lunedì 21 maggio 2012

TERREMOTATI SENZA RISARCIMENTI.


Non so scrivere di disgrazie, non mi viene.
L’altra notte ero in turno nella comunità per minori dove lavoro e ho sentito il terremoto scuotere il palazzo.
Da allora leggo le notizie dei morti e dei luoghi distrutti.
Ferrara e la sua provincia sono una delle mie mete preferite quando voglio riflettere un po’.
Amo la pianura padana, ci sono nato, ci sono cresciuto.
Non mi va di scrivere nulla, nessuna dietrologia, nessun piagnisteo nessun pezzo.
Vorrei solo vedere le case ricostruite quanto prima, i monumenti rimessi a posto e gli edifici sanati.
Avrei voluto non scrivere nulla per non sentir dire che anche i blogger, che possono evitare di farlo, se non altro perché non c’è un padrone che paga, speculano sui morti.
Invece devo ricredermi.
Lo faccio perché nessuno (a eccezion fatta del “Fatto Quotidiano” e del “Sole24ore”) ha scritto la verità sulla ricostruzione.
Cioè che lo stato non ci metterà una lira e che per la prima volta nella storia del Paese i finanziamenti per la ricostruzione non saranno erogati.
Il nostro super liberista amichetto, quello che dopo la bomba di Brindisi ha pensato bene di dirsi costernato restando impalato a suo inutile G8, assicurando una vicinanza a parole, ha pensato bene di cancellare una delle poche sicurezze di un cittadino onesto: se una calamità mi distrugge la casa almeno posso sperare che il mio Paese mi aiuterà a ricostruire quello che ho perduto non certo per colpa mia..

Ci ho messo un po’ prima di scrivere, ho aspettato l’annuncio a sorpresa, quello che dice: “Il parlamento si riunisce per decretare d’urgenza un decreto per l’aiuto economico alle famiglie colpite dal sisma più di 24 ore fa”.
Non c’è stato, anche perché nessuno si è accorto che: In caso di terremoto, alluvione, o di ogni altra catastrofe naturale, lo Stato non pagherà più i danni ai cittadini. Che, dunque, per vedere la casa o l'azienda ricostruita, avranno una sola strada: ricorrere all'assicurazione 'volontaria’. Così dice il decreto di riforma della protezione civile pubblicato sulla "Gazzetta" del 16 maggio. (il sole24ore 21 maggio)
Che tempismo signor Monti, comincio a credere che lei porti in qualche modo iella, il 16 pubblica la legge e 4 giorni dopo se ne devono constatare gli effetti.
Dunque ricapitoliamo: i pochi soldi che ci sono rimasti in cassa servono per "restare in Europa", che poi i cittadini restino in Europa e al contempo restino fuori di casa perché la medesima è inagibile e non ci sono i fondi per metterla a posto è cosa normale.
I cittadini devono sapere fare degli sforzi. Mica vogliamo essere come la Grecia.

Mi aspettavo l’annuncio a sorpresa, dicevo prima, anche perché manco a essere stati davvero informati (cosa che non è accaduta) i poveri terremotati avrebbero potuto provvedere a un’assicurazione in 4, dico 4, giorni.

Anni di politica mi hanno insegnato il disprezzo.
Il disprezzo per il potere, non per la classe dirigente in se, per il potere che si autoalimenta, che prende decisioni per esseri umani che in realtà sono solo delle statistiche su grafici.
Oggi la mia indignazione è ancora più enorme.
Perché nessuno sta dicendo questa cosa? Perché non è scritto a caratteri cubitali sui giornali in modo da inchiodare il signor Monti alla sua responsabilità e metterlo con il sedere a mollo nel problema che ha creato.
Se una roba del genere l’avesse fatta Berlusconi, non avrei dovuto rintracciarla a fatica in un articoletto del giornale della confindustria e in un altrettanto piccolo appunto sul Fatto.
Ma Monti non si deve toccare, anche se il suo consenso ormai comincia a ridursi, anche se non basta parlare a sproposito di attacco allo stato per condurre il popola all’unità.

Io resto speranzoso, resto in attesa ancora per qualche ora della famosa riunione del governo per la modifica al decreto di riforma della protezione civile di cui avrei voluto essere maggiormente informato, visto che l’Italia come abbiamo scritto mille e mille volte è una nazione ad alto rischio ambientale.
Forse mi sono sfuggiti gli agguerriti dibattiti, forse mi è sfuggito l’approfondimento da parte della trasmissione del momento.

Forse, o forse siamo troppo impegnati a farci trasformare in una nuova America un paese ricchissimo con una popolazione miserrima per stare a guardare i particolari.  

giovedì 17 maggio 2012

MACAO... resistete per Milano.


Negli anni settanta si diceva che il movimento aveva il compito di “dare l’assalto al cielo”
La sensazione che ho avuto ieri sera davanti alla torre Galfa, a Milano, è che qualcuno il cielo lo avesse davvero assaltato e ce l’avesse fatta.
La vicenda di Macao mi mette, come sempre, di fronte alle contraddizioni politiche di cui Milano è piena e che nessuna giunta sia essa di destra o di sinistra riesce a lenire.
Perché alla fine nella nostra città la politica è serva di un sistema economico che ha il suo fulcro nei grandi costruttori, palazzinari senza scrupoli a cui altro non interessa se non la quantità di calcestruzzo da buttare sui quartieri.
un momento dell'assemblea di ieri alle 18.00 
È stato così per la zona dell’Isola, letteralmente divorata dal mostro city life, il progetto del faraone Formigoni, che si è costruito un nuovo palazzo nel quale, ci si augura starà il meno possibile.
È successo per la fiera, è successo per una quantità di piccoli e grandi spazi.
Una città è fatta di gente che abita luoghi, se cambiano i luoghi cambia anche la gente.
Se cambiano gli orizzonti cambiano anche i sogni dei cittadini.
L’orizzonte di Milano negli anni 50 era un orizzonte industriale, ma ha prodotto una generazione che  uscendo dalle fabbriche ha cambiato il volto del paese, in bene e in male.
L’orizzonte di Milano oggi cos’è?
Un orizzonte di moda e modelle? Un orizzonte di locali alla moda che chiudono dopo sei mesi?
Un orizzonte di precariato dove anche se ti ammazzi per vivere sarai sempre sotto la soglia della povertà se non hai mamma e papà che ti foraggiano?

Ieri mentre me ne tornavo a casa pensavo alla proposta di Boeri e Pisapia, spostiamo Macao all’ex Ansaldo.
Una proposta politica, una proposta che Macao non ha accettato, anche perché come diceva ieri qualcuno all’assemblea pubblica, non si occupa un luogo per ottenere un altro luogo, altrimenti sarebbe un fatto di arroganza.
Anche l’affermazione secondo cui il bando per l’Ansaldo sarebbe in qualche modo pilotato per favorire Macao non è una frase che vorrei sentire da una giunta votata per segnare discontinuità con la destra che di queste cose è stata sempre maestra.
Qui il problema non è l’occupazione, qui il problema è squisitamente politico, qui dobbiamo chiederci una volta per tutte che razza di città vogliamo.
Vogliamo segnare un tratto di discontinuità con la destra o vogliamo lasciare Milano com’era per la gioia dei Ligresti, degli Zunino e dei Cabassi?
La città deve tornare a vivere, deve tornare a riconoscere le energie positive che la percorrono, energie che certamente non stanno nei locali e nei negozi del centro.
Macao è un segno di rivolta in positivo, è il segno che si può fare moltissimo, senza paura per la nostra città, per l’arte per la creatività.
È il segno che non basta sbarrare un grattacielo per dire che il problema degli spazi per l’arte e la creatività, per l’aggregazione e la proposta sociale è risolto.
Non basta un bando di gara!
La città creata dalla destra era una città tetra, spaventata ad arte dai politici, una città blindata dove non si respirava più.
La Milano che abbiamo voluto costruire con Pisapia doveva e deve essere una città diversa, altrimenti non vale la pena.
Macao non deve mollare, ma nemmeno noi dobbiamo smettere di essere a fianco alle lotte.
Non ci sono alternative.
Per amore della nostra città e dei nostri sogni.  

domenica 13 maggio 2012

L'INFALLIBILE SUPER MARIO... Monti di fronte alla caduta della merkel


Ritratto del premier come è apparso ad Ezio Mauro
e alla redazione di Repubblica nel famoso miracolo
di Palazzo Chigi 

Di una cosa comincio ad essere sicuro, secondo Repubblica il presidente del consiglio gode del dono dell’infallibilità.
Avendo fatto scelte giustissime e impeccabili non può che plaudire qualunque cambiamento in atto in Europa come un segnale positivo, tanto lui lo sapeva prima e, inoltre il cambiamento va nella direzione da lui sperata per condurre il paese esattamente dove voleva, cioè al bello, al buono e al giusto.
La disfatta della compagna di merende Merkel in Nord Reno Westfalia potrebbe essere semplicemente un incidente politico per la Cancelliera e un rivolgimento all’interno di una situazione europea che in questo momento tende a premiare le sinistre laddove governano le destre (anche se poi in Nord Reno gia governava la sinistra e il Land industriale è di per se una delle roccaforti del movimento operaio da circa un secolo), e invece no.
Noi non lo avevamo capito ma questo accadimento tutto interno ai land tedeschi era quello che Mario Monti auspicava, anzi se si vuol proprio dirla tutta con buona probabilità è stato lui a pensarci.
Infatti: “Le sinistre democratiche volano grazie al trionfo della Spd, e la cancelliera esce così gravemente indebolita anche sul fronte europeo: la sua richiesta ossessiva di rigore a ogni costo perde peso e forza, perché la Spd chiede (come Monti e Hollande) impegni per la crescita, in cambio della ratifica del fiscal compact”.
Quindi Monti è come Hollande, uno di sinistra. Uno che non vuole il rigore ma la crescita. E allora come mai da quando è salito al potere di crescita non s’è visto niente ma io posso sognarmi di andare in pensione, l’articolo 18 non esiste più, abbiamo messo il pareggio di bilancio in costituzione, abbiamo tagliato sui scuola, enti locali, sanità, abbiamo reintrodotto l’ICI ma triplicata, abbiamo ridotto sussidi, chiuso scuole?…
Ma per Repubblica Monti come Hollande è per la crescita, strano però, Hollande prima ancora di essere eletto ha detto che parlare di pareggio di bilancio in costituzione era fuori da qualunque agenda politica.
Ancora più ridicolo l’incipit del pezzo a commento della notizia firmato Francesco Bei "QUALCOSA sta cambiando, la svolta è a portata di mano". La nota di ottimismo con cui Monti colora la sua giornata, dopo che aveva descritto un'Italia preda di "forti tensioni sociali", è la vera novità di giornata. 
Se consideriamo che il nostro amico a palazzo Chigi considera tensioni sociali l’avanzata delle sinistre e il fatto che la gente non lo prenda più per il salvatore della patria ma solo per un altro politico, se pensiamo che certe voci danno il premier molto innervosito dalla riuscita della manifestazione dei comunisti a Roma di sabato scorso, probabilmente l’uscita di Monti non è altro che la constatazione  che è il caso di ricalibrare l’agenda politica perché i padroni stanno cambiando.
Sì, perché Monti a ben guardare è un “leader” solo per Repubblica e i 4 giornaletti italiani, che, come sappiamo, non sapendo nulla, preferiscono incensare il potere finché c’è e seppellirlo subito dopo.
Monti è un servo. Lo disegna bene Sabina Guzzanti quando lo mette a fare il provino con la voce fuoricampo del presidente della Repubblica che gli dice pure di tenere attaccato il cartellino del prezzo al cappotto “che fa trasparenza!”.
Monti è arrivato dov’è perché i suoi veri padroni ce l’hanno messo, e i padroni sono la Germania e la Francia, indipendentemente da chi le governi e le banche internazionali che fanno gioco agli speculatori.
Il teatrino di Merkel e Sarkozy che ridacchiano sulle possibilità dell’Italia di Berlusconi ad uscire dalla crisi e le sperticate dimostrazioni di consenso quando si palesò il salvatore all’orizzonte sono la dimostrazione che la politica di Monti semplicemente non esiste.
L’Italia che fino a qualche decennio fa giocava alla pari con le due nazioni cugine, che era una delle grandi economie del mondo oggi altro non è che il giardino di casa di Francia e Germania e Monti ne è il giardiniere o meglio il capo giardiniere visto che nessuno tra i grandi partiti cerca di smarcarsi da questa sudditanza.
In quest’ottica sembra ridicolo che Monti saluti qualunque cosa come un cambiamento e ancora più assurdo che un qualunque giornalista cerchi di fare diventare il ministro di destra più a destra della storia come uno che non vede l’ora che in Europa governi la sinistra.
Monti non ha una politica sua, sono i grandi capitali ad avergliela fornita e i grandi capitali sono come la mafia, non hanno un colore politico, si mettono con quelli che comandano per comandare anche loro.
In questo Repubblica potrebbe darci qualche lezione, non abbiamo capito infatti se incensare Monti gli porti qualche lettore in più oppure se semplicemente ogni giorno l’azionista di maggioranza e il partito di maggioranza facciano una telefonata ad Ezio Mauro per spiegargli la loro idea della politica.
In ogni caso questo non è giornalismo.
Un’ultima nota tanto per essere precisi con i giornalisti professionisti.
Non capisco come faccia il signor Tarquini a parlare di fiscal compact da barattare con interventi per la crescita.
È un ossimoro, il fiscal compact, comunque lo si interpreti non favorirà mai crescita e sviluppo a meno che non si tratti della crescita e lo sviluppo dei gruppi di speculatori internazionali.
Il fiscal compact impedisce a uno stato di sforare il debito e inserisce come vincolo assoluto il famoso 3% del PIL inoltre in Italia il deficit strutturale non potrà superare lo 0,5%.
Laddove il PIL è negativo si capisce da soli che si tratta di un disastro, dove si andranno a reperire le risorse? Semplice, nello stato sociale e nelle autonomie locali.
Quindi il fiscal compact riuscirà a stabilizzare i conti degli stati ma impoverendo tutti i ceti produttivi perché toglierà servizi, inoltre gli enti locali non faranno altro che alzare le tasse per sopperire ai tagli e questo cadrà ulteriormente sulle tasche dei lavoratori.
Con che cosa si dovrebbe barattare la macelleria sociale secondo Repubblica? E cosa deve uscirne?
Con norme così stringenti uno stato che non volesse immiserire la popolazione (diciamolo una volta per tutte, portarla alla fame) ha un’unica speranza: uscire dall’unione europea e dal sistema euro, tuttavia questo è impossibile perché su larga scala farebbe collassare l’intero sistema.
Questa non è una rivoluzione economicista è l’inizio della fine… o forse la fine dell’inizio.
Chissà, forse secondo Repubblica Monti ha previsto pure questo.  


DISTRAZIONE DI MASSA... la nuova "minaccia" terroristica in Italia


la Ministra Cancellieri

Parlare di terrorismo in Italia è sempre molto complicato.
Inoltre nel nostro paese, siamo abituati ai colpi di teatro, quelli, per intenderci, che avvengono subito dopo un avvenimento che merita di essere commentato con attenzione e soprattutto misurato sul lungo periodo e invece viene azzerato da un evento singolo di ordine spettacolare.
Ci ricordiamo l’arresto di Provenzano in Sicilia l’11 aprile 2006?
La situazione era davvero difficile in quei giorni, la sinistra di Prodi aveva vinto alle elezioni con un margine risicatissimo di voti, l’unico che avrebbe potuto orchestrare dei brogli di grossa portata, Berlusconi, gridava alla incredibile quantità di brogli che presidenti di seggio e scrutatori comunisti avrebbero perpetrato ai danno del suo partito.
Diceva di avere le prove…
Non si respirava una bella aria nelle ore successive al voto, nelle segreterie dei partiti ci si aspettava di tutto, i militanti erano mobilitati, il flusso dei voti al Viminale si era bloccato per un periodo che ci sembrò infinito.
L’annuncio di Prodi della vittoria a tarda notte in una piazza incredula e stregata fu dato per cercare di dare ordine a una situazione che stava scivolando nel caos.
Molti dicevano: “Se rubano la vittoria con dei brogli il mio gruppo scende in piazza”
Sarebbe stato un delirio, manifestazioni spontanee, possibili infiltrazioni da parte di gruppi organizzati atti a creare disordini.
Poteva essere l’anticamera di un disastro.
La prima frase di Berlusconi a commento della sconfitta fu: “Non è detto che abbiamo perso, molti brogli, sarà tutto da rifare”
Poi, come dal nulla, in un paese che teneva il fiato sospeso accade qualcosa di incredibile.
Il Tg1, invece di aprire il giornale con le notizie sul voto e sulle elezioni, apre con la cattura del super boss della mafia, quello che nessuno riusciva a trovare da anni, zu Binnu u Tratturi, Bernardo Provenzano.
Ricordo di avere afferrato il cellulare e di aver acceso il cronometro, per isitinto.
I primi 10 minuti e diversi secondi di Tg1 furono dedicati alla cattura del boss, parlarono tutti dall’ex ministro dell’interno Pisanu, a tutte le facce del parlamento, parlò D’Alema, e soprattutto parlò Prodi.
Solo dopo 10  Minuti si riaprì il problema elettorale. Si sa che durante i tg l’attenzione della gente, che normalmente a quell’ora sta mangiando, si concentra sulla prima notizia, poi per un po’ si commenta quello che è successo, perdendosi tutte le altre, la concentrazione torna dalle parti dello sport.
Soprattutto l’argomento di commento del giorno successivo è sempre la prima notizia che viene data.
Se si sceglie di partire con un rom che stupra una ragazza o con un marocchino ubriaco che investe un pedone, la maggior parte della gente domani parlerà dei rom e dei marocchini anche se nel frattempo gli hanno tagliato la pensione.
Successe così anche qualche decennio prima quando un pazzo di nome Antonio Pallante sparò a Togliatti.
Sebbene non sia vero che i successi di Bartali al tour de France, abbiano allontanato l’Italia dalla guerra civile è pur vero che i giornali diedero un risalto mostruoso alle vittorie del ciclista toscano e dirottarono l’interesse di alcune fasce popolari da un problema ad una vittoria.

Strano caso, proprio quando il voto di un’elezione spazza via un’intera classe dirigente a livello locale, prodromo di quello che avverrebbe a livello nazionale avessero la bontà di farci votare , salta fuori dalla storia una bella gambizzazione come non si vedevano dagli anni ’80.
Chi è colpevole, un gruppuscolo anarchico che promette che lo rifarà ancora, come nei migliori film sui serial killer.
E giù prime pagine, e amarcord sul terrorismo.
E via la ministra mai eletta Cancellieri che ci racconta la favola dello stato sotto attacco e che promette di raddoppiare le scorte a manager e politici.
Domanda, ma l’ingegnere dell’Ansaldo fosse un funzionario dello stato.
Inoltre il ragionamento della Cancellieri fa acqua a che per un altro verso: il fatto che un manager che magari ah appena messo in mezzo a una strada qualche centinaio di operai debba essere difeso da militari pagati da noi e non si possa avvalere di una scorta privata pagata da lui mi da un sapore un po’ ottocentesco, dove i padroni venivano protetti dal popolo a tutti i costi.
Adesso si parla di una manifestazione.
Una manifestazione con che scopo?
Con lo scopo di dire agli anarchici che il popolo non è dalla loro parte? Lo sanno già. Lo hanno addirittura scritto: “Potevamo colpire qualche funzionario dell'Equitalia, ma con questa azione non siamo alla ricerca di "consenso"  e ancora: "Non consideriamo un referente i cittadini indignati per qualche malfunzionamento di un sistema di cui vogliono continuare ad essere parte. Scambiare rabbia ed indignazione per un processo di rivolta allo status quo è segno di una pericolosa miopia rivoluzionaria”

Prima di parlare di manifestazioni bisogna considerare che cosa sia la galassia anarchica informale e per farlo non bastano un paio di pagine come quelle che stiamo scrivendo qui.
Allora stiamo dicendo che vogliamo mettere l’esercito a disposizione dell’antiterrorismo per rassicurare i cittadini? Io non sono preoccupato per me e per i miei immediati conoscenti, e così credo la maggior parte di noi.
Allora perché tutto questo rumore? Per coprire un altro rumore.
Ieri i comunisti sono scesi in 40000 in piazza a Roma.
Una settimana fa è accaduto quello che è successo e che ormai tutti sappiamo, il tappo è saltato e i partiti della destra semplicemente non esistono più.
Che ci piaccia o meno Grillo e i suoi sono una forza politica nuova con cui fare i conti.
Tra una settimana esatta potrebbe avvenire il definitivo colpo di grazia.
Il popolo nel contempo ha fatto capire al governo dei professori di non essere per nulla contento di essere dissanguato, la protesta si allarga, la si vede e la si sente.
Se le cose continuano in questo modo e Monti non se ne va in fretta la protesta si allargherà a tal punto che non sarà più possibile gestirla.
La bomba molotov lanciata contro Equitalia, i funzionari esattori malmenati in strada.
È sul fisco che potrebbe accadere una tragedia.
È sull’imposizione fiscale che il governo crollerà, non certo su quattro anarchici con la voglia di mettere il colpo in canna per “godere” come hanno scritto nel delirante comunicato di rivendicazione.
Attenzione, la sovraesposizione mediatica è quello che serve anche ai gruppi di questo tipo, lo abbiamo scritto anche per quello che riguarda il blocco nero.
Questi non cercano di convincere le masse delle loro capacità e nemmeno vogliono fare la “rivoluzione”, questi cercano complici in giro per l’Europa.
Lo fanno i giovani anarchici, lo fanno gli anarchici informali delle varie sezioni.
Lo scrivono nel comunicato, ma questo sembra non interessare i vari ministri.
È molto meglio che nella settimana che precede i ballottaggi si parli di terrorismo, che magari poi la gente si convince che votare a sinistra non è bene e che una piccola sterzata a destra li farà stare più tranquilli.
Lo scriveva anche De Andrè nella magnifica Canzone del Maggio: “E se credete ora che tutto sia come prima, perché avete votato ancora la sicurezza la disciplina”.

Facciamo pure le manifestazioni di piazza, non servirà a nulla, o forse servirà al governo per distrarre l’attenzione dai veri problemi.




mercoledì 9 maggio 2012

HO IL FLUSSO IRREGOLARE... per una lettura dei dati amministrativi


Per una volta devo dare ragione a Beppe Grillo, se Napolitano non vede il Boom dei grillini deve andare da un buon oculista.
D'altra parte minimizzare quello che non piace alla politica è uno sport tipicamente italiano, la presa del Palazzo d'Inverno nel 17 venne definita la sommossa di quattro avvinazzati, l'avvento del movimento mussoliniano come un fenomeno marginale di cui curarsi poco e al più da dirigere in chiave anticomunista, il '68 come la protesta di alcuni giovani scontenti.
A dare un'occhiata alla prima analisi seria dei flussi elettorali bisogna sicuramente affermare che il fenomeno grillino è al pari del fenomeno leghista degli anni '80 e di quello berlusconiano degli anni '90.
Al massimo dovremmo riflettere che dalle nostre parti arriva un rivoluzionario salvatore ad ogni decade, poi il rivoluzionario diventa organico alla politica, criticato, stigmatizzato come la fonte di ogni male e sostituito da un nuovo rivoluzionario.
Siamo il paese dei Savonarola e dei Masaniello.
I dati dei flussi elettorali devono essere analizzati con attenzione, solo in questo modo possiamo capire quello che avviene nella società e cercare di dare una risposta alle domande del popolo.

Cominciamo dalla destra, ieri avevo scritto che ad un calcolo sommario il PdL si attestava intorno al 5/7%, ci sono andato vicino nelle grandi città, se si computa anche il voto dei piccoli centri il PdL secondo l'istituto Cattaneo vale circa l'11 (11,70%).
Il voto dei piccoli centri è un voto irregolare, spesso conta moltissimo la conoscenza diretta con il candidato ma tanto fa.
Non ha nessun valore la porcata che esce da via dell'Umiltà (poca) che dice che contando anche tutte le liste civiche riferibile al centro destra si arriva al 28, anzi ci sarebbe da dire che se pure chi è del PdL preferisce non mettere il simbolo in campagna elettorale il problema è ancor più grosso.
Il termine utilizzato nella stampa di oggi per definire la situazione dei berluscones è liquefazione.
Il PdL si è sciolto come la neve al sole.
La lega dorme sonni ancor meno tranquilli, se nei piccoli centri, su cui vale il discorso fatto poco sopra, il movimento padano perde “solo” il 30% dei votanti nelle grandi città la debacle è clamorosa si va da punte dell'80% nelle regioni rosse (Emilia, Toscana, Marche, Umbria,...) al 70% di Piemonte e Lombardia.
Il flusso elettorale parla chiaro: la lega e il PdL hanno dato la maggior parte dei voti persi al movimento 5 stelle, e qui ci sarebbe da fare una riflessione molto ampia sulla composizione dell'ex elettorato di destra.
I temi di Grillo non sono nemmeno lontanamente vicini a quelli di Lega e PdL.
Si parla di soldi alla ricerca, ai giovani, all'ambiente e alle nuove tecnologie laddove nel PdL si è sempre e solo parlato di edificare, costruire, non “dissanguare i ricchi” etc, etc.
Cosa ha ascoltato fino ad ora l'elettore di Berlusconi e Bossi?
Perché di colpo uno che ha votato, magari per vent'anni, il grande imprenditore del nord che era sceso in campo per salvare l'Italia dal comunismo ora vota uno che dice il contrario del suo paladino precedente?
Credo che il motivo sia semplicemente la superficialità.
Non se la prenda l'eventuale lettore grillino ma è così.
Negli anni non ho mai conosciuto un elettore berluscomico che avesse una seppur vaga idea della reale politica del leader e dei suoi.
La maggior parte dei fautori del pensiero della libertà vedeva in Berlusconi l'uomo della salvezza, quello che ricostruiva l'Aquila con le sue mani, quello che carezzava le partorienti e le faceva partorire senza dolore (me lo raccontò una signora romana parlando della sua visita all'ospedale distrutto dell'Aquila).
Una sorta di re taumaturgo, uno che incarnava le doti di un re medioevale più che di un presidente democraticamente eletto.
Ora che il re è nudo le masse non sanno che altro fare se non darsi allo scoramento più nero.
La soluzione è mandare tutti e tutto a quel paese e votarsi al nuovo che avanza.
Attenzione però, se il nuovo che avanza è buono a fare cambiare la testa della gente questo non può essere che positivo.
Se la delega si trasforma in militanza tanto meglio.
Sul versante leghista la cosa cambia.
Qui la militanza c'è in effetti sempre stata.
La Lega è stata (e non credo che riuscirà più a restare) l'ultimo partito di massa della storia d'Italia.
La Lega ha occupato quel settore popolare che il PCI non occupava più, fatto di cultura che passava per la “Festa dell'Unità” per le riunioni di quartiere e per il controllo delle cooperative che costruivano palazzi e facevano da banca alternativa per gli iscritti.
La Lega ha creato le feste della Padania, le lezioni di miss Padania, le ronde di quartiere....
In parole povere ha creato una (sub)cultura, ha inventato dei miti, li ha fatti vivere.
Ha inventato una patria finta, la Padania, l'ha riempita di significati, la patria della ricchezza, quella che sacralizza il lavoro, quella che si deve difendere poiché ciò che è bello è anche sempre minacciato dalla presunta “invasione” del nemico.
Ora che la Lega mostra di non essere per nulla diversa da quello che nella retorica di partito erano i suoi oppositori che si fa?
Si cerca di costruire un nuovo Eden, con il prossimo urlatore che dice le cose come stanno.
“La Lega ce l'ha duro” urlava Bossi dal palco di Pontida negli anni novanta.
“Signora, quella bandiera la metta al cesso” urlava a Venezia, riferito al tricolore.
“Le pallottole costano solo 300 lire” e via cazzeggiando.
Grillo seppure non dice le stesse cose, ha gli stessi toni, la stessa rabbia contro Roma Ladrona che aveva il capo prima di cadere sotto il malvagio incantesimo del cerchio magico.
Molti leghisti mi dicono frasi del tipo: “Quando Bossi stava bene i terroni erano a casa loro, poi con la malattia gli sono entrati in casa ed è stata la fine”.
Non è vero, i meridionali sono stati sempre nella lega, fin dalla prima ora, qualcuno per quell'insano gusto di prendersela con i propri simili per rimarcare una differenza, qualcun altro per via dell'interesse personale che non spiace a nessuna a nord come a sud ma ci sono stati.
Un ex leghista legnanese, ora votante del 5 stelle, mi ha detto l'altro giorno: “Grillo è uno che non ha paura di prendersi le denunce da uno stato ingiusto, come era la lega all'inizio”
I grillini devono fare i conti con tutto questo perché adesso si tratta di saldare il verticale, l'anelito al miglioramento del mondo, con l'orizzontale, le spinte degli elettori che non sono disposti a vederti diventare organico al sistema.

Se la destra piange la sinistra ride pochino.
Quelli che possono essere moderatamente contenti sono i comunisti della FdS che al nord guadagnano un 7% ma perdono complessivamente un bel gruzzolo di voti.
Questo dato è difficile da leggere perché l'istituto Cattaneo computa inspiegabilmente il dato di FdS con quello di SeL che però a Palermo ha appoggiato Ferrandelli e che ha pagato questo scotto ma che ha fatto scelte non proprio lucide anche in altre città.
Qui ci si augura che Vendola e compagni comprendano che l'opportunismo in questa fase non paga e che si posizionino in maniera più certa a sinistra.
Il PD perde posizioni, in totale lascia sul terreno un 7% che in questo periodo è grasso che cola soprattutto perché per la maggior parte è dato dall'astensione e solo in minima parte cade nel movimento 5 Stelle.
L'elettore di sinistra tende a non credere alle proposte populiste e vede Grillo e i suoi come il proseguimento della politica di Berlusconi con altre parole.
Inoltre a sinistra si tende a sospettare immediatamente di chi organizza le campagne elettorali come happening di popolo.
Se i grillini riusciranno a scavalcare questo gap potrebbero pescare parecchio nel bacino del PD alle prossime elezioni politiche, ma non è sicuro, anzi.

Ultimo dato, sarebbe stato troppo bello che Berlusconi incassasse la sconfitta con la dignità di Sarkozy che si assume tutte le responsabilità e se ne va.
Siamo in Italia, i numeri da noi non si leggono, al massimo se ne dà un'interpretazione poetica.
E in questo Berlusconi è un genio.             

martedì 8 maggio 2012

CREDIBILI E NON CREDENTI... cosa è cambiato e cosa può accadere nella politica da oggi


Rosario Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla mafia il 21 settembre del 1990, scriveva nel suo diario, che alla fine non importa “essere persone credenti ma persone credibili”
Queste parole mi sono venute in mente l’altra sera mentre seguivo lo spoglio delle schede delle amministrative, con particolare attenzione alla città di Palermo.
In effetti questa frase potrebbe essere la sintesi di quello che è accaduto in questa tornata elettorale che, al di là di quello che chiunque può cercare di dire per minimizzarne o per esagerarne la portata hanno una serie di caratteri “storici”
Sono storiche perché sono le prime elezioni dopo la fine, almeno sulla carta, del berlusconismo, sono storiche perché segnano l’ingresso nella politica di soggetti nuovi e sono storiche perché dopo molto tempo non sono state egemonizzate dalle facce dei big, degli uomini d’oro della politica, quelli che con il voto magari non c’entrano nulla ma si infilano nelle liste perché il loro nome porta in dote quel 7/8%  in più per la lista collegata al sindaco.

Se fossi in molti “governatori” di regione, con particolare riguardo a quello della regione da cui scrivo, non starei dormendo assolutamente sonni tranquilli.
In effetti quello che è accaduto dà da pensare, e dovrebbe fare riflettere anche i due grandi pasticcioni che hanno condotto fin qui l’Italia a questo punto.
Parlo del leader del PD Pierluigi Bersani e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Si, perché da molti punti di vista questi risultati ce li aspettavamo da un bel pezzo, nessuno si è stupito nel vedere il PdL colare a picco, annaspare per cercare di raggiungere il 10% (e non riuscirci praticamente mai, a Parma prende meno voti del partito dei comunisti italiani) quando fino a poco tempo fa si diceva che nel partito di plastica e cerone c’era un cedimento quando non toccava il 30.
Nessuno si è stupito nel vedere la lega crollare nelle sue roccaforti e nemmeno nel vedere Tosi trionfare a Verona.
Nessuno si è stupito dell’exploit dei grillini, anzi devo dire che il dato di Parma mi è sembrato addirittura scarsino, pensavo che il candidato del 5 stelle prendesse il 30%.
Questi dati, tuttavia, avrei voluto leggerli e commentarli per delle elezioni legislative non per le amministrative.
Ci è stato impedito, con scienza e intelligenza, ci è stata tolta la possibilità di prendere in mano le redini della nostra democrazia.
Scelte di vertice hanno deciso che era troppo pericoloso dare al popolo la possibilità di cambiare le cose.
Perché, nel mondo del neoliberismo, le scelte del popolo sono sacrosante solo quando il popolo sceglie quello che il potere vuole che scelga.
Sarebbe stato troppo che si potesse scegliere diversamente, che i “komunisten” tornassero in parlamento che i grillini ci arrivassero per la prima volta, che il PdL contasse in definitiva per quello che conta nella società attuale.
Era meglio restare con un Berlusconi che detiene il boccino del potere, con dei pregiudicati seduti al loro scranno e con gente mai eletta ma solo nominata che decidesse ancora per un popolo che manco li conosce.
Adesso c’è da giurare che dalle parti dei palazzi romani faranno in fretta una nuova legge elettorale che cercherà di salvare ancora la barchetta dei grandi partiti dal totale naufragio.
Solo che i grandi partiti (fuori il PD su cui bisogna fare un ragionamento diverso) non sono più tali.
Aggregando il dato del PdL senza essere un matematico non si arriva al 6% dei consensi su base nazionale, quelli che avrebbero portato a casa i due partiti di “sinistra radicale FdS e SeL se computati insieme, la Lega non arriverebbe al 10% manco a piangere all’altare del Dio Po, a meno che Maroni non si sbrighi a mutare tutto il partito.
D’altra parte questi partiti sono estranei alle logiche congressuali, fino a oggi sia il PdL che la Lega non hanno mai celebrato veri congressi, solo assise di popolo dove i leader venivano consacrati da una platea plaudente.
Oggi le cose cambiano, Bossi e i suoi, nonostante le legnate hanno ancora qualche cartuccia da sparare a nord-est e Angelino Alfano non è Berlusconi.
Nessuno dei due partiti potrebbe reggere l’urto di un vero congresso, che propone mozioni e chiede cambiamenti, soprattutto il PdL.
In qualunque partito dopo la batosta di ieri il segretario dovrebbe rimettere il mandato al direttivo nazionale, Alfano non lo ha fatto, ma un congresso potrebbe defenestrarlo.
In quest’ottica alla finestra con i denti aguzzi e una gran voglia di saltare sul trono ci sono gli ex AN con La Russa in testa che potrebbero capitalizzare la situazione richiamando a se anche tutti i transfughi dispersi da Mussolini a Storace.
Ma i Liberali del partito non potrebbero accettare una cosa del genere e la soluzione, inevitabilmente, sarebbe l’implosione del partito.
Sul versante de centrosinistra le cose non vanno meglio e il risultato di ieri rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro.
Per la seconda volta, in due città importanti, le primarie si sono rivelate un meccanismo imperfetto.
Orlando con dietro di se solo due partiti minori (IdV e FdS) si ritrova al ballottaggio con il candidato incoronato vincitore dal PD a primavera che non arriva nemmeno al 18%.
Se anche le cifre non dovessero essere queste per via del pasticcio delle schede niente fa presagire che Ferrandelli possa farcela contro lo sfidante.
Ieri nelle sacre stanze del PD romano in molti incrociavano le dita perché Orlando vincesse al primo turno per evitarsi un altro strazio di due settimane con l’incognita che qualcuno possa dire che i voti di destra confluiscono sul candidato dei Dem.
Bersani non è tranquillo, sa che il PD tra poco si troverà a dover giocare una partita difficilissima e che ne potrebbe risultare perdente.
Berlusconi potrebbe fare cadere Monti in ogni momento.
Stare al governo non gli sta dando nessun aiuto e, anzi sta alimentando lo scivolamento dei suoi elettori verso l’antipolitica Grillina.
Inoltre le mosse spregiudicate si addicono al Cavaliere ma di certo non a quella specie di creatura mitologica a 1000 teste conosciuta come PD.
I Dem non possono sfilarsi dal governo Monti anche perché i risultati delle elezioni non permettono di dire “lo facciamo perché abbiamo avuto un segnale negativo alle urne”.
Il PD tiene, e con buona probabilità la maggior parte dei ballottaggi sarà favorevole ai sui candidati.
Questo significa che se Berlusconi dovesse staccare la spina al governo, tra l’altro ricompattandosi con la Lega, il PD rimarrà da solo con Casini a tenere bordone a questo governo ingiusto e mai eletto.
Che cosa farà allora il segretario Pddino? Se facesse le primarie di una coalizione allargata a sinistra rischia ancora una volta di fare la fine di Napoli e Palermo con un candidato che perde giocando contro se stesso, se si buttasse al centro dando sfogo ai veltronismi più spinti rischierebbe la fuoriuscita di molti gruppi che già ora tirano a sinistra e non perdono l’occasione per dire che il gioco è finito.
La partita vista in quest’ottica rischia di diventare davvero un disastro…
La sinistra intanto può permettersi di stare a guardare, così come possono permetterselo i grillini, ora come ora sono quelli che ci possono solo guadagnare dai casini dei partiti dentro il Parlamento.
L’unico problema è riuscire a fare capire a tutti che con l’unità ci si guadagna… non con l’unità con il PD ma con l’unità tra di loro.
Ad oggi una coalizione con SeL – FdS – IdV e un candidato credibile (come dicevamo all’inizio) rischierebbe perfino di vincere le elezioni.
Come tutte le volte mi assumo la responsabilità delle mie profezie… qualcuno scommette contro?    

sabato 5 maggio 2012

KRISTAL UNIVESITETI... la cultura al tempo del declino



LA notizia che in Albania si stia montando un caso sulla laurea in economia ottenuta dal Trota nel 2010 mi offre più di uno spunto di riflessione.
Prima di tutto sono perplesso.
Pare che sull'altra sponda dell'Adriatico si sia arrivato a chiedere le dimissioni del ministro dell’istruzione.
In Italia le dimissioni di Maria "Stalla" Gelmini non le ha mai chieste nessuno nemmeno dopo lo strafalcione del neutrino. 
Che dovessimo andare a farci dare lezioni di moralità statale dall’Albania è divertente ma ragionevole.
In effetti l’università privata Kristal dove il Trota avrebbe preso il suo pezzo di carta è la quintessenza dell’idea di istruzione e formazione che Berlusconi e i suoi hanno accarezzato per anni, e che tutto sommato il signor Monti non disdegna.
Quel modo di fare istruzione che Calamandrei vede come l’anticamera del regime.
La Kristal è un laureificio per uno che la laurea non l’avrebbe presa manco al CEPU.
Certo, se ti laurei in economia in poco più di un anno, se ti iscrivi ancora prima di diplomarti, se il tuo autista sostiene che il giorno in cui prendevi la laurea in Albania ti facevi scarrozzare su e giù per la Padania, qualcosa di strano ci sarà.
È l’idea di cultura che non va.
La laurea che deve essere presa a tutti i costi, anche se non ci crede nessuno perché nel mondo dell’inconsistenza chi ha il potere può permettersi quello che vuole, anche di essere chiamato dottore.
Appunto, non un fatto di cultura, di sapere scientifico, ma di potere per il potere.

Dall’ altra parte del fossato mi colpiva anche una mostruosa intercettazione tra la Minetti e Berlusconi.
Lei gli dice: “Amore che bello!!! Stasera c’è una cena da te”
Lui “Si, dopo tanto tempo facciamo una cena”
Lei “ Senti posso portare una mia amica, lei è carinissima, bellissima ha anche la seconda laurea”
Subito dopo la Minetti chiama l’amica per spiegarle come funzionano le cene: “Non ti preoccupare ce ne sono di tutti i tipi, c’è la mignotta proprio, quella che fa schifo, poi c’è la sudamericans, poi devi decidere tu come stare e cosa dare… ma mi raccomando tu digli che hai studiato alla Sorbona, era lì vero?”
E l’amica: “Si un anno”
Lei: “Ecco, perché anche lui ha studiato lì, funziona”
A che serve la seconda laurea alla Sorbona se è palese a tutti che stai andando nel castello dell’orco a mettere il culo in faccia a un vecchio bavoso per portare a casa quattro soldi?
A che serve che le due ne parlino per davvero al telefono?
Fino a quell’intercettazione credevo che per la Minetti e soci (che da quello che si sente andrebbero processati soprattutto per circonvenzione d’incapace) fosse importante solo il lato economico e sessuale della cosa, tutto il resto era uno cosa che doveva andare bene per i giornalisti, le balle sulle lauree e le storielle sulle ragazze bellissime e preparatissime.
Invece no.
Una volta lessi un resoconto agghiacciante, riguardava l’abuso di una ragazzina di 15 anni da parte di uno zio materno.
Il porco aveva abusato della ragazzina da quando questa aveva 12 anni, i danni psicologici creati avevano costretto ad inserire la piccola in una comunità psichiatrica protetta.
Tra gli aspetti che mi colpivano c’erano gli atteggiamenti dell’uomo, un piccolo professionista brianzolo, nei confronti della piccola, dopo aver abusato di lei, si informava della scuola, di come andasse, dei voti, delle cose che imparava.
In fondo nel suo atteggiamento c’era un paternalismo volto a cancellare l’orrore del delitto che commetteva sotto una patina di normalità, tutti si aspettano che lo zio ti chieda come vai a scuola, il fatto che lo faccia dopo un abuso, tuttavia, rende il tutto ancora più abominevole.
È la stessa cosa che vedo nelle intercettazioni berlusconiane, c’è un paternalismo asettico e negativo. Qualcosa che ti faccia dire, non sono un bavoso da marciapiede, oltre al fatto che io ho i miliardi sono anche uno che si interessa delle donne che frequenta… se hanno la laurea se hanno studiato… se stanno bene.
Questa è la cultura ai tempi della seconda repubblica.
Da una parte un feticcio da esibire, non importa se poi fatto di nulla, dall’altro un passaporto, un lasciapassare per entrare di tua spontanea volontà nella tana dell’orco.
Perché se sei un laureato in ingegneria a Milano hai studiato come un pazzo e vuoi raccogliere i frutti del tuo sacrificio fai bene ad andare a vivere all’estero.
Se sei un pecorone che non ha mai fatto nella di buono, ma hai un padre altrettanto pecorone che da anni fa finta di lottare contro Roma Ladrona ma ci si trova benissimo, allora puoi mettere a frutto al tua laurea fasulla presa in un ateneo privato albanese che ha il nome di un salone massaggi con annesso bordello, e dire che sei uno “studiato” e che ti meriti il posto che ricopri.
D’altra parte se ha passato la tua vita a studiare riesci ad arrivare a una laurea importante, magari sacrificando molte cose nella tua vita ma non sei “carinissima, bellissima e simpaticissima” potevi tranquillamente risparmiare soldi e fatica e andare a lavorare in fabbrica (finché ce ne sono) che tanto non interessi a nessuno.

Viva l’Italia.

inserisco in appendice il bel pezzo di Calamandrei sulla scuola. Per chi vuol capire.
"Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private."