sabato 3 settembre 2011

TERRORE IN VAL SUSA... la nuova strategia della tensione

Francesco Perino, nato a Susa il 22 marzo 1994, e Marina Gioberto, nata a Susa il 13 giugno 1934
Quello che leggete qui sotto è il racconto di una delle tante vessazioni degne dello stato fascista in cui viviamo. Questo accade in Valsusa ovviamente... il regime che si è esercitato prima a Genova poi nella repressione dei tanti piccoli movimenti di città in città, poi con i No DalMOlin ora si esprime al suo meglio in una valle che è stata letteralmente militarizzata. Alla gente è stata tolta la libertà di movimento e la dignità di cittadino. Se abiti in Val Susa per lo stato italiano non sei un cittadino: sei un potenziale Black Block o un esagitato, o un delinquente. I delinquenti sono loro... quelli che non hanno nemmeno una faccia perché il lavoro sporco lo fanno are ai soliti agenti di polizia che abbiamo già visto spadroneggiare troppe volte per le nostre strade. E' ora di finirla... quello che accade in questo piccolo angolo paradisiaco (una volta) del Piemonte non è più tollerabile in un paese civile. Francesco, 17 anni, e la nonna terrorizzata: Sabato 27 agosto 2011, verso le ore 17, ho visto dalla finestra della cucina della mia abitazione sita nella frazione San Giuliano di Susa, una vettura della polizia fermare un’auto nera, su cui erano presenti due ragazzi. Dalla volante sono scesi due poliziotti e, dopo aver chiesto loro i documenti, hanno incominciato a perquisire corporalmente prima i ragazzi e poi l’auto, buttando tutto per terra. Finita la perquisizione dell’auto e rimessi gli oggetti al suo interno, hanno incominciato di nuovo a controllare la vettura e a ributtare tutto in aria. In seguito, dopo circa un’ora e mezza, è arrivata un’altra auto della polizia e un’auto civile con tre persone a bordo, probabilmente agenti di polizia in borghese. Questi ultimi hanno fotografato il materiale sequestrato (un casco giallo, una corda da arrampicata e qualcosa che era dentro al casco) e i ragazzi. Incuriosito dalla operazioni di polizia, ho scattato alcune fotografie dalla finestra della cucina a ciò che stava accadendo in strada. A un certo punto, verso le 18.40 circa, l’agente in borghese con la maglia a strisce ha indicato che li stavo fotografando dalla finestra e, finita la perquisizione, ha suonato a casa mia (secondo piano) intimandomi di scendere. Nel frattempo mia nonna che abita al primo piano, ignara del fatto che mi avessero suonato e preoccupata nel vedere delle persone in abiti civili sostare davanti al cancello e scrivere su di un taccuino appunti controllando la buca delle lettere, è scesa in giardino e ha chiesto loro cosa volessero. L’agente in borghese con la maglia a righe le ha detto che erano della polizia e che doveva esibire un documento. Mia nonna ha risposto che non aveva il documento in tasca. A quel punto le è stato intimato di mostrare il documento altrimenti avrebbero perquisito la casa. Mia nonna, tremante e terrorizzata dall’eventualità di una perquisizione, è salita in casa per cercare il documento che conserva in un cassetto e, avendo presumibilmente impiegato più tempo di quanto loro avessero previsto, hanno suonato insistentemente il campanello. Quando è ritornata al cancello per presentare la carta d’identità, lo stesso signore con la maglia a righe le ha detto di farmi scendere e, quando lei ha affermato che ero minorenne e che a breve sarebbe arrivata mia madre, ha detto “appunto perché è minorenne deve scendere”. In quel momento mi sono accorto che mia nonna era terrorizzata e, avendo paura che potesse essere assalita da un malore, sono sceso in giardino a sono andato al cancello, dove il signore con la maglia a righe stava prendendo i dati dal documento di mia nonna. Mi hanno chiesto nome, cognome, luogo e data di nascita, poi mi hanno fotografato. Ribadisco che ero nel giardino di casa mia. Intanto l’agente in borghese con i capelli ricci mi ha chiesto perché fotografavo. Io ho risposto che era solo per documentare dei fatti e allora lui mi ha detto chedovevo smettere di fare le foto alla Polizia e che se avevo la memoria corta, per cui mi servivano le immagini, avrei dovuto studiare o fare qualcosa di utile. Ha aggiunto, che se volevo fare delle foto dovevo uscire per la strada e non scattare dalla finestra. Non paghi, prima di allontanarsi, hanno fotografato anche la mia abitazione. Durante la notte tra sabato e domenica la mia nonna, scossa per l’accaduto, non è riuscita a dormire.

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