il loro mestiere, i servi possono stare dove sono, poi il lavoratore che a 50 anni mi rende di meno perché gli è venuta l’ernia del disco e sta a casa troppe volte, oppure la ragazza che decide di farsi mettere incinta.
Su questo c’è una bella proposta di legge che giace in parlamento da qualche tempo, quella di fare scattare la maternità su base volontaria.
Se voglio vado in maternità altrimenti posso lavorare fino al nono mese, partorire sul lavoro andare a casa, farmi una doccia, dare il cucciolo alla nonna e tornare a lavoro.
Fantascienza? Se pensiamo al combinato disposto tra maternità su base volontaria e cancellazione dell’articolo 18 si fa in fretta.
D’altra parte nel mondo delle libere professioni gia si fa, sono molte le mie conoscenti che si sono viste chiedere durante i colloqui: “Scusi lei ha un fidanzato?” se la risposta è sì la seconda normalmente è: “Ma avete intenzione di sposarvi a breve? Cioè dovete fare figli?”
Se la risposta è no la domanda successiva può anche essere: “E ha intenzione di trovarne uno nei prossimi mesi?” (giuro che è successo a una mia conoscente).
Ecco protestare per questo genere di cose, protestare per il proprio futuro preoccupa le agenzie di rating, che per questo ti declassano preventivamente.
Ovviamente una volta fatti tutti i licenziamenti del caso posso sempre abbassare all’infinito il costo del lavoro, i meccanismi già ci sono, l’importante è che non ci siano noiose zanzare a rompermi le scatole, nemmeno in politica.
Per questo “Urge una nuova legge elettorale” come ci ha ricordato il Capo dello Stato… abbiamo fatto fuori la sinistra radicale adesso dovremmo buttar fuori anche Di Pietro e qualche altro rompipalle ed è finita, siamo apposto (un bello sbarramento al 6% sarebbe perfetto) alla fine se in parlamento ci fossero solo PD e PdL non sarebbe tutto molto più facile? Ci si metterebbe d’accordo, magari dietro a un tavolo mangiando e bevendo… al massimo ci sarebbero i “soliti scontenti” che protesterebbero fuori dal parlamento ma tanto sono fuori, appunto.
Mi vien da chiedere, a questo proposito, se una bella legge sulla proibizione dello sciopero ci farebbe guadagnare punti come nazione di fronte ad S&P. Probabilmente sì.

Ecco, se questo è l’andazzo io sarei molto contento di perdere tutte le A le B e le C del rating internazionale… vorrei vedere cosa accadrebbe agli Italiani, tanto soldi in Banca non ce ne sono più.
La verità è che non succederebbe nulla, non ci sarebbe alcun cambiamento della nostra situazione politica e nessuno se ne accorgerebbe… forse ne potremmo addirittura uscire migliorati.
Ma in Italia migliorare è e resta  un’utopia.


giovedì 12 gennaio 2012

LA SAGA NORDICA...perché Bossi vuol salvare ancora Cosentino


"Anche da questa indagine risulta il consolidamento e la continuità dei rapporti criminali che hanno agevolato Cosentino nella sua carriera politica; la pluralità di competizioni elettorali in cui risulta essere stato sostenuto dall’organizzazione criminale; la persistenza del debito di gratitudine (e gli inevitabili intrecci ricattatori) cui egli deve, almeno in parte, le sue fortune"
Inoltre Cosentino era pienamente consapevole della natura dell’operazione di riciclaggio, per la realizzazione di un centro commerciale e di altri affari riferibili al denaro sporco dei casalesi”
Sono le solite cose, quelle che in realtà sapevamo già e che non ci stupiscono.
Sono le cose che avrebbero dovuto fare finire in gabbia il coordinatore PdL campano parecchio tempo fa se la Lega fosse stata quello che diceva di essere: un partito di Lotta, che non piega la testa.
Invece ci trovammo con Bossi che ordinò ai suoi di “graziare” Cosentino, nonostante ci fossero tonnellate di prove delle sue complicità con il Clan dei casalesi, quelli raccontati con tanta precisione nel best seller di Saviano.

Per il Pdl il problema finiva lì.
Il cortocircuito che quel partito presenta al sud, che altro poi non è se non una versione riveduta e corretta del voto di scambio tra mafia e politica dei tempi della DC, giustifica e addirittura rende organica al suo esistere sul territorio la presenza di loschi individui come Casentino.
La DC aveva tra i suoi vertici siciliani i fratelli Salvo e migliaia di sindaci e assessori che erano uomini di fiducia dei clan, il PdL, che ha una forma più aziendalistica si è riempita di certi personaggi sin da subito, coordinatori, segretari di sezione…
Per la Lega il problema è molto più complesso.
Il guaio di salvare uno come Cosentino e di farlo due volte (il tentativo fuori tempo massimo di Bossi potrebbe anche non sortire l’effetto sperato ma è ovviamente un indirizzo in tal senso) tocca le corde più profonde del Partito Verde, va a minare il suo stesso DNA.
La Lega è un partito che con il sud non ha mai avuto “nulla a cui spartire”, è un assembramento del Nord che ha fatto perlopiù leva su tutta la retorica lombardo veneto piemotese del terrone che ruba il lavoro, del “Questi qua son venuti qui a chiedere aiuto e poi ci hanno rubato tutto e ci hanno riempito la Lombardia di mafiosi”.
Questo armamentario pecoreccio ulteriormente arricchito dalle invettive sugli immigrati mal si accorda con la grazia a Cosentino, soprattutto nella testa dei leghisti della strada, quelli a cui non viene in tasca niente dai maneggi politici di Bossi &C. e vogliono solo il loro partito, onesto duro e puro.
Alla fine è sempre così per il popolo: magari posso perdonare degli eccessi ma devo essere sicuro che tu sia onesto.
Salvare il referente politico accertato dei casalesi dalla prigione non è un comportamento che il leghista accetta volentieri.
Altro punto non meno importante la reazione di Maroni, quantomeno stizzita.
Bossi a fianco di Manuela Marrone
Lo sanno tutti da anni, la lega è spaccata almeno in tre tronconi (qualcuno dice che ci siano anche altre derive carsiche ma non è dato sapere), la parte che gira intorno alla famiglia Bossi, ormai sempre più simile a una saga nordica dove il re malato viene manipolato dai suoi consiglieri di corte: la perfida regina Manuela Marrone, quella che questa estate mentre si consumava la pantomima di Calalzo urlava al marito per telefono di buttar fuori dal partito tutti quanti, per primo Maroni (fonte il Giornale che allora faceva ancora da sponda al governo in carica http://www.ilgiornale.it/interni/lady_bossi_striglia_umberto_e_cosi_agita_carroccio_sbatti_fuori_tutti_traditori/22-08-2011/articolo-id=541223-page=0-comments=1)
Poi  la di lei dama di compagnia Rosy Mauro, quella per intenderci che cercò di fare passare al senato la legge Gelmini con un ridicolo teatrino nel quale il senato urlava e fischiava mentre lei, unica a parlare approvava da sola gli emendamenti del governo senza alcuna votazione…

Altro nella cerchia del re è il di lui figlio, il Trota, di cui niente si può dire perché nulla politicamente ha fatto.
Per finire il consigliere personale di Bossi, ben voluto anche dalla dama di compagnia e dalla regina, il giovanissimo Reguzzoni.
È in effetti sul corpo mistico del leader morente che si gioca una partita con la morte per la supremazia nella Lega.
La Marrone sa che Maroni e Calderoli (anime delle altre due correnti fondamentali) in un eventuale congresso celebrato in morte di Bossi, spazzerebbero via il gruppetto insignificante e deve agire prima che il problema si ponga sul serio cercando di mettere i due fuori dal partito, primo tra tutti Maroni .
Questo drammone che comincia a diventare una tragedia Shakespiriana ha ogni tanto bisogno di alcuni elementi esterni per continuare a stupire.
La guerra in casa leghista finora vede la famiglia Addams (cioè Bossi), in vantaggio grazie all’aiuto del Re stregone del regno dell’Oltremafia, Silvio Berlusconi da Arcore, il quale finché dominava con le sue arti magiche il mondo della luce aveva potere di salvare anche la baracca leghista.
Oggi che i problemi dell’altro Leader sono un po’ più grossi di prima la signora Marrone e la cerchia Bosina non sa più a che santo votarsi.
Pare abbastanza ovvio che, se ieri pomeriggio per esempio, nella casetta di Bossi sia arrivata una telefonata del Berlusca che chiedeva minore rigidità nella storia dell’amico Cosentino, i custodi del corpo mistico  siano corsi a mettere la pulce nell’orecchio alla Grande Mummia.
Si tira a campare, in casa della destra, i leghisti lo sanno, possono anche fare i muso duri ogni tanto, possono strillare quanto vogliono sui loro giornaletti ma alla fine la politica costa, e rende pure tanto.
Se la Lega, o una certa parte di essa, dovesse andare in vacca che faranno personaggi come Renzo Bossi e Rosy Mauro? Andare a lavorare nemmeno a parlarne, “l’Isola dei famosi” è chiusa… il grande fratello pure…
Lo sappiamo, il problema dei rifiuti in Italia si ripresenta tale e quale ogni due o tre anni, adesso c’è il problema di questi potenziali rifiuti speciali dalle parti di Gemonio.
Dove li potremmo riciclare… per fare eco a Bossi e ai suoi, io direi “non a casa nostra”!





domenica 8 gennaio 2012

COLLI DI BOTTIGLIA... liberalizzare l'Italia, strangolare chi lavora.


“Via privilegi, storture, lacciuoli burocratici, che ingessano il mercato e tengono alti i prezzi finali di beni come energia, servizi postali assicurativi e bancari, trasporti e servizi pubblici. Mario Monti va avanti sulle liberalizzazioni per "sbloccare il Paese e far saltare i colli di bottiglia che lo rendono più lento degli altri". Promette che le misure saranno "equilibrate, pragmatiche, ma non timide" e toccheranno vari settori perché "un regime di libera concorrenza è più equo". E nel mirino non ci sono solo ordini professionali, negozi, tassisti e farmacie, ma servizi essenziali, e molto pubblico, a cominciare dalle municipalizzate. Non c'è settore che non venga toccato. Banche, assicurazioni, Poste, i mercati di gas e elettricità, i trasporti pubblici locali e non, le autostrade, gli areoporti. Settori dove o la concorrenza non è mai entrata, come nel trasporto locale o dove è entrata, ma non è riuscita a scalfire vecchie resistenze, inefficienze, interessi precostituiti, tanto che i prezzi, come più volte denunciato dai consumatori, a volte più che scendere sono saliti.” Così repubblica oggi nell’apertura del pezzo di Barbara Ardù sulla nuova mania che ha Ri – preso l’Italia.
Amici miei, in barba alla crisi alle fragilità del sistema e alle storture tutte create da anni di sistema liberistico folleggiante e privilegi corporativi, oggi per fare ripartire lo sviluppo si parte dalle LIBERALIZZAZIONI.
Ma si, diciamolo a gran voce, la concorrenza è un bene, liberalizzare i prezzi vuol dire farli scendere, sgonfiarli, creare aperture.
Diciamolo a gran voce, che sono questi lacci e lacciuoli? (solo qualche anno ha su repubblica questa frase non l’avrebbero mai scritta), questo sistema di chiusure che impedisce a chi vuole di far ciò che vuole.
Ci sono solo due o tre problemi, nemmeno tanto secondari che, quando si parla di liberalizzazioni sarebbe il caso di andare a sollevare.
Anzitutto i concetti in economia, per essere onesti, dovrebbero essere d’insieme, e magari evitare di basarsi sul solito luogo comune, o peggio su considerazioni false e storicamente sballate.
Primo, dire che con le Liberalizzazioni si guadagna è un errore, soprattutto in Italia, prima di tutto nessun mercato liberalizzato ha mai visto scendere il prezzo delle merci, si va dal pane, ai carburanti.
Chi faceva benzina negli anni 80/90, quando i prezzi dei carburanti erano decisi al centesimo dal ministero, sa che con 20000 lire di benzina poteva viaggiare parecchio bene, oggi la benzina veleggia a 2 euro al litro nonostante che il barile di greggio stia intorno ai 90 dollari, ben al di sotto dei famosi 150 dollari al barile che ci fecero tremare qualche anno fa.
Le compagnie petrolifere sanno che tanto siamo di memoria corta e quindi ogni scusa è buona per ritoccare verso l’alto i prezzi tanto sono libere di farlo.
Passiamo al settore pubblico, questo disonore italiano.
Dunque, lasciando perdere il caso delle poste, che da quando sono “liberalizzate e privatizzate” vedono una diminuzione delle performance di consegna che fa spavento, il settore più “privatizzato” in assoluto è quello della pubblica amministrazione.
Non lo sapevate? Probabilmente i giornalisti non ve lo hanno detto, per dirvelo dovrebbero fare il loro mestiere, ma visto che aspettano perlopiù che i partiti gli passino le cose da scrivere è un’informazione che non vi è stata data, probabile che la signora Ardù non ne sia manco a conoscenza.
I dati delle grandi città sono impressionanti, sono appaltati a cooperative sociali servizi come: cimiteri, post office dei comuni, asili nido, servizi di igiene ambientali (che poi spesso sono tutti i servizi logistici dei comuni dallo spezzamento neve ai magazzini), alcuni comuni hanno esternalizzato i servizi di anagrafe e tributi (qui qualcuno mi dovrebbe dire che ne è dei miei dati sensibili che dovrebbero essere coperti da privacy e invece stanno in terminali gestiti dalla coop. tal dei tali o dall’azienda tal altra fino a cambio di appalto).
Si sono appaltati i servizi di base degli ospedali pubblici: centralino, accettazione, amministrazione, personale sanitario (oss – asa – e qualcuno parla ormai di infermieri professionali)
Vediamo chi ci va a guadagnare.
Ci dovrebbe guadagnare l’amministrazione comunale anche se alcune ricerche hanno chiarito che il margine di guadagno è davvero risibile in termini assoluti in quanto il grosso dei costi nelle strutture non sta nel pagamento degli stipendi ma nelle manutenzioni ordinarie delle strutture.
Ci guadagna l’azienda che dà il servizio, sono di norma grandi cooperative sociali, alcune hanno bilanci che un’azienda se li sogna.
Chi non ci guadagna.
Non ci guadagna innanzitutto il lavoratore. Mi sono stufato di scriverlo, se siete un laureato o il genitore di un giovane che si sta laureando o diplomando vorreste che la sua qualifica sia pagata 800 euro al mese?
Lo dicono sempre coloro che lavorano nelle strutture a lunga degenza per anziani, operatori qualificati che se lavorassero nel pubblico avrebbero uno stipendio mentre nel privato prendono una mancia, dicono questi lavoratori: “Lavoro con gli anziani in un posto che domani non potrò mai permettermi di utilizzare perché con il mio stipendio la mia pensione mi impedirà di andare a stare in una RSA”.
Non fatevi illusioni non può andare meglio.
Pian piano che nelle amministrazioni i vecchi dipendenti pubblici vanno in pensione vengono rimpiazzati da lavoratori “liberalizzati” e alla fine senza nemmeno accorgersi lo stato passa da pagar stipendi da 1500 euro al mese a stipendi da 800, ma questi qui siamo noi o saranno (sono) i nostri figli.
Questo non è un risparmio che ci dovrebbe piacere, questo è sfruttamento del lavoratore.
Non è un’esagerazione, ho conosciuto dipendenti di cooperative che lavoravano negli uffici di post office delle amministrazioni locali con contratti a progetto.
Ma che diavolo di progetto è smistare la posta? Chiedo. Mi viene risposto che il progetto secondo i capi della cooperativa sta nel farlo più velocemente con lo stesso personale, loro ci riescono e per questo vengono ripagati con la metà dello stipendio dei colleghi e con nessun paracadute sociale.
Ottimo.
Se aggiungiamo che il CCNL (il contratto per i non conoscitori) delle coop sociali è stato appena rinnovato con 34 mesi di ritardo  ha portato a un incremento contrattuale di miserrimo 70€ (a regime nel 2013 però), comprendiamo al meglio il senso del liberalizzare, guadagnare sulla pelle di chi lavora.
Attenti alla vera truffa del sistema.
Quando vi parlano di liberalizzazioni ed esternalizzazioni vi dicono sempre che il cittadino ci guadagnerà.
In realtà parlano del cittadino “consumatore”. Il cliente del servizio.
Io cliente sono quello che spende, e spendendo sono il consumatore finale del bene.
Questo però è guardare l’individuo, la persona, come se avesse solo una dimensione, quella del cliente.
In realtà io cliente sono anche in un altro momento della mia giornata lavoratore, come la mettiamo allora?.
Mario Monti con il commissario UE all'economia Olli Rehn
Se ne sono accorti i camionisti, quando l’unione europea aprì ai trasportatori stranieri la possibilità di trasportare merci nell’UE senza restrizioni.
Questi lavoratori arrivavano dalla Turchia o dal nord africa con le loro tabelle di prezzo, che erano una vera manna per le aziende ma erano impossibili da parificare a quelle di un lavoratore europeo che paga un camion 300.000 euro e lo deve buttare via dopo un tot di chilometri perché le nostre antinquinamento lo impongono.
Il consumatore camionista avrà avuto un guadagno nel prezzo finale della merce ma avendo visto i suoi stipendi dimezzati  alla fine questo guadagno è una perdita.
Questo sempre ammesso che il costo dei beni sia dovuto ai costi di produzione e gestione delle merci, e sappiamo che non è così, nel mondo moderno i costi delle merci sono dati perlopiù da fattori legati all’andamento dei mercati.
È un trucco studiato nei minimi dettagli, quando si parla di certe cose le variabili sono così tante che un conoscitore dell’argomento può facilmente spostare l’attenzione dell’ascoltatore superficiale da un argomento all’altro sicuro che ci saranno pochi a controbattere.
Alla fine c’è sempre un aspetto positivo su cui impostare un discorso.
Il mese scorso mi trovavo a Brescia ad una conferenza sulla gestione dei servizi all’infanzia presso il comune e ho posto a 3 docenti universitari (uno di Milano e due di Brescia) la domanda: “Perché parliamo solo di soddisfazione degli utenti e non parliamo del disagio delle lavoratrici che fanno turni di 6 – 8 ore con i il doppio dei bambini di prima e che sono sottodimensionate e a malapena sufficienti?”
Mi è stato risposto: “Lei non sa di che parla, i genitori nemmeno si accorgono della differenza e se le educatrici non hanno studiato non è un problema nostro”
Ho tentato di ribattere che tutte le educatrici (che prendono 700 € mese) hanno studiato e pure molto, che il problema non era quello ma mi è stato detto che era permessa una sola domanda a testa e non era possibile un contraddittorio.
Sono stato seguito da decine di domande di altri giornalisti che di queste cose non sanno nulla, che erano solo delle riprese entusiastiche delle cretinate dette in conferenza dai tre professori, i quali avevano condotto la ricerca sulla base di dati forniti dalle cooperative stesse (tutti positivissimi ci mancherebbe altro).
Alla fine ho cercato di avvicinare una funzionarie del comune per parlarci ma mi ha detto che per le interviste dovevo prendere appuntamento.
Ecco. Mi domando che razza di idea si sono fatti i lettori degli altri giornali sul servizio delle coop. nei nuovi nidi esternalizzati del comune di Brescia? Tutto bello, il privato è magnifico, si va meglio e si risparmia.
Nessun dato, nessuna valutazione reale, solo filosofia di bassa lega.
E noi ad applaudire.
Tanto Repubblica ora ha il suo eroe che va avanti laddove gli altri non hanno il coraggiom Super Mario.
Tanto i giornali queste cose non ce le raccontano, che poi il pezzo è lungo e toglie spazio alla pubblicità dello stilista di moda e della macchina del momento e i padroni si arrabbiano.
Che tanto chi se ne frega… io sono consumatore e ci guadagno.   
  
 

martedì 3 gennaio 2012

NUOVE GEOMETRIE NELLA NUOVA DESTRA?


Luogo della sparatoria che ha visto coinvolto Francesco Bianco

Non sottovalutate mai i piccoli rumori che vengono dal profondo, dal sottosuolo di norma sono il prodromo di terremoti molto più grandi.
Non mi ricordo chi disse questa frase, credo a margine di una conferenza sulle nuove formazioni di destra a Milano.
In effetti i rumori negli ultimi tempi sono molteplici e forse è il caso di cominciare a prestare un po’ d’orecchio alla cosa.
Andiamo con ordine e facciamolo partendo dai fatti di Firenze di cui abbiamo già fin troppo dovuto parlare.
Le reazioni alla strage opera del ragioniere fascista Gianluca Casseri sono state, nell’ambiente di destra le più scomposte e irragionevoli (per loro).
Per la prima volta Casa Pound si è dovuta misurare su un terreno che non era il suo.
La geometria della nuova destra estrema si è disegnata nell’arco degli ultimi vent’anni e, per funzionare deve presupporre alcuni capisaldi.
1)    Le formazioni a destra del PdL non si dicono più apertamente fasciste, non si richiamano al fascismo in pubblico e dismettono quasi tutto l’armamentario classico a cui siamo abituati (svastiche, celtiche, busti del duce ritratti di Hitler), viene mantenuto un certo vocabolario che i militanti ben conoscono ma che resta oscuro all’uomo della strada (camerata, onore, sangue, giovinezza…)
2)    I gruppi nascono perlopiù come associazioni culturali di volontariato, non partecipano (se non per casi estremi e consolidati come Forza Nuova o il Partito Nazista) alla vita politica organizzata preferendo agire tra le tifoserie organizzate delle squadre delle serie minori o di alcune curve organizzate, gli uomini dell’estrema destra sono i primi a fare manifestazioni contro i provvedimenti come il DASPO per i tifosi violenti.
3)    I temi classici del fascismo sono stati più o meno ricolorati (in verde) con tematiche che sono di facile consumo per l’orecchio dell’uomo qualunque e spesso sono la fotocopia di ragionamenti di altri partiti. Il no all’immigrazione che sa di leghismo e che fa vedere la gente di Casa Pound ma non solo alle fiaccolate indette dalla Lega nel nord, talvolta si vedono usati anche i temi del naturalismo e dell’ambiente, ovviamente in chiave nazional patriottica.

Tutto serve come facciata, a fare vedere che non ci sono pericoli se il tuo figliolo ventenne frequenta “quella gente lì” ma anche, e soprattutto, a fare entrare un numero sempre maggiore di sbandati all’interno delle regole dei gruppi.
Queste formazioni sono utilissime nei cortei avversari, avvezzi al come sono al gioco degli stadi sono bravissimi a creare disordini con le forze dell’ordine e scomparire al momento giusto, sono abilissimi a introdurre nei grandi gruppi armi e cariche esplosive a bassa intensità (non definiamo certe bombe carta come petardi). Inoltre per le associazioni culturali è facilissimo aprire piccole palestre per insegnare, con la scusa delle arti marziali, le tecniche di guerriglia agli aderenti senza che si faccia troppo clamore, Casa Pound e altri gruppetti di destra hanno un sacco di palestra dove si insegna in Krav Maga (metodo militare israeliano teso all’eliminazione istantanea dell’avversario), pensate cosa succederebbe se si venisse a sapere che un partito politico (per esempio il PD) organizzasse corsi paramilitari per i suoi iscritti.
La strage di Firenze ha portato il primo problema, la prima incrinatura nel sistema.
All’indomani del fatto circolavano in rete messaggi dei capi di Casa Pound che dicevano letteralmente agli affiliati di tenere la bocca chiusa e di fare parlare solo i responsabili del movimento, i quali si sono affrettati a dire che in signor Casseri frequentava sì le loro sedi ma che loro non conoscevano chi fosse. Un falso, Casseri era considerato alla stregua di un Guru dalle frange neofasciste. In più circolavano anche fotografie dove massicci uomini bianchi abbracciavano bimbi neri con la dicitura “Casa Pound non è razzista”.
La maggior parte degli aderenti duri e puri rimase un po’ sconcertata e lo fece sapere alla “direzione” ma la cosa, visto che siamo in Italia si è sgonfiata e l’opinione pubblica ha ricominciato a pensare a Babbo Natale.
FRANCESCO BIANCO
Oggi leggo sul “Fatto” che a Tivoli in una strana sparatoria è rimasto gambizzato l’ex NAR Francesco Bianco, qualcuno di voi lo ricorderà perché parlammo di lui un annetto fa, era quello che, infilato all’Atac dal sindaco Alemanno per antica amicizia fascista, si divertiva a pazzeggiare su facebook in orario di lavoro proponendo di sparare ai ragazzi che protestavano contro il decreto Gemini (per i più interessati, andate a cercare l’articolo TUTTI I FASCITI DEL SINDACO DI ROMA su questa paginetta).
Che Bianco non fosse tanto “ex”, né tanto meno dissociato dai NAR, lo sapevamo gia un anno fa ma era abbastanza inutile sottolinearlo visto che il contenuto dei suoi post su Facebook parlava da solo.
Cosa c’è di strano? C’è che siamo a quota due in meno di un anno.
Ad aprile infatti era stato gambizzato anche Andrea Antonini,  vicepresidente di Casa Pound e consigliere del XX municipio.
Quando mi arrivò la notizia in primavera quello che mi parse immediatamente stano fu che tutta la sua parte e lui stesso si affrettarono a minimizzare la cosa e a parlare di uno “spiacevole scambio di persona”.
Lì per lì mi diedi la spiegazione che i gruppi di destra stessero cercando di buttare acqua sul fuoco per procedere a un qualche regolamento di conti con avversari politici di qualche tipo ma non accadde nulla di significativo, nemmeno 9 mesi dopo arriva la seconda aggressione.
La tensione nella destra romana, la meglio organizzata e rappresentativa d’Italia, è alle stelle, o almeno così sembra.
ANDREA ANTONINI
Non solo negli ultimi tempi sono stati sospesi molti dibattiti pubblici e il corteo per commemorare i fatti di Acca Larentia ma parecchi si scontrano l’uno contro l’altro su facebook e sui siti delle formazioni.
La destra non è mai stata un tessuto coeso (come d’altra parte non lo è la sinistra) ma certamente negli ultimi 15 o 20 anni il fiume di soldi che calava dalle tasche del PdL ha fatto da cemento alle azioni dei gruppi e ha dato un senso di posticcia unità, Casa Pound ha lentamente assunto il comando organizzato dei gruppi cambiando la strategia e mettendo i suoi uomini laddove era interessata (i municipi della capitale ne sono un esempio), dal punto di vista universitario e scolastico le azioni dimostrative del "blocco studentesco" si sono moltiplicate e in moltissimi sono riusciti a entrare nelle rappresentanze studentesche.
questo si è potuto fare perché l'aria di impunità che circolava intorno alla destra, soprattutto negli ultimi 3 anni era totale.
Oggi a livello politico le cose sono un pò diverse. 
Soprattutto moltissimi finanziatori "occulti" in questo periodo sono in ben altre faccende affaccendati e non sembrano molto interessati agli intrallazzi del nerume del sottosporco.
Attenzione, quello che detto così sembra un fatto positivo in realtà nasconde il solito rovescio della medaglia. 
Non c’è molto da stare allegri in questo dato di fatto.
L’estrema destra deflagra ma non si annienta, i militanti sono sempre allo stesso posto e hanno grossomodo le stesse (non) idee, hanno bisogno di una nuova leadership e questa non è un'operazione di pochi giorni, in quest’ottica la cosa peggiore che potrebbe capitare è che ci sia uno scontro di potere, soprattutto adesso che Casa Pound ha necessità di stare sott’acqua per qualche tempo ed evitare di fare attirare ancora l'attenzione su di sé.
Non è nemmeno detto che dopo i fatti di Firenze la formazione romana riesca a tornare  gestire una leadership reale.
Che cosa succede in questo caso? La contiguità tra la malavita e certi ambienti è molto forte e non sempre i regolamenti di conti vanno per il verso giusto.
Ci si augura di non dover assistere a scene da anni 70 nella Roma e nell’Italia del 2012 

lunedì 2 gennaio 2012

SAN RAFFAELE... il miraggio della vita eterna... o quasi




Qualche anno fa parlare male del san Raffaele a Milano era come bestemmiare in Chiesa.
Quando provavi a parlare con l’uomo della strada degli indubbi intrallazzi che don Verzé e i suoi avevano con la politica e il malaffare lombardo, la maggior parte degli astanti tirava fuori la solita storiella del parente, dell’amico, del suocero,… che inascoltati dalla maggior parte dei medici nel loro dolore, una volta giunti al San Raffaele erano stati guariti da tutto.
Per coloro che non sono di Milano è difficile capire come il San Raffaele faccia parte del tessuto vivente della città, sia un paradigma del modo di fare affari nel nord produttivo.
Il San Raffaele e il suo defunto fondatore sono, per molti versi la quadra di un sistema, quello italiano, nel quale tutti possono compiere abusi finché non sono travolti dalla valanga che loro stessi hanno creato.
Negli anni novanta accadde per tangentopoli, oggi per il san Raffaele e non solo.
Per quarant’anni (l’inizio ufficiale delle attività del San Raffaele è il settembre del 1971) tutto quello che è girato intorno all’ospedale sapeva di illecito. Non ci voleva nemmeno un genio per vederlo, perché convinto com’era della sua impunità, la maggior parte delle sue porcherie Don Verzé le faceva alla luce del sole.
Non parliamo di false fatturazione o ammanchi nei bilanci, roba da ragionieri e finanzieri, roba che te ne accorgi solo quando ornai la frittata è fatta (vedi Parmalat).
Parliamo di reati accertati quali, abuso edilizio, ricettazione, truffa, corruzione aggravata.
Don verze raccontava sempre una storiella a chi gli chiedeva come avesse pensato alla costruzione di un ospedale in quella zona di Milano: “Quando arrivai su questi terreni non c’era nulla, solo palude e sterpaglia, due aironi mi videro e spiccarono il volo, lo intesi come un segno di Dio”.
In pochi anni su quel terreno di palude e sterpaglia, in barba a qualunque vincolo edilizio venne costruito uno dei più grandi complessi sanitari di Milano (secondo solo al Niguarda), a dirigere i lavori la EdilNord di un rampante giovane imprenditore che avrebbe ben preso fato parlare di lui, Silvio Berlusconi.
del primo incontro tra Berlusconi e Verzè parla lo stesso sacerdote in un'intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere il primo agosto del 2004 "LO vidi per la prima volta nel 1964 in clinica, Berlusconi era un giovane inprenditore di 28 anni, malato. gli dissi: lei guarirà e farà grando cose per l'Italia"
Verzè amava dire di se stesso di possedere doti di preveggenza e taumaturgia, che l'episodio sia vero o meno poco importa la cosa certa è che l’amicizia tra i due è cosa antica, risale a quando fecero cambiare le rotte degli aerei che atterravano a Linate passando proprio sulle teste del nuovo ospedale e del nuovo quartiere con un piccolo trucchetto,  presentarono ai tecnici del ministero incaricati di valutare lo spostamento delle rotte delle carte topografiche taroccate, erano le carte del 1848 che mostravano i comuni di Pioltello e Segrate (in due, comuni da 60000 abitanti) come delle piccole località in piena campagna ma riportavano l dimensioni del quartiere di Milano 2, ancora in fase di edificazione, come se fosse ultimato. Ne risultava che Milano 2 era dalle sei alle 10 volte più grande di Pioltello e Segrate messi assieme.
Le rotte furono definitivamente spostate, il reato ipotizzato è quello di truffa.
In effetti per i suoi maneggi con il prete manager e con il manager e basta venne inquisito e condannato l’allora direttore generale dell’aviazione civile.
L’amicizia con Berlusconi è solida e intramontabile, il cemento (è il caso di dirlo) del rapporto è l’amore per le costruzioni, non solo il San Raffaele comincia a operare in barba al divieto e con l’assenza del documento di agibilità ma pochi anni dopo il prete milanese viene nuovamente condannato per aver tirato su un palazzo di tre piani, la nuova accettazione dell’ospedale, senza alcuna licenza e in maniera abusiva. Don Verzè se ne frega, finisce la costruzione e ci mette i lavoratori, prende in tutto un mese e 10 goirni di reclusione, che non sconterà mai, ma la nuova accettazione resta dov’è, siamo in Italia e nessuno ti mette i bastoni tra le ruote se sei uno squalo spregiudicato, poi un bel giorno Francesco Saverio Borrelli, procuratore capo di Milano dà l'ordine di demolizione.
Di Borrelli Don Verzè dirà: "Non sono stupito, il Bene attira sempre a se il Male e Dio attira l'invidia di Satana".


“Il mio rapporto con Berlusconi non è stato subito dei migliori, dirà il prete manager anni dopo, ma solo con gli anni ho capito che in lui albergava qualcosa di illuminato, che lui era la Guida di cui l’Italia aveva bisogno”.
L’Italia non si sa, certo il San Raffaele dovrebbe intitolare al Piccolo Signore di Hardcore almeno un padiglione visti i regali che sono stati elargiti negli ultimi 15 anni.
Il caso forse meno noto ma certamente più incredibile fu quello della struttura San Raffaele Quo Vadis, polo sanitario da 150 milioni di euro sito sulle colline del veronese a pochi chilometri dal paese natale del fondatore.
Un centro dove si potesse, non solo curare la malattia ma anche promuovere e mantenere le energie “bio – spirituali”.
Un luogo dove elargire cure grazie alle quali si possa vivere fino a oltre120 anni.
Questo della vita eterna è uno dei tanti sogni strampalati di Berlusconi e don Verzé, più vecchio di lui di oltre un decennio, non vuol lasciarsi scappare l’opportunità di  accontentare l’amico finanziatore.
All’inaugurazione c’è un parter di tutto rispetto per l’Italia Berlusconiana, Roberto Maroni, lo stesso Berlusconi a braccetto con una delle figure più vicine e devote a don Verzé Totò Cuffaro (finanziatore del progetto San Raffaele a Cefalù), allora ancora in carica come presidente della regione Sicilia, ma già raggiunto da diversi avvisi di garanzia per Mafia.
Certo qualche piccolo mugugno si alza, per esempio Legambiente e Italia Nostra definiscono la struttura “Un inutile scempio del paesaggio, costruito perdippiù in una zona di interesse naturalistico e paesaggistico”.
I soliti comunisti, non c'è dubbio, però anche la regione Veneto non ci vede chiarissimo… ma come? Chiede l’assessore alla sanità della regione Veneto, ma su quella collina non si era detto che si sarebbe costruito un piccolo centro di analisi con annessi laboratori?
In effetti nel 2000 anno del varo del progetto le cose stavano così, poi però, come si sa, le opere del Signore (Verzè non Cristo) vanno per il verso meno aspettato e infatti viene su l’ospedale.
L’idea è sempre la stessa: “Tanto ormai c’è, sarebbe stupido buttarlo giù, usiamolo e cerchiamo di farlo funzionare bene”
"Alla fine sarà la regione a chiederci di convenzionarsi con noi" sentenziò sbrigativo Verzè quando un giornalista gli fece notare la cosa.
Ecco appunto, "funzionare bene".
Che significa bene? Bene nella testa di don Verzè (e di tutta la sua coorte) ha sempre significato: in modo che il paziente stia bene e che io possa guadagnarci sopra tre volte tanto.
Tanto in regione Lombardia maneggiare nella sanità è facilissimo.
Ci hanno messo anni ma il sistema è talmente perfetto e sperimentato da essere praticamnte inattaccabile.
Funziona così 1) Mettere gli uomini giusti al comando, dirigenti, responsabili amministrativi, direttori sanitari, nella regione sono tutti in area CL e quindi strizzano l’occhio al modello di Sanità di cui il San Raffaele è fulcro e vertice, 2) Coprire i piccoli e meno piccoli illeciti perlopiù ignorando le denunce e accusando di sciacallaggio i giornalisti che ne scrivono, 3) Allargare il raggio di azione della multinazionale ospedaliera in tutta Italia e nel Mondo nell’idea che un soggetto too big to fail si anche intoccabile.
In effetti il San Raffaele è stato ed è intoccabile, anche ora che il fondatore se ne è provvidenzialmente andato prima dell’inizio di qualunque processo e alla vigilia dell’asta per fallimento che avrebbe passato le strutture di mano per sempre, nessuno può dire che sia tramontata l’epoca della gestione allegra della sanità in Lombardia.
Il sistema sanitario in tutta Italia è stato utilizzato dai grandi capitali per fare palate di miliardi sulle spalle del contribuente. Non è sostenibile perché il sistema dei rimborsi pubblici alle strutture private (il San Raffaele ha gonfiato fatture per trent’anni nel pubblico disinteresse) è una truffa legalizzata esplosa da anni che ancora esiste e si regge in piedi solo perché viene coperta dai poteri forti, soprattutto della chiesa e del centro destra che nel campo hanno il massimo dei loro interessi.
 Il sistema degli ospedali privati in nord Italia, la sussidiarietà tanto voluta da Formigoni è servita a depotenziare il pubblico e a creare situazioni limite, ci sono intere aree del paese dove la sanità pubblica è gestita da cliniche private (che però paghiamo noi con i nostri soldi) che se un domani dovessero crollare verrebbero semplicemente rilevate nuovamente dallo stato che le ha pagate fino ad oggi senza alcun problema per gli attuali padroni.
Il furto perfetto, ci hanno insegnato, è quello in cui il derubato non capisce di essere derubato dal ladro e il sistema considera il ladro un eroe.
Facciamo i nostri conti