sabato 29 ottobre 2011

SCHIAVI POVERI E RASSEGNATI...storie di giovani lavoratori (2)

A volte mi capita di passare il pomeriggio a fare quattro chiacchiere edificanti. Oggi l’ho passato in compagnia di un vecchio amico a parlare di lavoro. “Dopo anni a cercare di farsi una carriera uno pensa che la sua massima realizzazione sia fare l’evasore fiscale” mi dice il mio amico che di mestiere fa il fotografo. Il lavoro da sogno nella città della moda. Qui per un fotografo di moda non ci sarebbero problemi, e invece se fai il tuo lavoro e non sei nessuno, se vuoi emergere devi lavorare per 6 euro l’ora e pagarci sopra le tasse. “Ho un altro amico che lavora per CANON e che deve lavorare gratis perché a 35 anni e con 10 anni di esperienza ancora devi farti le ossa e devi dire grazie a chi ti fa lavorare gratis perche così ‘ti fai conoscenze’ ma che conoscenze devo farmi ancora?” mi spiega. Bella domanda, anche perché oggi l'esperienza pare servire davvero per tutto, devi essere "esperto" anche se vuoi imparare un mestiere L’altro giorno passando per un centro commerciale ho letto sulla vetrina di un parrucchiere di moda il cartello: “CERCASI APPRENDISTA CON ESPERIENZA”, ma come? Mi domando, l’apprendista è pagato meno e tu datore di lavoro paghi su di lui la metà delle tasse proprio perché non ha esperienza, se ho esperienza mi paghi come un dannato parrucchiere. Mi domando se oltre a me qualche altro avventore del centro commerciale si sia chiesto se quelli che fanno richieste del genere non si vergognino. Ecco come va il mondo del lavoro oggi, mentre un ladro 75enne prepara la nuova legge sui licenziamenti lampo, roba di cui tutta l’Italia sentiva il bisogno (come sente il bisogno di una legge sulle intercettazioni). Sono cose che capitano quando parli con i giovani lavoratori, perché da noi fino a 45 anni sei giovane. Non guadagni, vivi in casa con mamma perché non potresti fare diversamente e poi tanto un mutuo non te lo fanno e le case senza garanzie non te le affitta nessuno e speri di riuscirci, un domani, a progettarti un futuro. E allora anche a un ateo come me viene da dire menomale che c’è la Chiesa, menomale che c’è un Papa che dice che il posto fisso è un diritto dell’umanità e che a Milano c’è stato fino al mese scorso un Cardinale che si batteva contro il precariato. Mi viene da dire così, poi guardo una fondazione sociale che sta in mano alla curia di Milano dove senza motivo i lavoratori vengono assunti con contratti a tempo determinato, non perché sia giusto così ma perché almeno ti tengono per le palle per dodici mesi e fai 300 ore di straordinario senza fiatare, ti rendi disponibile a lavorare gratis e ti fai 90 notti passive (stai dentro ma non ti pagano) dicendo pure grazie perché ho un letto e non devo dormire sul divano. Poi passa l’anno e ai lavoratori viene dato un bel premio: un altro contratto a tempo determinato di un anno perché essendo in crisi non possiamo offrire di più e dovete dire grazie perché di questi tempi almeno guadagnate soldi. E se protesto, ti licenzio e ne trovo un altro più disposto di te a fare quella vita, risolto il problema. Bella la Chiesa, bravi a predicare sugli illeciti degli altri senza pensare ai propri, tanto poi la domenica si assolvono a Messa. Ma siamo solo noi a preoccuparci, perché come mi ha spiegato una lavoratrice della benemerita fondazione di cui sopra: “Che vuoi fare, bisogna rassegnarci, il mondo va così e nessuno lo può cambiare”

2 commenti:

  1. E' drammaticamente così ovunque, in ogni settore e a qualsiasi livello.
    Mi fanno ridere con la legge dei "licenziamenti facili": è il mezzo con cui minare anche chi ancora ha un contratto a tempo indeterminato, così possono licenziarlo e subito dopo proporgli un contratto a termine. No?
    Come quella di mettere in Cassa Integrazione per brevi periodi dei lavoratori facendoli però lavorare comunque, tanto sono pagati lo stesso ma l'azienda inizia un processo di terrorismo interno (succede a una collega che lavora per una grande azienda della zona).
    Non capisco invece la rassegnazione di chi dice "tanto non si può cambiare".
    Forse che i nostri padri non perdevano giornate di lavoro, scioperando per ottenere quei diritti cui oggi rinunciamo con tanta rassegnata fatalità?
    Vorrei vedere, se un giorno ogni singolo precario scendesse a presidiare la fabbrica o l'ufficio dove lavora. Milioni di precari per un paio di giorni fuori dalla porta e poi vediamo se "nessuno lo può cambiare".
    Troppa rassegnazione, troppa...

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  2. La rassegnazione è figlia di questa generazione cresciuta a spot pubblicitari e programmi inutili di Italia uno, la cultura del "siamo tantissimi vuol dire che abbiamo ragione"
    A Milano ho appena aperto una sezione politica di lavoratori delle coop sociali che lavorano nel sociale, credo siano tra i più sfruttati in Italia, lavorano senza speranza e senza alcuna possibilità di migliorare la propria condizione.
    la gente prima di aderire mi chiede quanto siamo, quando gli dico che siamo dieci mi dice: "pochi, quando sarete mille mi iscrivo anche io" perché si crede che si possa agire e cambiare solo se si è tantissimi e così non si fa mai nulla... da qui nasce la rassegnazione

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