lunedì 30 aprile 2012

PASSI INDIETRO... parlar di mafia dimenticando Pio La Torre


La pubblicità è l’anima del commercio.
Beppe Grillo, che di formazione è un pubblicitario, conosce perfettamente la regola aurea di ogni imbonitore commerciale: non importa ciò che si vende, l’importante è dire che quello che vendi sia un prodotto unico, migliore degli altri sotto tutti i punti di vista.
Il movimento 5 stelle è il prodotto di punta dell’impero economico di Grillo e lui lo vende come qualcosa di unico.
In questo il politico (non più comico) genovese fa un  ottimo lavoro.
La sparata sulla mafia di oggi rientra alla perfezione nello schema e, in parte non capisco perché la gente si indigni tanto.
Alla fine è tutto un bluff.
Grillo non pensava minimamente quello che ha detto, che tra l’altro è in perfetta contraddizione con quello che aveva detto alla fine della scorsa tornata elettorale quando sostenne che in meridione il suo movimento aveva preso pochi voti per via del fatto che a sud di Roma tutto è condizionato dal voto di scambio.
Allora la Mafia era un problema oggi l’idea è un po’ cambiata:  La mafia non ha mai strangolato il proprio cliente, la mafia prende il pizzo, il 10 per cento”.
Strani casi della vita.
Certi avvenimenti dimostrano tutta la pochezza del nuovo pensiero dominante.
Grillo ne è solo un aspetto, un lato, ma non dobbiamo limitarci a lui e ai suoi comizi (tra l’altro è l’unico che non ha mai un vero contraddittorio, quello di grillo è un one man show, gli altri devono sempre obbiettare a distanza e prendersi una salva di vaffanculo) .
I Movimenti civici, quelli dell’antipolitica, quelli che pensano che per governare basti della gente volonterosa con una buona disposizione d’animo evidenziano una mancanza di orizzonti devastante e una pochezza politica davvero pericolosa.
Per quanto possano essere stati pachidermici e infiltrati dalla corruzione, per quanto si siano caricati qualunque tipo di delinquente, i Partiti politici partono da una visione complessiva del mondo e della società che andava ben al di là della soluzione del problema immediato.
Non è per un discorso di mero avanzamento economico che le socialdemocrazie hanno dato un impianto di un certo tipo ai paesi nei quali sono stati egemoni ha permesso e implementato la concertazione sindacale e riconosciuto tutta una serie di importanti diritti ai lavoratori.
Non è per un discorso di immediato riconoscimento sociale che il Partito Popolare di Sturzo, divenuto poi DC ha costruito accordi e geometria per l’Italia.
Geometrie che a molti di noi non andavano e non vanno bene, ma che sono figlie di un’idea del mondo.
Sono disposto a credere che il delegato della lista civica sia migliore di qualunque politico a risolvere il singolo problema del paese, del quartiere o della regione ma alla lunga la politica non è risolvere i problemi, la politica è comunicare un sogno, l’idea di un futuro che si costruisce perché si crede che la propria idea sia corretta e buona.
Se la politica non è un sogno collettivo, allora che diavolo è?
Risposta ai problemi dei singoli?
Ma il rischio è quello che se non si individuano, i problemi li si può sempre inventare, si può manipolare l’individuo attraverso i problemi da risolvere.
Si ingenera il meccanismo della delega.
Il politico è quello che mi dà, io sono quello che ricevo.

Alla fine si arriva a Grillo, che il giorno in cui si ricorda la morte di Pio La Torre "inneggia" alla mafia.
Forse perché è sicuro di una cosa: molti dei suoi sostenitori nemmeno sanno chi è Pio La Torre.
La Torre era un sindacalista e un comunista, ma era anche un siciliano.
E con l’idea comunista in testa e consapevole di cosa volesse dire il giogo della mafia in Sicilia soprattutto di cosa volesse dire costruire la coscienza di classe in un paese dove il capitale e il padrone erano al tempo stesso mafiosi si mosse per varare una serie di leggi che colpissero la mafia duramente e in modo permanente.
Porta il suo nome la legge che definisce una volta per tutte il reato di Associazione Mafiosa.
Dietro c’è un pensiero generale di altissimo livello a cui noi non pensiamo più.
Prima della legge Rognoni – La Torre per risolvere la questione dei delitti di mafia si ricorreva alla categoria di associazione a delinquere, ma La Torre il comunista, il sindacalista, il siciliano sa bene che le cose vanno chiamate con il loro nome. Se sei un mafioso non sei un delinquente comune, non sei assimilabile a una banda di rapinatori, sei un’altra cosa, perché anche tu, in quanto mafioso hai un’idea del mondo, vedi il modo con degli occhiali particolari e lo vuoi trasformare a tua immagine e somiglianza.
E io ti devo chiamare con il tuo nome, e tu devi mi vedere per ciò che sono.
Porta il suo nome la prima proposta per la confisca dei beni ai mafiosi.
Perché da comunista e da siciliano La Torre sapeva che la mafia è un modo di intendere il capitale e l’economia, di intendere il possesso della “roba” di verghiana memoria.
La mafia la combatti colpendola sul lato del capitale, perché da comunista sai che lo sfruttamento dell’uomo è un fatto di capitale.
Nel 1981 Pio La Torre torna in Sicilia per combattere una battaglia importante ben sapendo che con ogni probabilità qualcuno lo avrebbe ammazzato.
Torna in Sicilia per combattere contro l’istallazione dei missili nucleari a Comiso.
Ma anche qui, non è una battaglia per Comiso, nemmeno una battaglia per la Sicilia.
È una battaglia per il mondo e per un’idea.
Non si trattava di dire, a Comiso non vogliamo i missili, si trattava di affermare che nel mondo degli uomini non ci devono essere missili.
Perché se sei un comunista davvero devi avere il coraggio di dire che non ci sono e non ci saranno mai popoli nemici, che la guerra è sempre fatta dai poveri che ammazzano altri poveri.
E con questi occhi e queste idee a Comiso arrivarono in migliaia, non solo i comunisti, ma gli intellettuali, i pacifisti, i cristiani (e i demo - cristiani). 
Quando il 30 aprile di 30 anni fa Pio La Torre viene ammazzato le sue idee sono rimaste al loro posto, senza ombra.
Non ha senso parlare di Pio La Torre senza parlare della lotta alla Mafia ma nemmeno ha senso parlare di Pio La Torre senza parlare di comunismo, senza parlare di un’idea.
Se penso al movimento di Grillo non trovo nulla di tutto questo.
A Milano sei contro l’Expo senza se e senza ma, a Bolzano sei con Casa Pound perché ritieni che siano giovani che fanno serate interessanti, a Palermo dici che è meglio la mafia dello stato, a Torino dici che il TAV è mafia. Poi a livello nazionale sei contro la cittadinanza ai figli di immigrati.
Molte, anzi moltissime delle battagli del movimento 5 stelle sono condivisibili, molti temi che sollevano sono reali e scottanti.
È il pensiero che ha le gambe corte.
Facciamo finta che riusciamo a bloccare il TAV… e poi?  Facciamo finta che non si faccia più l’expo… quindi?
Dove conduci le tue battaglie a quale idea deve condurre il tuo movimento, allo stare tutti meglio?
Come? Alla maniera degli individualisti che si incontrano solo quando c’è un problema e poi guai a te se mi rompi un’altra volta le palle?
Non sono domande di poco conto.
Il novecento è stato il secolo delle ideologie, e le ideologie hanno condotto il mondo a tragedie immani.
Il duemila che secolo è? Siamo sicuri che sia meglio? 

sabato 28 aprile 2012

PATROCINARE I NAZISTI A ROMA... il comune dà una sala a Franco Freda


Il sindaco di Roma non smette mai di stupire.
Leggiamo sulle pagine di Repubblica che il mitico “Er Celtica”  avrà cura di “ provvedere a revocare immediatamente ogni atto e ogni autorizzazione concessa” dalla sua giunta. 
cosa avrà cura di revocare Giannino?
Niente di che, solo l’ennesimo atto di prepotenza fascista che il comune di Roma e i suoi assessori mettono in atto contro la Città.
Questa volta il fatto è davvero grave.
Il comune patrocina niente meno che la presentazione di un libro sul filosofo tedesco Nietzsche, invitando per “un saluto” l’editore nazifascista veneto Franco Freda.
La città delle Fosse Ardeatine, la città della battaglia di Porta San Paolo (primo atto della Resistenza italiana), la città che pianse otto  mesi di crudele occupazione nazista patrocina la presentazione di un libro dell’editore più nazista d’Italia.
Il semplice fatto che il sindaco se ne sia accorto solo ora, scaricando la responsabilità sul suo assessorato alla cultura sembra addirittura incredibile, ma questo non è nemmeno il risvolto più grave.
Per quanto quello che dico possa sembrare paradossale non è nemmeno la presenza di un delinquente pluriomicida come Franco Freda, l’organizzatore delle bombe del 12 dicembre 1969 a Roma e Milano che portarono alla strage di piazza Fontana, la cosa più assurda.
Se, infatti, l’editore veneto non avesse avuto l’alzata di ingegno di presentarsi a fare il suo salutino alla folla il fatto che il comune di Roma avesse dato una sala del Campidoglio in uso per la presentazione di un libro edito da una casa editrice dichiaratamente Nazista che pubblica in Italia tutti i testi del Nazismo (ivi compresi 4 opere fondamentali di Hitler) e che ha nel suo catalogo opere dal titolo ameno come: “Hitler, il Napoleone del terzo reich” sarebbe passato del tutto sotto silenzio.

Forse i testi delle edizioni Ar sono così ben criptati che è difficile arrivare al catalogo?
Forse il contenuto nazisteggiante dei testi è messo in ombra e le tematiche sono dissimulate per non farsi beccare da sguardi indagatori?
Nemmeno per sogno, basta cercare “Ar edizioni” su internet e si trova un sito ottimamente pubblicato con il catalogo in bella vista.
Io ci sono stato sopra solo pochi minuti e ho trovato: “Salvatore Verde – Scritti di estrema destra”
Tutta l’opera di Hitler con considerazioni agghiaccianti dello stesso freda  "Dinanzi alle parole e ai detti memorabili dei Capi e dei Maestri i semplici devoti devono stare in raccoglimento e osservare il silenzio".
Alcuni testi sulla questione ebraica, di quelli che giravano ai tempi del terzo reich sono inseriti nell’apposita collana, anche i testi di Codreanu, storico fondatore dei nazisti Romeni della Guardia di Ferro sono ben rappresentati.
Potremo andare avanti per un bel pezzo ma lascio al lettore interessato di rimestare nell’immondizia per tutto il tempo che gli pare.

Forse le idee del gruppo Ar di cui la casa editrice è figlia sono sconosciuti ai più.
Nemmeno, il credo fondamentale del gruppo che citiamo qui di seguito si trova tranquillamente su wikipedia:
« Noi siamo: contro i partiti politici. Dagli attuali partiti politici appaiono solo posizioni politiche al crepuscolo, che possono costituire il supporto per il successo di gruppi oligarchici, non certo inserite nel nostro modo generale d'essere. Noi siamo antidemocratici: sui feticci delle democrazie capitalistiche e bolsceviche ricade la responsabilità del crollo dei valori politici e del trauma morale che ha disintegrato degli individui alienandoli dalla vita organica dello Stato. Noi siamo contro certe esasperazioni del nazionalismo, che riteniamo aver frantumato nelle loro implicazioni storiche il substrato unitario della civiltà d'Occidente. Noi siamo antiborghesi: la borghesia, intesa come stato d'animo e prospettiva economicistica del mondo è la prima responsabile di questo clima dissolvente [...] Noi siamo per uno stile di vita che nessun partito può darci; ma solo un Ordine di idee, una Unità differenziata di istanze, il Cameratismo nella lotta contro un sistema sfaldato. Noi siamo per una Aristocrazia che è radicale rifiuto del modello egualitario. Noi assumiamo una prospettiva gerarchica e organica [...] Noi siamo per le civiltà d'Europa e d'Occidente, con i loro Miti e le loro Tradizioni, al di là degli egoismi e dei provincialismi sterili in cui si chiude l'odierna mentalità nazionalistica. Noi siamo per una concezione tradizionale dell'esistenza in cui le suggestioni esasperate e anormali della società e dell'economia cedano il posto ai valori eroici dello spirito intesi come Onore, Gerarchia, Fedeltà »

Sicuramente delle idee che meritano di essere patrocinate.

Non importa assolutamente nulla che Freda fosse presente o meno, l’evento, era già disgustoso di per sè.
Se il capo dei cattivi non si fosse presentato sarebbe andato tutto liscio?

Proprio ieri Alemanno parlava del libro in cui avrebbe presentato alla comunità i successi della giunta da lui presieduta in vista delle elezioni del prossimo anno.
C’è da chiedersi se il libro diventerà un best seller, visto che non credo, non ho dubbi sul fatto che tra qualche anno entrerà nelle collane dell’editore Ar.









#SALVACICLISTI... una manifestazione di sana politica



Ogni giorno nella savana un leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce di una gazzella, ogni giorno una gazzella si sveglia…
Ogni mattina in ogni città d’Italia un ciclista si alza, si mette il casco va a prendere la sua bici in Garage e sa che dovrà essere più rapido e veloce di ogni singolo automobilista.
Il paragone è quanto mai azzeccato.
Per chi vive in città o per chi cerca di raggiungere le varie città da fuori utilizzando la bicicletta il rischio di lasciarci la pelle è all’ordine del giorno.

Oggi a Roma si tiene una manifestazione a cui non posso partecipare per impegni di lavoro.
Credo comunque che chiunque possa ci debba andare.
La manifestazione si intitola #Salvaciclisti (con l’hashtag di twitter) e benché voglia essere assolutamente apartitica e apolitica è davvero politica (laddove per politica si intende per il bene del  cittadino).
In realtà la manifestazione italiana riprende il famoso manifesto del Times dove si chiedeva una città a misura di ciclabilità urbana e dove il ciclista non fosse visto come un residuato da tollerare ma, al pari delle auto come un individuo da rispettare.

Per quanto sembri demagogico la bicicletta è la risposta al declino della nostra società.
È la risposta perché è ecologica ed economica.
È la risposta perché è sociale e soprattutto perché abbatte molti dei concetti che hanno distrutto le moderne città.
La bicicletta è un paradosso.
La bicicletta soprattutto in Italia fa paura.
Fa paura per migliaia di motivi, uno per tutti di natura economica.
Qui da noi, in barba al fatto che il nord è tutto una gigantesca pianura, così come vaste aree del sud (Puglia su tutte), la ciclabilità non solo è stata snobbata, visto come un divertimento per pochi rompiscatole che mi rallentano la domenica mattina quando sfreccio con la mia macchina, ma sempre più è stata osteggiata attraverso i tipici metodi all’italiana.
Si perché l’Italia ha un suo metodo preciso per osteggiare le idee sensate laddove danno fastidio alla FIAT e a tutto il gruppo di potere che la gestisce.
1)    Dire che è una cosa marginale, che non interessa, che sono ben altri i problemi, che in questa congiuntura economica (bla, bla, bla) non ci si può occupare di certe quisquiglie.
2)    Buttarsi a pesce morto sulle megaopere… a Milano la Moratti propose i Raggi verdi che avrebbero dovuto congiungere il centro della città alla periferie per una superficie di 500 e più chilometri totali.
Alla fine del megaprogetto abbiamo visto solo i disegni. Anche perché poi queste ciclabili sono delle opere davvero faraoniche con aiuole, illuminazione a terra, passaggi dedicati, ponti sopraelevati… così imponenti che poi di fatto non si fanno per mancanza di fondi e che si rimandano alle calende greche.

Eppure la bicicletta, se esistesse un piano preciso di sviluppo dello stato sarebbe la risposta.
L’anno scorso ho percorso nel tratto urbano (per fare acquisti, compere e quant’altro) e per andare a lavoro 723 km (tenuti rigorosamente segnati su foglio excel) se li avessi dovuto percorrere in macchina, visto che la bicicletta mi permette di tagliare e fare lunghe scorciatoie avrei dovuto percorrere 878 km.
Se vado a benzina (ho un’ibrida a Metano) la mia auto fa 190 km con 20€ ciò significa che solo di carburante ho risparmiato circa 100 euro, ma ho anche inquinato meno, mi sono mantenuto in forma senza ricorrere alla palestra, incredibilmente non mi sono ammalato mai.

Immagini di una critical mass a Torino
Inoltre la bicicletta è un fatto sociale, il fatto di usarla ti mette in contatto con altra gente, se per esempio la domenica percorri qualche piccolo tratto in bici sul percorso incontri altri appassionati come te, a volte scambi due chiacchiere e se sei disposto fai amicizia.
Incontri gente sui forum, io ho una "fissa" quindi frequento il forum degli appassionati di questo genere di ciclabilità ma ce ne sono migliaia, dagli appassionati di cicloturismo a quelli di corsa e via così.

La bicicletta crea posti di lavoro, la grande industria automobilistica se ne è accorta e ha demolito la grande tradizione italiana di costruire biciclette.
Ormai in Italia sono pochissimi i grandi marchi, Bianchi e Legano costruiscono per al maggior parte all’estero, e sono pochi i pionieri che ci provano.
Ma negli ultimi anni sta rinascendo una certa consapevolezza, molti non si accontentano più della bici da supermercato, cercano la qualità, il made in Italy.

Troppo pericoloso, se si pensasse a questo e si investisse una ragionevole quota di mercato in questo tipo di sviluppo la FIAT come farebbe.
Il ciclismo in Italia è stato visto da sempre solo come uno sport, o meglio è stato fatto percepire solo come uno sport.
Una roba da campioni, una roba da Pantani, Bugno, Coppi, Bartali, se non sei capace di scalare il Tonale allora comprati una bella macchina.
Da anni la media di percorrenza in auto durante l’ora di punta dentro le città è in media di 15 km ora.
Questo è il passo di un ciclista che passeggia.
Se la gente lo sapesse, almeno da aprile a ottobre le strade si riempirebbero di biciclette.
Ma la gente non lo sa.
Non conviene raccontarlo.
D’altra parte l’auto per molti è ancora l’oggetto del sogno. L’industria pubblicitaria ha fatto molto per creare il modello dell’automobilista, signorile, vincente, ricchissimo, oppure giovanissimo belloccio con fidanzatina a seguito, o padre di famiglia con villazza da cui andare a prendere i figli.
e' il modello dell'italiano che vince, contro quello dell'italiano perdente con la sua biciclettina, un po' a metà tra il comunistoide ecologista e lo sfigatello secchione.

Per questo la manifestazione di oggi è importante e decisiva.
Perché in Italia devono cambiare le teste per poter mettere in critica i modelli.
È giunto il momento di farlo…
Se non ora, quando?

venerdì 27 aprile 2012

UOMINI QUALUNQUE CRESCONO... il Movimento 5 stelle e il partito dell'Uomo Qualunque


Ci sono cose immancabili come la morte e le tasse.
In Italia una di queste è Beppe Grillo.
Il personaggio Grillo, lo showman Grillo, il politico Grillo mi ha completamente rotto le scatole.
Da 48 ore si sta montando un teatrino davvero ridicolo tra il comico e Napolitano, colpevole, di aver detto che la politica non deve cedere alla demagogia di pochi e di aver fatto un parallelo tra il Movimento 5 Stelle e il Partito dell’Uomo Qualunque.
Visto che se ne parla parecchio e visto che di paralleli con Grillo ce ne sono davvero tantissimi credo sia giusto spendere qualche parola su cosa fosse il “Fronte dell’uomo Qualunque” e su cosa ha lasciato come eredità all’Italia (oltre al termine dispregiativo “qualunquista”).

Il 27 dicembre del '44 in una Roma che ancora contava le vittime dell’occupazione e con i cannoni della guerra che si spostavano verso nord, un intellettuale piuttosto particolare, Guglielmo Giannini fonda il giornale “L’Uomo Qualunque”.

L’idea di Giannini, è molto semplice, il fascismo ha fatto un sacco di zozzerie ma il ritorno alla politica tradizionale è paradossalmente peggio.
I partiti faranno ingerenza nella vita degli individui, saranno pervasivi e cercheranno di plasmare la vita della gente a loro immagine in modo da impedirle di vivere come vuole lei.
In altre parole , la gente (non il popolo ma la gente) vuole solo una cosa: “Essere lasciata in pace”, pensare agli affari propri.
Il primo numero del giornale è un successo arriva a 25000 copie.
Nella “U” del titolo compare la vignetta di un uomo che viene schiacciato da un torchio, l’uomo che viene spremuto dalla politica.
Sotto una vignetta in tutta pagina un uomo scrive sul muro “Abasso Tutti”
Il modello comunicativo di Giannini è molto semplice.
Articoli pungenti e attacchi frontali agli avversari, moltissima satira di bassa lega, legata soprattutto al malcostume della politica.
Soprattutto una rubrica raccoglie moltissimi consensi, si intitola “le Vespe” e raccoglie il gossip politico, i pettegolezzi più pungenti e le cattiverie sulla classe dirigente.
I paralleli tra Giannini e Grillo sono in effetti parecchi.
Come Grillo anche Giannini usa il suo palcoscenico per sparare a zero su un’intera classe dirigente, senza fare distinzione, tutti sono marci, corrotti, schifosi, tutti vogliono schiacciare l’individuo, siano essi comunisti o democristiani.
Come Grillo Giannini ama storpiare in modo volgere i nomi dei suoi avversari veri o presunti, Calamandrei diventi negli articoli Caccamandrei, così come Pisapia era diventato nei giorni delle elezioni a Milano Pisapippa nel vocabolario grillino.
D’altra parte l’Abbasso Tutti di Giannini sembra il papà del Vaffanculo di Grillo.
Giannini inizialmente vorrebbe che i voti dei suoi lettori confluissero nel Partito Liberale (lui stesso si dirà sempre Liberal-liberista) ma Benedetto Croce si rifiuta categoricamente di incamerare le idee del giornalista e dei suoi all’interno del neonato partito di centro destra.
Il motivo è chiaro, Giannini non se ne accorge ma, soprattutto nel sud la sua idea viene sposata da ex fascisti spaventati di perdere il proprio potere se, come viene paventato, si procederà a delle epurazioni di massa dalla macchina dello stato.
Moltissimi che erano contigui al regime, al suo scioglimento non riescono a trovare alcuna sponda politica che possa offrire protezione e un movimento che chiede l’estinzione dei partiti sembra essere la soluzione più adatta per non morire.
Quando i Liberali rifiutano al movimento di diventare parte del loro partito Giannini fonda un partito suo proprio.
Il programma è semplicissimo:
  1. Lotta al Comunismo, e al sindacalismo (visto da Giannini come una continuazione ideale del partito di massa).
  2. Lotta la capitalismo industriale (soprattutto ce l’ha con gli Agnelli)
  3. Limitazione assoluta al prelievo fiscale.
  4. Negazione di qualunque ingerenza dello stato negli affari della gente.

Uno dei suoi motti preferiti è: “per governare basta un buon ragioniere che entri in carica il primo gennaio e se ne vada il 31 dicembre. E non sia rieleggibile per nessuna ragione".

Lascio al lettore di tirare le somme con il Movimento 5 Stelle.

Il Partito dell’uomo qualunque riesce a inanellare tutta una serie di successi, la formula è sempre la solita: uno contro tutti, non va bene nulla.
La CGIL di Di Vittorio viene accusata di essere un gruppo comunista che si allea con il grande capitale per meglio sfruttare gli operai.
Giannini scriverà di averne le prove ma non le pubblicherà mai.
Intanto il partito viene infiltrato da gruppi clandestini fascisti in special modo da elementi delle SAM (Squadre di Azione Mussolini).
In breve il partito ottiene grandi successi attestandosi ad un 5% su scala nazionale ed eleggendo 30 deputati nella costituente e diventando il 5°partito d’Italia.
Tutti i partiti attaccano la nuova formazione, nel primo congresso del PCI Giannini viene bollato come Fascista.
L’Unità definirà Giannini e i suoi come: “tristi speculatori delle sventure d’Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio”.

LA fine del movimento dell’uomo qualunque fu tuttavia rapida come il suo successo.
In parlamento la fiera ostinazione contro tutti i partiti non permise mai ai Qualunquisti di portare avanti alcuna legge e le proposte che vennero avanzate spesso si rivelarono prive di fondamento e fin troppo contigue al pensiero fascista.
Dalle colonne del giornale gli attacchi di Giannini si fecero via via più feroci e immotivati, il giornale arriva a definire “Rutto del Nord” il movimento partigiano, sostiene che non sia né giusto né motivato celebrare delle bande comuniste come dei liberatori.
Ormai stretto in un angolo dal suo stesso atteggiamento intransigente Giannini firma la fine del suo partito durante la 4° legislatura DeGasperi, che estromise definitivamente i comunisti dal governo.
Il giornale saluta la decisione degasperiana come l’inizio della fine del Comunismo e dichiara appoggio al governo democristiano.
La cosa non piace per niente all’elettorato che non intende abbracciare la politica di chi fino a poco tempo prima era stato bollato come “un inutile niente”
Di lì a poco in tutta Italia i gruppi Qualunquisti si scindono dal partito e creano movimenti indipendenti che partecipano alle elezioni raccogliendo buoni consensi ma frammentando l’elettorato.
Allo scioglimento del partito la maggior parte dei dirigenti si unirà al Partito Nazional Monarchico e al MSI appena creato.

Non sono uno che dà ragione a Napolitano tanto spesso ma credo che Grillo prima di sparare a zero dovrebbe riconoscere che i paralleli con la sua politica sono davvero numerosi e che la base del suo programma sociale e politico è molto simile.
Inoltre, avere in mano le copie del giornale è una sorpresa, il linguaggio, il taglio e le modalità sono identiche (con i dovuti aggiustamenti dovuti all’epoca) a quelle del comico genovese.

LA situazione politica sembra anch’essa simile a quella in cui l’uomo qualunque mosse i suoi primi passi.
La prassi di dire: “Sono tutti uguali, destra, sinistra, centro, noi siamo i soli diversi perché parliamo dalla parte del cittadini e non siamo interessati a fare parte col potere” è cosa vecchia e buona per ogni stagione.
Anche il sentimento dell’antipolitca è una casa vecchia e buona per ogni stagione e idea politica, di norma però crea più danni di quanti non ne creda di sanare.
Chiudo l’articolo con un passo di vera maestria antipolitca che sarebbe certo piaciuto al qualunquista Giannini e, forse anche a molti grillini, non dico chi lo ha scritto arrivateci voi.
“Tutte le mattine il ‘rappresentante del popolo’ arriva al Parlamento, se anche non entra riesce ad arrivare all’anticamera dove viene affisso l’elenco dei parlamentari presenti ed è su questo elenco che il nostro, servendo la nazione scrive il proprio nome, ed è per questa fatica enorme giornaliera che incassa un profumato indennizzo.
Passati 4 anni o arrivati presso lo scioglimento delle Camere questi signori vengono sollecitati da impulso irrefrenabile, come il bruco che deve uscire dal bozzolo per diventare farfalla e corrono di nuovo dal popolo, ricomincia di nuovo a parlare agli elettori, parla dell’ostinazione degli altri e di come essi abbiano invece duramente lavorato […].
E così il gregge del proletariato e della borghesia rientra nella stalla.
Con questo l’uomo delegato dal popolo a rappresentarlo si ritrasforma nel bruco parlamentato e riprende nuovamente a nutrirsi delle fronde dell’albero statale, per iniziare il ciclo 4 anni dopo”

(Noto politico del novecento… CHI scrisse questo pensiero?)


   

martedì 24 aprile 2012

LA LUNA DI MIELE E' FINITA... lo spread e le presidenziali francesi


Francois Holland il grande favorito al secondo turno delle
presidenziali francesi 

La luna di miele è finita.
Dopo i risultati del primo turno in Francia i grandi investitori hanno ricominciato a dire la loro.
Lo spread tra i bot e i bund risale a 409  punti, così come risale quello spagnolo e quello francese.
I mercati sono molto chiari, il voto popolare non gli va bene, il loro candidato in Francia era Nocolas Sarcozy, coi suoi piani di austerità, il resto non può è non deve esistere.
In effetti quello che è accaduto ieri era ampiamente prevedibile e nemmeno sembra uno scandalo che il Front Nationale di Maine LePen abbia fatto il pieno di voti, o che il blocco comunista sia il quarto partito con l’11,11%.

Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo, dietro a quello che è accaduto in Europa negli ultimi anni c’è un sistema fin troppo semplice.
I grandi investitori, che hanno i loro centri nevralgici nelle banche di investimento mondiali (che hanno i loro principali gangli nelle agenzie di rating Standar’s and Poor, Moody’s e Fitch) hanno disegnato un modello di sviluppo che nel grande periodo, per funzionare, deve scaricare il peso della speculazione sulla popolazione per permettere i margini di guadagno agli investitori stessi.
Le banche si svuotano per via dei mutui sub prime? Si creano titoli spazzatura che vengono spacciati agli investitori o alle altre banche per permettere di ricapitalizzare la perdita.
I fondi sovrani fanno il bello e il cattivo tempo sui mercati internazionali? E noi dobbiamo fare finta che il problema sia la “competitività” (con la Cina magari, provaci tu a competere con la Cina sulle quantità dell’industria manifatturiera).
Un sistema di questo genere, basato sulla truffa, per funzionare ha bisogno di due assi fondamentali.
Il panico nella popolazione e governi pronti ad avallare qualunque cavolata purché si faccia per la “stabilità” (altra parolina fantastica).
Fino ad ora, complici anche la stampa e i media che continuano a dire idiozie, il giochino funziona alla perfezione.
Nell’ultimo anno e mezzo si sono scaricati sui cittadini tutti i problemi della macroeconomia.
Si sono demoliti pezzo per pezzo i pilastri fondamentali della democrazia europea, quella che ci rendeva diversi sia dagli Stati Uniti d’America sia dal terzo mondo (perché qui senza un lavoro potevi avere ancora qualche speranza lì eri un miserabile).
Se guardiamo alle conquiste politiche e sindacali che hanno concesso alle generazioni dei nostri padri di poter vivere una vita agiata, acquistare beni e servizi in libertà, e paragoniamo il tutto alla nostra generazione è evidente che siamo stati truffati.
Ci hanno spacciato la miseria per progresso.
L’ultima beffa, sempre ammantata di paroloni invitanti che uno non riesce a capire ma che sembrano positivi è quella dell’inserimento del pareggio di bilancio in costituzione.
Ovvero:
 Art 1) l’Italia è una repubblica fondata su Unicredit e Banca Intesa sovrano è il ministero del tesoro che stabilisce le leggi per fare sopravvivere tranquillamente i due istituti.
Art 4) La repubblica non è responsabile di quello che avviene se e quando il cittadino lavora, comunque se serve a fare stare tranquilli i mercati i licenziamenti di massa sono accettati da questa carta.
Art 9) La repubblica promuove a parole lo sviluppo di cultura e ricerca se e quando abbiamo soldi comunque senza sovvenzioni pubbliche perché bisogna che il bilancio vada a pari (vabbè questo gia succede lo so).
E così via.

Sarkozy, fino ad oggi l'uomo delle Banche in Francia 
Il problema è che fino ad ora il piano aveva funzionato, in Grecia ci avevano messo il loro uomo con la consegna di fare hamburger con la quello che rimaneva della carne della gente, in Portogallo avevano fatto andare quello che il giorno dopo gli aveva cancellato la sanità pubblica, in Italia c’era quell’altro che in sei mesi aveva demolito tutte le conquiste di trent’anni con l’aiuto sempre utile di quel partito che dice di essere di centrosinistra e invece fa la grossa coalizione con il partito del signore cattivo di destra e che, tutto sommato pensa che alle prossime elezioni un accordo con gli ex fascisti si potrebbe pure fare.
I grandi investitori mondiali hanno pensato: “Perfetto, adesso diamogli il contentino dello spread che scende e buona notte a tutti”.
Poi è successa una cosa inaspettata, il primo turno delle politiche in Francia e subito dopo il casino in Olanda.
Dove sta il problema? Hollande sarebbe davvero così pericoloso se dovesse vincere lui? ed è davvero così impossibile che Sarkò ribalti il risultato?
No, niente è impossibile e con il pallottoliere alla mano il leader uscente ce la potrebbe ancora fare.
Tutti e due potrebbero uscirne vincitori e tutti e due hanno le stesse possibilità, sulla carta.
Il problema è che per farcela hanno bisogno dei voti dei comunisti (Hollande) e dei Fascisti (Sarcozy) e quindi per vincere dovranno dire cose che facciano contenti gli uni o gli altri.
Nel caso di Hollande la partita è molto più facile, nei giorni scorso si è già espresso contro molte delle tesi del predecessore e ha detto che di inserire il pareggio di bilancio in costituzione nemmeno se ne parla.
Jean - Luc Malenchon, candidato della federeazone
della sinistra francese (11.11%), ha già dichiarato che 
i voti del suo gruppo finiranno a Hollande, ma sarà il 
vero problema per gli equilibri politici dei Socialisti 
Per Sarkozy il problema è più grave, Marine LePen e i suoi sono fieramente antieuropeisti, sostengono che l’immigrazione vada completamente arrestata anche ricorrendo alle armi, sostengono che si debba ragionare su un ritorno del Franco in economia e uno sganciamento della Francia dal sistema Euro, sono fieramente antislamici e vorrebbero una forte riduzione dei diritti dei cittadini di fede islamica.
Da noi in Italia sono i temi cari alla Lega, ma i francesi non ci sono abituati e sembrano parole grosse.
Al povero marito di Carla Bruni, non spiacerebbe nemmeno dare fuoco alle Moschee e sparare agli immigrati se questo servisse a farlo rieleggere ma il problema vero e proprio è quello del rapporto con l’Europa.
Se dice troppe idiozie in campagna elettorale, la cosa peserà nei rapporti con la Germania una volta chiusa la partita, se sembra tiepido gli elettori del Front potrebbero pure decidere di non appoggiarlo trovando alcune tesi di Hollande più vicine ai loro interessi, quelle che per esempio parlano di stato sociale, pensioni e sanità.
Marine LePen non si è ancora espressa in favore del candidato 
Sarkozy ma buona parte dei suoi potrebbero votare Sarkò
ha raggiunto il 19%. Contro Chirac suo padre arrivò
al secondo turno.
Inoltre bisogna considerare che le elezioni Legislative, quelle che eleggono il parlamento sono fissate al 10 di giugno, poco tempo per valutare il lavoro di un presidente ma abbastanza per non votare il suo partito al secondo turno se non fa subito qualche mossa eclatante in direzione delle mie richieste.
Come ne può uscire Sarkò?
Non è facile prevederlo.
Quello che è successo in Olanda la dice lunga, se un governo deve mantenersi in piedi grazie all’estrema destra poi succedono cose che non prevedi, tipo durare solo un annetto e dovere andare a piangere sulle ginocchia della Regina con il mandato in mano subito dopo.

Le banche sono preoccupate, gli investitori non dormono sonni tranquilli e quindi reagiscono con una nuova speculazione sullo spread, tanto per dire ai cttadini europei che si distraggono, siamo ancora noi a comandare, che è questa nuova idea di ragionare diversamente e di eleggere chi non vogliamo noi.
Servirà anche stavolta lo spauracchio del fallimento dello stato?
Le elezioni in Italia si avvicinano, gli italiani resteranno ancora ancorati al duopolio PD – PdL che alla fine sono la stessa cosa o cambieranno orientamento, e in questo caso la banche come reagiranno? 

   

sabato 21 aprile 2012

DIAZ... un occasione persa per fare un buon film


Non mi capita spesso di commentare film.
Non credo di essere in grado di fare il critico e, sinceramente, da scrittore spesso giudico l’esercizio della critica un po’ fine a se stesso.
Tuttavia per quello che riguarda la visione di “Diaz, don’t clean up this blood” faccio un’eccezione.
Ci sono andato dopo parecchio tempo dall’uscita nelle sale sia per una serie di problemi logistici sia per una sorta di repulsione che mi spinge a tenermi lontano da tutto quello che viene confezionato per il grande pubblico sui fatti di Genova (mi fanno ancora troppo male).
Alla fine ce l’ho fatta e mi sono convinto ad andarci.
Sono rimasto davvero deluso e per la prima volta in molti anni mi trovo a dover sposare quasi integralmente le tesi di Vittorio Agnoletto nel suo pezzo che potete trovare a questo indirizzo http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20120411/manip2pg/01/manip2pz/320968/

Devo dire che il film mi ha tolto il sonno e sono rimasto indeciso per un bel po’, non riuscivo a capire se meritasse una recensione o meno.
Alla fine mi sono deciso per il sì, anche per che coloro che Genova l’hanno vissuta e non possono essere raccontati al grande pubblico nel solito modo all’italiana, dove se un poliziotto fa il suo dovere è un eroe ma se fa qualcosa di criminale si devono cercare le attenuanti generiche.

Poliziotti stanchi, infastiditi dalla reazione dei Black Block che li bersagliavano con sassi e bottiglie hanno calcato la mano, lo dice chiaramente nel film il primo dirigente di polizia senza nome che comanda il VII: “Io i miei non li tengo più”, come a dire, abbiamo subito troppo adesso reagiamo.
Prima di tutto sarà il caso di spiegare che il VII nucleo speciale antisommossa (il VII cavalleggeri come gli piaceva farsi chiamare in quei giorni) era un nucleo creato apposta per la situazione, comandato dal primo dirigente Vincenzo Canterini (quello che nel film non li tiene più), composto per la maggior parte da esperti nella gestione dell’ordine pubblico negli stadi, gente insomma che sa bene dove sta il vero pericolo e deve sapere discernere nella mischia tra il tifoso violento e il padre di famiglia, nella Diaz non lo hanno saputo fare, o non hanno voluto.
Oltre a questo mi avrebbe fatto piacere che in mezzo ai pestaggi ai ragazzi ci si fosse soffermati anche su quello che molti dicono: i poliziotti li costrinsero a cantare canzoni fasciste, a tenere il braccio alzato a modi saluto romano, urlando “sieg heil”.
Genova segna uno spartiacque per il movimento anticapitalista mondiale, è certo, ma anche per la polizia di stato.
Dopo Genova nessuno può più dire che la polizia si sia rinnovata dagli anni 70, il rinnovamento è stato solo di facciata, moltissimi sono ancora saldamente Fascisti sia nei vertici che nella truppa.
Secondo dato che stride: di chi è la colpa della Diaz e di Bolzaneto (par di capire)? Di un certo tizio, senza nome che arriva da Roma e che fuma un sacco di sigarette.
Si indugia parecchio su di lui all’inizio, scende da un aereo, lo stanno aspettando diverse macchine, lui con l’aria da duro e cattivo si ferma a fumare una sigaretta.
Non gli si dà un nome perché si rischia di fare male a qualcuno ma tutti i beninformati (2 o 3 per ogni visione del film) lo individueranno subito come il prefetto Arnaldo La Barbera, provvidenzialmente morto qualche tempo prima del processo d’appello e quindi buono per fare cadere su di lui tutte le colpe.
Non si vede Gianni De Gennaro, vivente e condannato né si vede l’attuale capo della polizia Antonio Manganelli, non si dice soprattutto che tutti i responsabili materiali e organizzativi dei pestaggi sono stati promossi e ora ricoprono cariche importanti nella polizia di stato.
Questo significa che hanno fatto esattamente quello che dovevano fare.
Scompaiono completamente i politici, non c’è Gianfranco Fini, presente nella sala operativa nelle ore delle cariche che precedettero la morte di Carlo Giuliani ma dato per sicuro ospite delle medesime stanze anche nei giorni successivi.
Non si vede il gran ciambellano dell’evento, il ministro degli interni Scajola, presente in ogni momento e sempre informato di quanto avvenisse nelle strade.
Non si vede Castelli, che però la notte tra il 21 e il 22 luglio era andato in visita nella caseram di Bolzaneto e aveva detto di non aver visto nulla di insolito, strano alcune testimonianze parlano di molto sangue ovunque persino nei gabinetti dove i prigionieri venivano condotti ad uno ad uno e costretti a defecare (soprattutto le donne) mentre i poliziotti della penitenziaria guardavano tutto.
Ma il ministro castelli oltre che scemo e pure ceco e sordo.
Si vede solo Berlusconi alla fine del film che fa il notissimo commento sulle bombe molotov.
Mettere Berlusconi in fondo al film come a dire, alla fine il colpevole è lui è un bell’atto di genio del regista, ormai in Italia abbiamo il nuovo Mussolini e possiamo dimenticarci che tutti i gerarchi sono tornati in buon ordine ai loro posti, alcuni tra poco andranno al governo con il PD, tanto certe cose non gliele chiederà più nessuno.

La Diaz non fu la reazione esasperata allo stress di tre giorni di caldo insopportabile e tumulti, la Diaz fu una prova.
Se tutto fosse passato sotto silenzio se ci fosse stato il plauso degli italiani alla cosa allora si poteva procedere alla pianificazione del regime.
Quando si trasforma uno stato in una dittatura si deve trovare sempre un momento di svolta cruenta, per Hitler fu l’incendio del Reichstag di Berlino, per Stalin l’omicidio di Kirov.
Se il popolo avesse detto: “Ben fatto, a Genova sono stati messi apposto dei facinorosi pericolosi e violenti, viva la polizia” poco dopo avrebbero cominciato ad entrare con le stesse motivazioni  e con gli stessi metodi nei centri sociali, nelle sedi dei partiti e nei circoli univeristari.
Non è fantapolitica e sempre stato così.
Per fortuna gli andò male, in parte perché la reazione del mondo fu indignata e in parte perché la regia della cosa fu data in mano a degli incompetenti come, appunto Castelli e Scajola.

Sono sempre stato convinto che a Genova la destra cercasse un buon numero di morti, ma non tra i manifestanti, i politici voleva che morisse qualche poliziotto.
Poter dire che si era davanti ad un attacco agli organi dello stato, poter parlare di terrorismo e di difesa del paese, fare dei martiri, e contemporaneamente ammazzare un po’ di ragazzini per fargli passare la voglia di protestare sarebbe stata la ciliegina sulla torta.
Invece a morire fu solo Carlo Giuliani.
Buttare 11000 agenti con equipaggiamento pesante in una città come Genova, comandati da dirigenti che non erano del posto e non ne conoscevano la geografia (dalle comunicazioni radio si sentono spesso gruppi  che si perdono che chiedono dove devono andare), incasinare la catena di comando togliendo le competenze alla questura di Genova per affidarle ad altri con competenze diverse da quelle dell’ordine pubblico, non pianificare la presenza di mezzi e di gruppi.
Questi non sono errori di valutazione, sono azioni deliberate per creare il caos e mettere gli agenti a contatto con i manifestanti senza che i primi sappiano che fare e senza che i secondi si aspettino una reazione violenta (moltissimi di noi di fronte a tutto il casino pensava, se alzo le mani e dico che non sono un Black block non mi meneranno mica, tanto il corteo è autorizzato).
Sono stati fregati da una cosa che un fascista non può prevedere.
A Genova c’erano poche decine di Black Block e 500mila pacifici ragazzi.
Non volevamo le guerr imperialiste, non eravamo intenzionati noi a farne una, volevamo solo dire una cosa: “Un altro mondo è possibile”.

Il film non parla di tutto questo, il film si chiude con il black block francese che dice: “Cercavano noi, è colpa nostra”. Ma i black block non sono stati colpevoli della Diaz e di Bolzaneto, al massimo sono stati colpevoli di avere spaccato vetrine e devastato strade intere.
La Diaz e Bolzaneto sono altra merce, sono merce da regime che con la violenza gratuita dei neri ha poco a che vedere.

Ci spiace per il film, un’occasione certamente persa.
  


giovedì 19 aprile 2012

DOPO UNA PICCOLA PAUSA DI RIFLESSIONE... tornare a scrivere di politica


A volte una pausa di riflessione è salutare.
Quando qualche mese fa ho deciso di smettere di scrivere Generazione Avversa l’ho fatto sulla scorta di almeno tre importanti ragionamenti.
Bisognava lasciare tempo alla popolazione per comprendere che quello che stava avvenendo in Italia non aveva nulla del tanto agognato “ritorno alla normalità” dal punto di vista istituzionale, era semmai, una vera e propria restaurazione capitalistico borghese.
Certo, Monti non era Berlusconi, la gente voleva cambiare pagina disperatamente e chiunque fosse arrivato a dare alle istituzioni una seppur vaga aura di severitas era visto come l’uomo del nuovo risorgimento, colui che ci avrebbe portato, se non agli antichi fasti, almeno nella media dei bruti.
Secondariamente il clima politico che si respirava aveva bisogno certamente di una seria analisi situazionale, non era più sufficiente dire quello che non andava bene momento per momento, si rendeva sempre più importante un’analisi di sistema.
Terzo e non ultimo, dalle nostre pagine avevamo lanciato più di una profezia sul destino politico del paese e dei suoi membri costitutivi, i partiti.
Ora, la caratteristica più saliente delle profezie è quella che la verifica deve arrivare dopo un periodo più o meno lungo, se così non fosse non ci propinerebbero ancora la Bibbia dopo 2000 anni dalla scrittura dell’ultimo capitolo della saga.
Passati due mesi circa passiamo all’incasso.
Il governo Monti: se le bugie hanno le gambe corte non è assolutamente vero che gli effetti delle menzogne abbiano vita breve.
Gli italiani sono stati ingannati nel profondo, la voglia di cambiamento del popolo è stata tradita da ogni parte e ci troviamo a navigare nel peggior pantano che la storia istituzionale ricordi.
Quando, alla fine del secondo conflitto mondiale, i padri costituenti dovevano ricostruire una nazione mattone su mattone con le strade coperte di (vere) macerie, il primo pensiero dei politici di allora fu quello di guardare il popolo, e del popolo di scegliere la parte più debole e colpita, gli operai, i contadini, le vedove e gli orfani; si decise di creare uno stato che si facesse carico di chi non era riuscito, per sfortuna o per accidente, a farcela con le sue gambe e a provvedere fino in fondo a se stesso.
Si comprese fin da subito che la finalità di uno stato era costruire se stesso e dare anche all’ultimo la possibilità di una vita dignitosa, altrimenti non sarebbe uno stato, sarebbe un’arena dove solo i più forti i più sani e i più ricchi vivono e alla stragrande maggioranza è data al massimo la possibilità di sopravvivere.
Oggi, osservando le macerie di questo paese, pare che la scelta sia di segno opposto, di fronte a una povertà agitata come spauracchio collettivo si sceglie di impoverire maggiormente i tantissimi poveri per cercare di fare qualche timido regalino ai ricchi che tanto possono permettersi di sopravvivere in qualunque caso.
Nel calderone dei poveri stanno finendo sempre più categorie sociali, anche quelle che una volta erano i “benedetti dal signore”, quelli che “dimostravano il vero volto dell’Italia che produce”.
Leggere le cifre dei suicidi dei piccoli imprenditori del nord est è impressionante ma ancora più impressionante è la mancanza di analisi quando si leggono questi dati.
Davvero nessuno se lo aspettava? Quando si parlava della piccola e media impresa del Nord Est e la si chiamava “locomotiva d’Italia” nessuno aveva previsto le conseguenze di una frammentazione del capitale e del lavoro così assurda?
Le piccole aziende del Veneto sopravvivevano solo perché c’era un mercato che tirava forte ma era chiaro come il sole che se in un paese 100 fabbriche fanno divani, di fronte alla crisi e al calo della domanda solo quelle che, perché più grandi e meglio organizzate potevano sopravvivere.
Lo dicevano in pochissimi e quelli che lo dicevano venivano spernacchiati sulla stampa “che conta”, venivano (venivamo perché mi ci metto anche io) definiti delle Cassandre interessate.
Qualche lungimirante economista in odore di sinistra ebbe a dire che certe cose le dicono i comunisti perché i comunisti vogliono le grandi industrie sul modello sovietico.
Adesso salta l’esenzione dal ticket sanitario per i disoccupati, che potranno vendere il sangue comodamente a 10 euro al litro per pagarsi gli esami clinici, non perché ci sia una manovra classista ma perché sono troppi e costerebbe troppo l’esenzione.
Pensare che basterebbe aumentare il ticket sanitario alle fasce più abbienti e il gioco sarebbe fatto, ma non si possono tassare i ricchi più di un che di simbolico.
Falcidiati sono anche quelli che ci hanno provato, ho alcuni amici professionisti che hanno rinunciato ai loro sogni e se ne sono tornati in buon ordine tra le braccia di mamma a casa, finché c’è la pensione dei genitori almeno di fame non si muore!
Eh si, perché con le nuove leggi sulle libere professioni nessuno può rischiare di mettersi a fare lo psicologo o il dietologo o quello che vi pare se non ha dietro le spalle un papà ricco e professionista che lo assiste, anche perché nessuna banca si sogna di elargirti un prestito per cominciare.
Hanno ingannato un paese e continuano a farlo, hanno reso inutili anni di lotte, il licenziamento indiscriminato è dietro la porta, pure i due sindacati (più) servi, CISL e UIL lo hanno capito.
Oddio, poi in tentazione ci sono ricascati, perché se l’inciucio ce ll’hai nel DNA non ci puoi fare niente, però siamo al paradosso.
“Per favorire la crescita bisogna poter licenziare” ma perché nessuno ha detto che stanno parlando della crescita dei due o tremila grandi imprenditori italiani e che delle condizioni di vita reale degli italiani veri non gli importa un nulla?
Tutti applaudono l’inverosimile, se un dottore vi dicesse che per curarvi la gamba ve la deve tagliare e poi si aggiungesse sicuro: “Ma non si preoccupi credo che tra il 2013 e il 2020 le ricrescerà in maniera spontanea” voi cosa pensereste di lui, che è un luminare e che vi da speranza o che è un pazzo?
Monti è tutto fuorché un pazzo, i suoi ministri non sono dei buffoni insensati come quelli di prima.
Questi sono peggio, quelli di prima manco sapeva quello che facevano questi lo sanno e sanno come fare a ottenere quello che vogliono.
E poi c’è sempre lo spettro della Grecia, non ne sentivo parlare da qualche settimana, ma adesso che si è arrivati al paradosso ecco che Monti lo ritira fuori.
Adesso che il valore degli immobili calano del 20% in un colpo, che cosa si deve dire alla gente? Che se hai investito i tuoi risparmi in una casa che ieri valeva 200 mila euro adesso ti trovi con una che vale 170 mila e che comunque non ripiazzerai mai, devi essere contento perché la casa è a Carate Brianza e non a Salonicco?

Passiamo al capitolo più divertente, quello che mi ha fatto gongolare nei miei ultimi 2 mesi di silenzio.
La Lega.
Ho ricevuto alcune mail di gente che mi chiedeva come mai proprio adesso che la lega sprofonda nel baratro io non scrivessi nemmeno un pezzettino su di loro.
Semplice, nel capitolo profezie, insieme con quello che voleva il governo Monti come l’assassino ultimo della classe media italiana, un posto di assoluta rilevanza ha la profezia su come sarebbe finita la Lega e il suo hard core varesino.
Non c’è nulla da aggiungere, solo una cosa mi stupisce.
Leggiamo che gli italiani si sono lanciati anima e corpo in un nuovo revaival dell’antipolitica.
Ma perché nessuno ha il coraggio di ricordare che questa marmaglia di cialtroni è diventata la padrona d’Italia proprio grazie all’antipolitica del post tangentopoli.
Berlusconi si presentava alle folle come quello che di politica non sapeva niente, un imprenditore che “aggiustava le televisioni” e che, suo malgrado doveva tirare fuori l’Italia dal pantano dove la prima repubblica, quella della partitocrazia, l’aveva cacciata.
E Bossi e i suoi non hanno invaso il Nord al grido Roma Ladrona, politici tutti ladri.
Maroni chiama i suoi sostenitori i Barbari Sognanti, i barbari quelli che non credono alle gerarchie, quelli che non vogliono piegare la testa al sistema e lo distruggono.
Ma come, Maroni l’antipolitico è stato ministro di qualunque cosa sotto Berlusconi. Ma perché i leghisti si ostinano a credere che negli ultimi vent’anni, quando Berlusconi metteva in imbarazzo l’Italia loro fossero sempre la cesso?
Loro volevano fare fuori qualunque immigrato e lui faceva le orgette con le ragazzine marocchine, loro facevano le ronde contro le prostitute a Torino e Milano e lui le metteva all’olgettina, loro volevano pene severissime per chi fosse stato beccato anche solo a pensare di accendersi uno spinello e lui pippava coca come un aspirapolvere.
Non ha senso parlare del decadimento leghista, lo sapevamo già, purtroppo.
Fa rabbia a uno che ha sempre militato a sinistra sapere che i referenti politici della ‘ndrangheta stavano proprio nel partito dei lumbard.
Per questo non credo che abbia più senso parlare di antipolitica.
Ingrassare la pancia ai Beppe Grillo, che ormai mi sembra diventato moto organico alla politica o a qualunque imbonitore da circo mi sembra svilente.
Credo che la gente, le persone, il popolo, alla politica ci dovrebbe tornare, entrare nelle sedi di partito, pagare la tessera e dire, qui comando io.
Andare a Roma, sotto l’aula di Montecitorio e chiedere ai Bersani, ai Letta, agli Ichino, che cavolo stanno facendo con il mandato popolare che è stato loro consegnato non per renderci poveri e derelitti, per mandarci al cimitero prima che in pensione e per non avere la benché minima speranza di fare studiare i nostri figli.
È profondamente politico dire no! Candidarsi alle elezioni, perché non siamo tutti uguali, ciascuno di noi può alzarsi in piedi e dire “Io non sono uguale, io non ho abusato del mio potere e se andassi al governo lo farei per il mio prossimo”, se in cuor suo pensa che questa è la verità.
Chi dice che tutti sono uguali, che tutti fanno schifo e lui non voterà più forse un po’ pensa anche che alla fine farebbe così anche lui, anche perché infondo il modello berlusconiano è sempre stato questo… io posso, io sono ricco e potete arricchirvi anche voi.
È politico dire che mi impegno, perché l’Italia è stata grande quando la gente ha smesso di delegare gli altri per potersi fare i fatti propri. Abbiamo conquistato moltissimo quando abbiamo capito che potevamo affondare un sistema anche se eravamo poveri operai o studenti disoccupati.
La grande politica, quella fatta dal PD e dal PdL  ci vuole tutti antipolitici, perché se vota solo il 20% degli italiani, voteranno solo gli iscritti ai partiti e loro si potranno fare i conti prima e spartirsi il potere prima.
Invece se il popolo vota il popolo diventa un’arma e i calcoli non si possono fare.
Come durante il referendum, quando erano solo i piccoli partiti e i movimenti a fare la loro parte, quando a dire che l’acqua pubblica, che il nucleare no, che i beni comuni… erano solo le formichine. Ma abbiamo vinto. Abbiamo vinto nonostante il PdL che parlava a casaccio di terrorismo, nonostante il PD che non parlava affatto, nonostante i telegiornali che non parlavano di noi e i giornali che se dicevano qualcosa lo facevano in trentesima pagina e per complicare le cose.
Avevamo solo tre o quattro giornali dalla nostra, ma centinaia di migliaia di Blog e di siti internet, piccoli movimenti, alcuni nati nel salotto di casa, senza una lira.
Credo che l’Italia sia pronta a svegliarsi e a fare la rivoluzione o se non altro una rivoluzione.
Per questo sono tornato a scrivere.