domenica 5 giugno 2011

IL CONTE MAX AL CAPEZZALE DEL CAVALIER BISCIONE...come D'Alema vuol salvare il PdL



Affogare è uno sport complesso... alla fine se ti butti da un ponte c'è sempre qualcuno che ti vuole salvare a tutti i costi, anche se il tuo suicidio potrebbe essere il capolavro della tua vita, c'è sempre qualcuno disposto a rovinarlo.
Questo mi pare succeda dalle parti di Arcore da ieri mattina.
La situazione è chiara, ampiamente discussa e sviscerata, come la si giri B. si dibatte in difficoltà che gli potrebbero essere fatali, con Ferrara che insiste con le sue primarie farlocche, Rotondi che oggi in una pregevole intervista al Fatto cantava il De profundis al suo capo ormai amareggiato e pronto a mollare per via di tutto l'odio e l'incomprensione che gli si scaricano addosso, con i ministri in ordine sparso a smarcarsi dalle scelte del premier, i “responsabili” che passano all'incasso e che non si vogliono accontentare delle briciole e con i suoi più autorevoli giornalisti che fanno il tifo contro di lui come si deduce dal pregevole fondo di Galli della Loggia sul Corriere di ieri in cui il politologo più apprezzato da Berlusconi si è accorto (con 19 anni abbondanti di ritardo) che nel PdL comanda uno solo e domanda ai membri del partito di alzare la testa.
Nemmeno nel 1994 il Cav ha vissuto momenti così duri e turpi, nemmeno quando Bossi staccò la spina e lo fece cadere.
Addirittura per limitare i danni, primo e unico presidente della storia mondiale, ha nominato un segretario, il suo cucciolotto di fiducia Angelino Alfano. Per eleggere un segretario ci vorrebbe un congresso ma a lui non importa un cavolo, tanto è per finta.
In questo bailame è difficile vedere una luce fuori dal tunnel.
Nemmeno il più scaltro potrebbe tirar fuori il proverbiale coniglio dal cappello, soprattutto perché la mano che Silvio si trova a giocare se l'è truccata da solo e ora ha perso il conto delle carte.
E invece no.
Ieri bello come il sole e nefasto come un Dio, è giunto in soccorso del premier il conte Max, il leader Massimo, l'uomo dal veliero d'oro... il sempre inopportuno Massimo D'Alema che con una bellissima intervista su Repubblica ripropone (perché quando vuole sa essere davvero originale) un Governissimo per portare avanti la legislatura per i prossimo 2 anni, a guidare il governo dovrebbe essere un nome sopra le parti e il Pd è disposto a “fare la sua parte”.
Ovviamente il mandato sarebbe: “fare le riforme e cambiare la legge elettorale”, ci mancherebbe.
Ecco, ci sono delle volte che viene da domandarsi se la vera vocazione di D'Alema non sia il comico e se per frustrazione sia divenuto politico.
Le amministrative hanno lanciato un segnale talmente chiaro che nemmeno i più biechi imbratta carte di partito se la sono sentita di sminuirlo, poi ci sono state le figuracce internazionali (pare che Obama sia ancora piuttosto interdetto per la sceneggiata al G8 e abbia dato ordine all'FBI di sparare a vista sul cavaliere se si avvicina a lui un'altra volta), poi c'è il tentativo vigliacco e fuori tempo massimo di fare saltare i referendum...
Che altro ci vuole a D'Alema per fargli capire che non c'è una singola persona nella sinistra italiana (e anche nel centro, via) che sia desideroso di un ennesimo inciucio per salvare Silvio.



Dalle colonne del Manifesto stamani Asor Rosa paventava una geniale trovata che potrebbe essere l'ultimo regalo proposto a Silvio da certi politici italici: un bel salvacondotto giudiziario e la promessa che a fine legislatura il vecchio leader si ritiri sua sponte con la garanzia che il suo patrimonio non sarà mai toccato... ci sarebbe da capire cosa ci guadagna D'Alema perché di base l'Italia non ci guadagna nulla.
Qui, per dirla con Luca Telese, siamo un milione di anni luce oltre il tafazzismo della sinistra. Qui si ha paura di perdere anche quando la vittoria è stata già archiviata, qui ci sono leader che sono così lontani dalla realtà di un paese che paiono provenire addirittura da un altro pianeta.
Vorrei sapere dalla base del Pd (gli elettori, i compagni, come si diceva una volta) se ritengono che il signor Massimo abbia una qualche legittimità a dire certe cose all'indomani della vittoria di Milano, Napoli e Cagliari.
Le realtà, e questo spiace dirlo, è che il Pd non sa ancora se sia uscito bene o male dalle elezioni e come al solito reagisce a modo suo, in ordine sparso, ognuno seguendo la sua corrente di pensiero e il suo bacino elettorale, se almeno prima si telefonassero sarebbe bene.
A Milano, a Napoli e a Cagliari è andata essenzialmente in crisi la ricetta su cui si basa l'intero impianto del Pd, cioè che si possa costruire un grande partito di centro con vagi riferimenti a Sinistra e che attraverso quello si possa tornare a una politica degli accordi di palazzo simile a quella degli anni 70 che ha generato il pentapartito, in quest'ottica sta la proposta dalemiana che non tiene però conto di tutta una serie infinita di variabili.



Anzitutto non è correndo al centro che il Pd ha recuperato i sui voti, anzi, laddove si è accordato con il terzo polo non si sono visti grandi risultati, la gente ha bisogno di un segno forte di discontinuità e questo segno è dato dalla sinistra, quella che un tempo era definita radicale FdS, SeL oppure da partiti che esprimono candidati che possano dare l'idea di essere puliti dal macro sistema politico affaristico(il caso di De Magistris con Napoli).
Candidati che sono comunque capaci di rivendicare la propria indipendenza da un sistema pur non dileggiandolo come nel caso si Pisapia che rimprovera Vendola per aver detto cose imprecise su Milano e lo invita a star zitto se non conosce una città o come De Magistris che si autosospende dall'IdV perché vuole essere il sindaco di Napoli e non dei Partiti.
Tutto questo è assolutamente una terra straniera per il conte Max, lui è abituato a gestire il potere per il potere, una sorta di Andreotti rosso (sì vabbé), un omino da apparato che sa a memoria tutti i numeri di telefono degli avversari, perché se ti accordi prima di cominciare a menare non rischi di rovinarti la giacca nella colluttazione.

Il problema è che questo atteggiamento è lontano dai cittadini e che non si può sperare di andare avanti a lungo così, quello che la gente ha detto chiaro e tondo alla politica è stato: “Noi vi abbiamo sorpassato, ora, o ci state dietro o facciamo a meno di voi, perché come siete, siete inutili”.
Farebbe bene a tenerlo in mente il signor D'Alema per il bene del suo partito sempre meno di sinistra e sempre più simile alla DC.

2 commenti:

  1. Che D'Alema sia il socio (nemmeno tanto occulto) del Pdl?Certo in questo è degno fratello di Veltroni: chi si dimentica che a elezioni perse, nel 2008, il campione nazionale di "ma-anche" andò a bussare alla porta di B per offrirgli la disponibilità a fare insieme "riforme condivise"?
    Poi viene il sospetto che le riforme, cioè i decreti passati a colpi di fiducia e opposizione alla Buvette, siano appunto quella forma di "condivisione" sempre attuale da parte del Pd.
    No, non hanno capito niente...

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  2. Rossland Quanto hai ragione... d'altra parte come sempre... mi ricordo la vecchia solfa di Veltroni: "meglio la destra di Berlusconi che la sinistra Radicale che ha in se il viris della incostituzionalità"... infatti perse le elezioni si sono tutti ritirati in buon ordine lasciando terra bruciata...
    Poi la sinistra radicale è tornata e subito salta fuori D'Alema che ne pensa una delle sue... sarà un caso

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