lunedì 14 febbraio 2011

FANTASMI EUROPEI... noi e il conto aperto di piazza Tahrir



All’indomani della Rivoluzione Tunisina, un autorevolissima firma del Sole24ore scrisse: “non c’è alcuna possibilità che la rivolta tunisina faccia scuola e attecchisca in Egitto”.
Doppia mancanza di lungimiranza.
Colpevole di superficialità il nostro giornalista faceva ieri l’altro, all’indomani della fuga di Mubarak, il proprio mea culpa dai microfoni di Radio Popolare.
Ci sono almeno due aspetti che ci devono fare riflettere e che soffiano ineludibili da piazza Tahrir e ritorno.
Il primo si inquadra in una crisi definiva degli assetti geopolitici usciti dalla fase storica del crollo dell’impero sovietico 1989 – 1992, il secondo sulla nuova mappa di rapporti che la UE e soprattutto la triade mediterranea (Italia, Spagna e Francia) deve mettere sullo scacchiere per regolare la nuova situazione.

Per ciò che riguarda il primo aspetto, come sembra ormai evidente a tutti, gli stati uniti, spolpati da una crisi morale ed economica come nemmeno il ’29, non sono più in grado di fare pesare sui paesi terzi la forza del loro potere economico e militare, Obama con le sue parole ai giovani di piazza Tahrir non ha dato il via a una nuova fase di rapporti con il mondo arabo, come molti giornalisti faciloni hanno scritto, tutt’al più ha sancito uno stato di cose di cui ormai l’America (e l’eterno alleato Israele) non possono che prendere atto:
1. I dittatori messi a governare i paesi dell’Africa araba hanno irrimediabilmente, chi più chi meno, fatto il loro tempo e il tentativo di alcuni di fare passare il potere ai familiari è fallito per l’indisponibilità di popoli ormai stremati, di veder trasformare il proprio stato in una monarchia.
2. La crisi, motore primo delle rivolte, ha colpito l’America nei suoi rapporti economici con tutti i paesi subalterni. Tutta la forza economica americana in questo momento è concentrata a “salvare il salvabile in patria” dopo anni in cui la politica aggressiva di Bush e dei suoi nel medio oriente ha fatto perdere agli USA il controllo sul sud del continente che era per definizione “il giardino di casa” del colosso del nord. Ad oggi nessuno appoggerebbe avventate soluzioni del governo (di nessun colore con buona pace dei repubblicani oltranzisti) in difesa di questo o quel dittatore e questo costringe la cancelleria americana ad assumere un nuovo, e per certi versi inedito, ruolo storico.
3. Sullo sfondo c’è il grande interesse cinese sull’area. Pechino negli ultimi anni sta facendo affari d’oro nei paesi del centro e del sud del continente africano e non vede l’ora di accaparrarsi fette della succosa torta nord africana. Durante tutta la rivolta dal governo cinese non è giunta nemmeno una parola, d’altra parte un vecchio proverbio attribuito a Confucio così recita “Le prole prive di fatti sono come le farfalle prive di ali”.
4. Un altro convitato di pietra è la Russia il cui ruolo nello scacchiere non è per nulla cambiato dai tempi dell’Unione Sovietica, anzi si è rafforzato visto l’inabissamento della retorica del conflitto tra comunismo e democrazie, oggi che la rivolta sta lentamente passando in Algeria (con i suoi gasdotti che servono mezza Europa) la Russia non ha che da guadagnarci. Medvevev lo sa, così pure Putin. Un altro gigantesco attore si muove per la costa sud del piccolo Mediterraneo.

Stringendo il focus sul solo bacino del Mere Nostrum, inoltre la situazione si fa incandescente, soprattutto per noi e soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Italia da qualche mese a questa parte.
Facciamo un passo indietro. Che lo si voglia o no, il problema migratorio è una bomba innescata pronta a destabilizzare intere aree del pianeta soprattutto in momenti di crisi come quelli presenti.
Fino ad oggi, di fatto, i flussi migratori sono stati regolati dalle cancellerie dei paesi europei con accordi più o meno mascherati con i governi dittatoriali dell’area del Maghreb.
Grazie a questi accordi i porti di partenza delle navi dei clandestini erano tutti sulle coste libiche in particolare Bendasi e Aghadir (ricordo indelebile nelle menti di molti migranti).
Gli accordi scellerati e folkloristici tra Berusconi e Gheddafi avevano fatto sì che anche da quei porti ormai partissero pochissimi barconi creando una relativa calma sulle coste di Italia e Spagna.
Oggi la caduta di Ben Alì apre porti ben più interessanti per i trafficanti di uomini anche per l’estrema vicinanza con le coste italiane (Sfax dista appena poche miglia da Lampedusa). La Tunisia sta diventando meta di un flusso inarrestabile di profughi da tutta l’area subsahariana.
I miliardi e le prebende dati fino a oggi a Gheddafi non serviranno più a nulla. Inoltre se la rivolta della piccola Tunisia tracimasse nella mastodontica Algeria (come le voci di ieri e oggi paiono confermare) per i paesi sud europei non sarebbe assolutamente possibile mantenere all’impatto e, ad oggi, non ritengo plausibile un intervento di supporto di Francia e Germania, la prima per il suo passato coloniale e il suo presente imbarazzante (l’ennesima figuraccia del governo francese ha dato probabilmente un colpo mortale a Sarkozy) e la seconda per suo nuovo atteggiamento neo protezionismo eurobilanciato.
L’Europa, e soprattutto l’area mediterranea, non sa e non può reggere il peso di un’ondata biblica di profughi e questo rischia di aumentare le tensioni sociali già presenti e di rinfocolare la già alta visibilità di certi partiti di estrema destra xenofoba come la Lega.
D’altra parte Maroni e la Lega sanno che il rovescio della medaglia esiste e potrebbe essere potenzialmente distruttivo per loro: quando il nostro ministro degli interni scorazzava per l’Europa dicendo che bisognava essere “cattivi con gli immigrati” sapeva di farlo da una parte forte delle tangenti fornite alla Libia (vero regolatore del traffico) e dall’altra che il problema così come era posto fino a qualche settimana fa era assolutamente circoscritto.
Eventi di portata storica come quelli odierni rimescolano inevitabilmente le carte, lasciando questa retorica pseudo – nazista (ma in realtà profondamente inciuciara) al palo.
L’altro ieri un inedito Bobo – merenda – Maroni parlava di “catastrofe umanitaria”, sembrava incredibile che fosse lo stesso che aveva lasciato qualche tempo fa una nave carica di profughi a galleggiare tra un paese e l’altro al grido di “non accoglieremo mai altri clandestini”.
La realtà è che, per quanto sia geneticamente svantaggiato e irrimediabilmente miope, Maroni non può non capire che questa volta non può cavarsela con la sua solita retorica da superman e che nessun paese europeo sarà disposto a venire al nostro capezzale.
Inoltre l’Italia è ormai bloccata da un cortocircuito istituzionale che oltre a rendere i nostri politici incapaci di leggere i tempi lunghi della storia (preoccupati come sono di difendersi dalle loro porcherie), ha fermato qualunque iter legislativo, il parlamento ha varato solo una legge in un anno e questo stallo non da segni di cedimento.
Così facendo rischiamo di affogare nello stesso Mediterraneo di cui una volta eravamo egemoni

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