martedì 8 maggio 2012

CREDIBILI E NON CREDENTI... cosa è cambiato e cosa può accadere nella politica da oggi


Rosario Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla mafia il 21 settembre del 1990, scriveva nel suo diario, che alla fine non importa “essere persone credenti ma persone credibili”
Queste parole mi sono venute in mente l’altra sera mentre seguivo lo spoglio delle schede delle amministrative, con particolare attenzione alla città di Palermo.
In effetti questa frase potrebbe essere la sintesi di quello che è accaduto in questa tornata elettorale che, al di là di quello che chiunque può cercare di dire per minimizzarne o per esagerarne la portata hanno una serie di caratteri “storici”
Sono storiche perché sono le prime elezioni dopo la fine, almeno sulla carta, del berlusconismo, sono storiche perché segnano l’ingresso nella politica di soggetti nuovi e sono storiche perché dopo molto tempo non sono state egemonizzate dalle facce dei big, degli uomini d’oro della politica, quelli che con il voto magari non c’entrano nulla ma si infilano nelle liste perché il loro nome porta in dote quel 7/8%  in più per la lista collegata al sindaco.

Se fossi in molti “governatori” di regione, con particolare riguardo a quello della regione da cui scrivo, non starei dormendo assolutamente sonni tranquilli.
In effetti quello che è accaduto dà da pensare, e dovrebbe fare riflettere anche i due grandi pasticcioni che hanno condotto fin qui l’Italia a questo punto.
Parlo del leader del PD Pierluigi Bersani e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Si, perché da molti punti di vista questi risultati ce li aspettavamo da un bel pezzo, nessuno si è stupito nel vedere il PdL colare a picco, annaspare per cercare di raggiungere il 10% (e non riuscirci praticamente mai, a Parma prende meno voti del partito dei comunisti italiani) quando fino a poco tempo fa si diceva che nel partito di plastica e cerone c’era un cedimento quando non toccava il 30.
Nessuno si è stupito nel vedere la lega crollare nelle sue roccaforti e nemmeno nel vedere Tosi trionfare a Verona.
Nessuno si è stupito dell’exploit dei grillini, anzi devo dire che il dato di Parma mi è sembrato addirittura scarsino, pensavo che il candidato del 5 stelle prendesse il 30%.
Questi dati, tuttavia, avrei voluto leggerli e commentarli per delle elezioni legislative non per le amministrative.
Ci è stato impedito, con scienza e intelligenza, ci è stata tolta la possibilità di prendere in mano le redini della nostra democrazia.
Scelte di vertice hanno deciso che era troppo pericoloso dare al popolo la possibilità di cambiare le cose.
Perché, nel mondo del neoliberismo, le scelte del popolo sono sacrosante solo quando il popolo sceglie quello che il potere vuole che scelga.
Sarebbe stato troppo che si potesse scegliere diversamente, che i “komunisten” tornassero in parlamento che i grillini ci arrivassero per la prima volta, che il PdL contasse in definitiva per quello che conta nella società attuale.
Era meglio restare con un Berlusconi che detiene il boccino del potere, con dei pregiudicati seduti al loro scranno e con gente mai eletta ma solo nominata che decidesse ancora per un popolo che manco li conosce.
Adesso c’è da giurare che dalle parti dei palazzi romani faranno in fretta una nuova legge elettorale che cercherà di salvare ancora la barchetta dei grandi partiti dal totale naufragio.
Solo che i grandi partiti (fuori il PD su cui bisogna fare un ragionamento diverso) non sono più tali.
Aggregando il dato del PdL senza essere un matematico non si arriva al 6% dei consensi su base nazionale, quelli che avrebbero portato a casa i due partiti di “sinistra radicale FdS e SeL se computati insieme, la Lega non arriverebbe al 10% manco a piangere all’altare del Dio Po, a meno che Maroni non si sbrighi a mutare tutto il partito.
D’altra parte questi partiti sono estranei alle logiche congressuali, fino a oggi sia il PdL che la Lega non hanno mai celebrato veri congressi, solo assise di popolo dove i leader venivano consacrati da una platea plaudente.
Oggi le cose cambiano, Bossi e i suoi, nonostante le legnate hanno ancora qualche cartuccia da sparare a nord-est e Angelino Alfano non è Berlusconi.
Nessuno dei due partiti potrebbe reggere l’urto di un vero congresso, che propone mozioni e chiede cambiamenti, soprattutto il PdL.
In qualunque partito dopo la batosta di ieri il segretario dovrebbe rimettere il mandato al direttivo nazionale, Alfano non lo ha fatto, ma un congresso potrebbe defenestrarlo.
In quest’ottica alla finestra con i denti aguzzi e una gran voglia di saltare sul trono ci sono gli ex AN con La Russa in testa che potrebbero capitalizzare la situazione richiamando a se anche tutti i transfughi dispersi da Mussolini a Storace.
Ma i Liberali del partito non potrebbero accettare una cosa del genere e la soluzione, inevitabilmente, sarebbe l’implosione del partito.
Sul versante de centrosinistra le cose non vanno meglio e il risultato di ieri rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro.
Per la seconda volta, in due città importanti, le primarie si sono rivelate un meccanismo imperfetto.
Orlando con dietro di se solo due partiti minori (IdV e FdS) si ritrova al ballottaggio con il candidato incoronato vincitore dal PD a primavera che non arriva nemmeno al 18%.
Se anche le cifre non dovessero essere queste per via del pasticcio delle schede niente fa presagire che Ferrandelli possa farcela contro lo sfidante.
Ieri nelle sacre stanze del PD romano in molti incrociavano le dita perché Orlando vincesse al primo turno per evitarsi un altro strazio di due settimane con l’incognita che qualcuno possa dire che i voti di destra confluiscono sul candidato dei Dem.
Bersani non è tranquillo, sa che il PD tra poco si troverà a dover giocare una partita difficilissima e che ne potrebbe risultare perdente.
Berlusconi potrebbe fare cadere Monti in ogni momento.
Stare al governo non gli sta dando nessun aiuto e, anzi sta alimentando lo scivolamento dei suoi elettori verso l’antipolitica Grillina.
Inoltre le mosse spregiudicate si addicono al Cavaliere ma di certo non a quella specie di creatura mitologica a 1000 teste conosciuta come PD.
I Dem non possono sfilarsi dal governo Monti anche perché i risultati delle elezioni non permettono di dire “lo facciamo perché abbiamo avuto un segnale negativo alle urne”.
Il PD tiene, e con buona probabilità la maggior parte dei ballottaggi sarà favorevole ai sui candidati.
Questo significa che se Berlusconi dovesse staccare la spina al governo, tra l’altro ricompattandosi con la Lega, il PD rimarrà da solo con Casini a tenere bordone a questo governo ingiusto e mai eletto.
Che cosa farà allora il segretario Pddino? Se facesse le primarie di una coalizione allargata a sinistra rischia ancora una volta di fare la fine di Napoli e Palermo con un candidato che perde giocando contro se stesso, se si buttasse al centro dando sfogo ai veltronismi più spinti rischierebbe la fuoriuscita di molti gruppi che già ora tirano a sinistra e non perdono l’occasione per dire che il gioco è finito.
La partita vista in quest’ottica rischia di diventare davvero un disastro…
La sinistra intanto può permettersi di stare a guardare, così come possono permetterselo i grillini, ora come ora sono quelli che ci possono solo guadagnare dai casini dei partiti dentro il Parlamento.
L’unico problema è riuscire a fare capire a tutti che con l’unità ci si guadagna… non con l’unità con il PD ma con l’unità tra di loro.
Ad oggi una coalizione con SeL – FdS – IdV e un candidato credibile (come dicevamo all’inizio) rischierebbe perfino di vincere le elezioni.
Come tutte le volte mi assumo la responsabilità delle mie profezie… qualcuno scommette contro?    

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